di Maurizio Quilici *
E’ appena sgualcita, ma non dimostra i suoi 30 anni. E’ la copia del primo numero di questo notiziario: gennaio/febbraio/marzo 1991. Per amore di cronaca, però, bisogna fare un passo indietro. Poco più di un anno prima, nel dicembre 1989, l’I.S.P. aveva pubblicato un “Numero unico” nel quale si esprimeva la volontà di giungere quanto prima ad una pubblicazione dell’Istituto, per la necessità di “un contatto più diretto e più esteso con tutti gli iscritti” e per offrire una puntuale informazione “per i soci e per gli operatori del settore”.
L’ISP era nato da un anno, il 23 febbraio 1988, e quel “numero zero” rifletteva l’entusiasmo e la tenacia – e talvolta l’inevitabile improvvisazione – degli organismi giovani. In quelle otto pagine (numero che resterà uguale negli anni a venire, fino a quando l’edizione sarà cartacea, ossia fino al 2013) c’è un Editoriale che si rivolge ai soci, una colonna di spalla che fa il punto sulle iscrizioni: oltre 300 iscritti, più del doppio rispetto all’anno precedente, con una percentuale di donne del 19% (oggi è del 38%). Il maggior numero di iscritti è nel Lazio. Seguono la Toscana e l’Emilia Romagna. A pagina 2 le attività in varie Regioni nelle quali si è costituita – o sta per esserlo – una Sezione: in Toscana (la sezione più organizzata e ricca di iniziative), Piemonte, Emilia Romagna, Campania, Lombardia, Sicilia…
Nella stessa pagina il caso di Osvaldo Costa, un nostro iscritto la cui vicenda tenne banco per molto tempo sulla stampa nazionale e che i nostri primi soci ricorderanno. Costa si era sposato con Patricia Lee Pitts, sottotenente della Marina USA, dalla quale aveva avuto due figli, Jacqueline e Patrick. Qualche anno dopo i rapporti si erano guastati e la donna aveva abbandonato il marito tornando illegalmente in America. Dopo mesi di ricerca Osvaldo ritrova i figli; i due si separano e il giudice americano – si noti – affida i bambini al padre, con il divieto di lasciare gli Stati Uniti. Costa, però, non ha vita facile negli USA, così decide di tornare in Italia, dalla sua famiglia: alla moglie comunica quale sarà il suo indirizzo, ma questo, naturalmente, non gli evita una denuncia. Parte una richiesta di estradizione e Costa è sollecitamente arrestato e trascorre alcune settimane nel carcere di Regina Coeli. Poco dopo la moglie giunge in Italia, rapisce i bambini all’uscita della scuola e fa perdere le sue tracce, involandosi a bordo di un aereo militare americano. Costa è di nuovo arrestato e a quel punto l’I.S.P. decide di mobilitarsi. Il suo vicepresidente, avv.ssa Marina Bottani, assume la difesa del nostro iscritto assieme al penalista Nino Marazzita; l’Istituto invia appelli al Ministro della Giustizia, Giuliano Vassalli, al Presidente della Repubblica e al Ministro degli Esteri e organizza una mobilitazione che comprende anche una raccolta di firme ed un volantinaggio pubblici organizzati dalla Sezione ISP di Firenze. Purtroppo gli Stati Uniti fanno sentire il loro peso e Vassalli concede immediatamente l’estradizione. Costa è internato nel carcere di Pensacola, in Florida, a stretto contatto con criminali di ogni risma. Vi passa alcune settimane prima di essere liberato su cauzione. Poi c’è il processo, che lo vede assolto: il giudice americano stabilisce che non esistevano gli estremi “né di fatto né di diritto” per l’estradizione. Il giorno stesso la Pitts viene trasferita in un altro Stato – impossibile sapere dove – con i figli. Inutilmente Costa continuerà la sua lunga e dolorosa battaglia per ritrovare i figli: assumerà investigatori privati, dando fondo alle sue sostanze, viaggerà da una costa all’altra dell’America, cercherà inutilmente di sapere dove sono finiti i suoi bambini. La Marina USA si trincererà sempre dietro motivi di riservatezza militare, impedendogli di ritrovare i suoi figli. A un certo punto di questa vicenda Osvaldo rinunciò – così almeno ci parve – ai suoi figli, si chiuse in se stesso, abbandonò l’ISP e non ne ebbi più notizie. I miei ripetuti tentativi di rintracciarlo fallirono.
