Paolo Romano,
La formica sghemba,
Scatole parlanti, Viterbo 2019,
126, € 13,00
Diciamolo subito: questa recensione è frutto di un equivoco. Più fonti giornalistiche, infatti, parlavano del libro come di un “quadro” sulla separazione dei padri. Qualche esempio. ANSA: “Paolo Romano racconta i padri separati” (nel testo: “Le avventure tragicomiche di un padre separato…”); Corriere della sera: “Paolo Romano racconta i padri separati” (nel testo: “… il tragicomico backstage di una separazione”); la Repubblica: “Racconto tragicomico sulla condizione dei padri separati”. E potrei continuare (come si vede, spesso i giornalisti si seguono a vicenda, per non dire si copiano).
In realtà il libro tocca molti argomenti legati all’autore – o, se vogliamo, al padre – ma questi, se si esclude il primo capitolo, non hanno nulla a che vedere con la condizione di un padre separato (a meno di ritenere che questi abbia molto più tempo per pensare al passato). Perché scriverne, allora? Beh…, un po’ per una sorta di dovere nei confronti dell’editore che ci ha mandato la copia-recensione (come si dice in gergo) e dell’autore che ci ha contattati con cortesia per ringraziarci dell’attenzione. E poi perché, come siamo stati “ingannati” noi dagli scritti sul libro, altri padri potrebbero decidere l’acquisto e trovarsi a leggere qualcosa di diverso da ciò che si aspettavano.
Detto questo, com’è il libro? Frizzante, spumeggiante, strampalato, sconclusionato, noioso, irritante, divertente. In una parola, indefinibile. Certamente con uno stile molto personale, con un linguaggio che schizza dal serioso all’irriverente, dal correttissimo al dialettale, dal linguaggio adolescenziale (postmoderno?) ai riferimenti letterari…
Questo libro, insomma, lo si troverà oltremodo piacevole o lo si giudicherà insopportabile. Esattamente come le lunghe – a volte lunghissime – note a piè di pagina che saranno giudicate una brillante curiosità o un indigeribile peso. Al lettore l’ardua sentenza.