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Covid 19: un virus di genere?

di Silvana Bisogni *

E’ subdola e ancora in parte sconosciuta, si è diffusa in modi e tempi differenziati, ma ha colpito la maggior parte dei Paesi del mondo seminando 10.189.350 contagi e patologie a volte gravissime, ed ha, finora, provocato la morte di 502.719 persone, in 188 Paesi del mondo. E’ il quadro drammatico che l’OMS ha diramato fino ad oggi (29 giugno 2020) sulla pandemia di COVID-19.

In Cina, l’epidemia viene denunciata, con qualche ritardo, il 12 dicembre, con epicentro la città di Wuhan, e in particolare il mercato all’ingrosso di frutti di mare noto per essere un centro di vendita di pollame, pipistrelli, serpenti e altri animali selvatici. La città, 15 milioni di persone, è messa in quarantena. In un primo periodo, nel mondo l’epidemia è sottovalutata e considerata un evento che riguarda un Paese lontano. A metà gennaio l’atteggiamento cambia quando cominciano a propagarsi i primi casi di contagio in alcuni Paesi asiatici. Il 30 gennaio l’OMS dichiara il coronavirus un’emergenza globale.

L’epidemia arriva in Italia, a Roma, il 29 gennaio, con due turisti cinesi, immediatamente ricoverati all’Ospedale Spallanzani. Il 18 febbraio un paziente di 30 anni è ricoverato nel reparto di terapia intensiva dell’ospedale di Codogno (Lodi) in quanto risultato positivo. Nelle successive 24 ore, il numero di casi segnalati aumenterà a 36, ​​senza collegamenti con il paziente o casi positivi precedentemente identificati. È l’inizio dell’epidemia italiana.

La rapidità della diffusione ha costretto le varie autorità politiche a prendere severi provvedimenti per il contenimento e la prevenzione dei focolai, ma tali decisioni sono state molto diverse tra di loro per scelte politiche che hanno provocato una dispersione di interventi, comunque non coordinati, che forse hanno contribuito ad una diffusione più sotterranea. E tale situazione si rileva sia in Italia, in cui alle disposizioni del Governo si sommano – spesso si sovrappongono – iniziative regionali e locali, con inevitabili strascichi di critiche, contrasti, accuse di inefficienze e responsabilità, ma anche in altri Paesi europei ed extraeuropei.

La comunità scientifica internazionale sostiene che il fenomeno risulta sottostimato, in quanto non tutti i dati relativi ai contagi e ai decessi possono essere considerati esatti, soprattutto in alcuni Paesi il cui sistema sanitario è molto carente, così come i sistemi di rilevazione del contagio. Inoltre si valutano anche altri elementi sistemici, soprattutto nei Paesi africani, in cui si incrociano problemi legati alla malnutrizione cronica, alla urbanizzazione in baraccopoli con scarso accesso all’acqua e a servizi igienici, ma anche alla presenza di conflitti armati e a forti tensioni sociali e la drammatica situazione di milioni di sfollati in campi profughi sovraffollati. Condizioni, queste, che sembrano escludere interventi di prevenzione e contenimento.

Nell’Unione Europea il contagio ha finora riguardato 2.056.631 cittadini, di cui 187.372 deceduti. Ogni paese ha effettuato scelte restrittive a livello di singolo Stato membro, con chiusura dei confini ed altri provvedimenti, senza che scattasse un effettivo coordinamento generale tra la Commissione e gli Stati membri.

Un risultato, nella UE, tuttavia, si è ottenuto: sono stati avviate, con eccezionale rapidità, le rilevazioni dei casi con metodi relativamente omogenei ed è iniziata una notevole spinta alla ricerca scientifica sul virus e alla effettiva capacità di trovare un vaccino valido per contrastarlo: un miliardo di euro di cui 450 milioni per lo sviluppo di soluzioni scientifiche per la sperimentazione, il trattamento e la prevenzione contro il coronavirus e lo sviluppo di sistemi sanitari, 400 milioni di garanzia sui prestiti della Banca europea per gli investimenti per finanziare gli investimenti nella fase pre-commerciale di COVID-19 e 150 milioni di euro per le innovazioni dirompenti su COVID-19 nell’ambito dello European Innovation Council’s Accelerator. E’ stato poi avviato il primo piano d’azione ERA vs Corona [1], 10 azioni di ricerca e innovazione coordinate prioritarie a breve termine.