In quello stesso numero, altre vicende di padri feriti dalla separazione: quella di Giovanni Calamandrei, che per protesta contro i provvedimenti del giudice, che riteneva crudelmente penalizzanti, organizza il giro di Italia a bordo di un “Caravelle”, una barchetta di 4,65 metri per un metro e 85 sulla quale le scuole di vela insegnano ai neofiti l’arte della vela; quella di Giustiniano Incarnati, il cui figlio di tre anni è trattenuto ingiustamente in Jugoslavia dalla madre, cittadina di quel Paese, nonostante una sentenza della Corte d’Appello di Brescia abbia stabilito l’affidamento alternato: quattro mesi a ciascun genitore. Incarnati si è installato con un grande cartello davanti all’Ambasciata di Jugoslavia rifiutando di allontanarsi. L’ISP ha ottenuto la presenza di un fotografo e di un cronista.
E poi si dà notizia della nascente Biblioteca dell’Istituto (quella che oggi ospita più di 1.300 testi), dei contatti con la Regione Lazio per l’assegnazione di una sede (che al momento è stabilita in casa mia, in Via della Paglia), delle novità in tema di editoria, di cinema, di teatro. Si segnalano alcune tesi di laurea sulla paternità. Fra queste, una tesi in Psicologia dell’età evolutiva dal titolo La funzione paterna nello sviluppo psicologico del bambino e del fanciullo. Ne è autrice una nostra giovane socia, Grazia Verde, che da allora non ha mai lasciato il nostro Istituto (in seguito si è sposata e si è iscritto anche il marito).
Un anno dopo questa prima “prova”, si stampa il n. 1 di ISP notizie. In prima pagina campeggia una foto, firmata Alessandra Musicco, che rappresenta un padre a torso nudo che tiene in braccio un neonato. L’Editoriale dà notizia della nuova sede, nella quale si stanno facendo lavori di ristrutturazione grazie alla sottoscrizione alla quale hanno aderito 49 soci (sono elencati i nomi) per un totale di 3.870.000 lire; del lungo iter burocratico per avere l’autorizzazione del Tribunale di Roma, seguito da due nostri soci: Edvige Zona e Carlo Cecchi (quest’ultimo, avvocato, è tuttora fra i nostri iscritti).
In quelle otto pagine ci sono la relazione sulla Assemblea dei soci, un articolo sul progetto ISP-SUNIA (il sindacato inquilini) per realizzare alloggi-residence da parte di cooperative “a proprietà indivisa” per il coniuge non affidatario estromesso dalla casa coniugale a seguito di separazione. Il progetto – credo il primo nel suo genere – non fu poi attuato, ma esso anticipava le “case per padri separati” che sarebbero sorte molti anni dopo. E ancora: il ciclo di conferenze organizzato dalla Sezione toscana dell’ISP nella Biblioteca Comunale di Gavinana (Firenze), la manifestazione davanti al Ministero di Grazia e Giustizia (condotta in particolare dal socio Luigi Milioni) per protestare contro i criteri di affidamento nella separazione: una delle poche manifestazioni “di strada” organizzate dall’Istituto. Milioni, padre separato, stazionò per una settimana davanti al Ministero con una piccola roulotte, raccogliendo forme di solidarietà e discutendo con i passanti. Compare la Rassegna Stampa, che sarà presente in tutti i numeri successivi: in questo numero si dà notizia di 10 grandi testate nazionali che negli ultimi mesi hanno citato l’ISP o gli hanno dedicato specifici servizi.
Fra le altre notizie, la pubblicazione del Rapporto Censis, secondo il quale nei giorni feriali 35 papà su cento non hanno tempo da dedicare (o ne hanno per pochi minuti) ai figli di età compresa fra tre e sei anni. Da Bruxelles il giornalista Alfredo Bugattelli pubblica un servizio riguardante un Rapporto pubblicato dalla COFACE (Confederazione delle organizzazioni familiari della CEE) sui modelli familiari, secondo il quale “una sola caratteristica è comune nei dodici Paesi: la penalizzazione del padre nel riconoscimento dei figli, quasi sempre subordinato all’autorizzazione materna”.
Due le Rubriche fisse: recensioni di film (in questo numero Daddy nostalgie, di Bernard Tavernier, e E stanno tutti bene, di Tornatore) e di libri (Viaggio intorno al padre, di German Greer; Una separazione. Lettere di un padre al figlio, del giornalista Gianni Morini; Le parole del padre, di Raffaele Crovi). C’è anche la notizia che la Presidenza del Consiglio ha assegnato all’ISP un “Premio della Cultura” (due milioni di lire e un diploma) deciso “all’unanimità” dalla apposita commissione.
Un incorniciato spiega come iscriversi all’ISP. La quota di iscrizione è di 50.000 lire (nei due anni precedenti era stata di 30.000). Non manca la pubblicità: mezza pagina di Action Pubblicità e mezza di Bitmedia, concessionario autorizzato Compaq.
A rileggere quel numero di trent’anni fa si possono fare molte considerazioni. Colpisce l’elevato numero degli iscritti (negli anni successivi aumenteranno ulteriormente), principalmente dovuto a tre fattori: per la prima volta un’associazione parla a nome e per conto dei padri e lo fa con serietà ed equilibrio; alle spalle c’è un lungo periodo di sofferenza dei padri separati che finalmente trovano una sponda (non è l’obiettivo principale dell’Istituto, ma naturalmente i problemi di questi padri trovano risposte); infine, non esistono alternative, non ci sono altre aggregazioni (nello stesso 1991 nascerà a Bologna l’Associazione Padri Separati, prima di una lunga serie di analoghi sodalizi). Anche per questo l’ISP catalizza l’attenzione dei media, un’attenzione che oggi appare sbiadita, nei confronti non tanto dell’ISP quanto del tema “paternità”.
I casi come quelli di Costa e Incarnati (altri ne dovrà seguire l’ISP nel corso degli anni) con l’aumento dei matrimoni misti sono divenuti più frequenti, ma le soluzioni sono spesso ugualmente drammatiche e sconsolanti, come se trent’anni fossero passati invano. Certamente questo lungo periodo ha avuto un peso nella trasformazione dell’essere padri e nella consapevolezza – culturale e scientifica – del ruolo fondamentale che la figura paterna riveste per lo sviluppo equilibrato e sereno di un figlio. In questi trent’anni abbiamo letto, sulla paternità, un enorme numero di studi e ricerche, di pubblicazioni scientifiche e divulgative, di articoli. La gente ora sa che i padri non sono un accessorio (e lo sanno anche loro, i padri). Non ci sono scuse, oggi, per i padri che vogliono essere tali, né per le madri che ritengono di essere naturaliter la figura primaria. Eppure ancora la maternal preference riscuote successo nelle cause per separazione e affidamento. Si deplora una “evaporazione” dei padri, si auspica da più parti il ritorno di un padre atto a insegnare regole e a imporre limiti, ma poi leggi e costumi sociali sviliscono e delegittimano i padri, mentre una maternizzazione diffusa (basti pensare alla scuola) priva bambini e adolescenti di figure maschili di riferimento. Un mondo di contraddizioni, insomma, nel quale è difficile orientarsi e cogliere i passi in avanti e quelli indietro in quel lungo cammino che è la storia della paternità. L’ISP è al fianco di questo percorso da trentatré anni e da trenta, con scrupolo, ISP notizie testimonia i passaggi, i successi, le pause, gli arretramenti dei “nuovi padri”. Senza pregiudizi e senza infingimenti, senza timori e senza dipendenze.
* Presidente dell’ISP