IL FENOMENO COVID-19 IN ITALIA

Non è il caso, a nostro avviso, di scendere in ulteriori particolari sul fenomeno COVID-19 a livello generale. Fin dalla sua comparsa, si è scatenata una vera e propria “bulimia” comunicativa a tutti i livelli: televisione, testate giornalistiche, radio ne hanno parlato e ne parlano tuttora in ogni forma di comunicazione, coinvolgendo esperti di vario genere: medici, virologi, immunologi, scienziati, chiamati a dare spiegazioni, consigli, avvertimenti, non sempre omogenei tra loro, per informare costantemente i cittadini ed anche per contrastare varie forme di fake news.

L’obiettivo dell’articolo è evidenziare alcuni elementi che sono emersi dallo studio comparato di dati che riguardano l’impatto che il contagio di COVID-19 ha provocato sui cittadini coinvolti, in specie a livello di genere, E’ un dato ampiamente condiviso che il contagio di COVID-19 ha provocato la morte in termini quantitativi superiore tra gli uomini che tra le donne. Perché?

Iniziamo da una panoramica statistica, sulla base dei dati rilasciati dal Ministero della Salute e dall’Istituto Superiore di Sanità, aggiornati al 29 giugno 2020.

A livello regionale:

REGIONI TOTALI CONTAGI DECEDUTI TASSO DI LETALITA’[1] [2]
ITALIA 240.310 34.738 14.5
ABRUZZO 3.286 462 14.1
BASILICATA 401 27 6.7
BOLZANO 2.637 292 11.1
CALABRIA 1.180 97 8.2
CAMPANIA 4.665 431 9.2
EMILIA ROMAGNA 28.456 4.253 14.9
F. VENEZIA GIULIA 3.308 345 10.4
LAZIO 8.096 873 10.3
LIGURIA 9.967 1.558 15.6
LOMBARDIA 93.871 16.639 17,7
MARCHE 6.785 991 14.6
MOLISE 445 23 5.2
PIEMONTE 31.336 4.085 13
PUGLIA 4.531 543 12
SARDEGNA 1.364 132 9.7
SICILIA 3.077 281 9.1
TOSCANA 10.243 1.103 10.8
TRENTO 4.863 405 8.3
UMBRIA 1.440 80 5.6
VALLE D’AOSTA 1.194 146 12.2
VENETO 19.275 2.008 10.4

In Italia i contagiati sono stati 109.773 uomini (45,80%) e 129.910 donne (54,20%).

Nella tabella è evidenziala la distribuzione dei contagi, a livello nazionale,  per fascia di età e sesso:

Fascia di età contagiati

maschi

contagiati

femmine

Più di 90 1,61 6,35
80-89 6,99 10,29
70-79 8,12 6,1
60-69 7,94 5,4
50-59 8,26 9,65
40-49 5,48 7,59
30-39 3,59 4,36
20-29 2,55 3,73
10-19 0,81 0,80
0-9 0,47 0,43

Il contagio si è verificato in diversi luoghi di esposizione:

Se tra i contagiati la prevalenza è tra le donne, la mortalità è invece più frequente tra gli uomini. Gli uomini contagiati deceduti sono stati 19.475 con un tasso di letalità pari a 17,74%; le donne contagiate decedute 14.067 con un tasso di letalità pari a 10,83%, come è evidenziato nella tabella

Fascia di età Letalità

maschile

Letalità

femminile

Più di 90 50,32 26,63
80-89 45,37 24,78
70-79 31,72 18,47
60-69 13,62 6,23
50-59 4,49 1,22
40-49 1.61 0,45
30-39 0,50 0,22
20-29 0,20 0,05
10-19 n.d. n.d.
0-9 0,09 0,29

Data l’evidenza del fenomeno a livello mondiale, sono iniziate ricerche cliniche per individuare le cause scatenanti e sono aumentati a livello esponenziale le sperimentazioni registrate sui database internazionali.

L’Istituto Superiore di Sanità ha avviato il progetto “Trial Clinici” per avere una visione globale e critica delle sperimentazioni cliniche in corso (mappatura e monitoraggio periodico di studi per la prevenzione e il trattamento dell’infezione)

Finora sono emerse alcune ipotesi che dovranno essere confermate scientificamente.

A) possibili fattori ormonali alla base del differente tasso di frequenza e letalità negli uomini rispetto alle donne

B) Le cellule del sistema immunitario esposte a virus, batteri, parassiti, allergeni, rispondono in modo diverso nei due sessi. Rispetto agli uomini, le donne hanno meccanismi più efficaci di fagocitosi (meccanismo con cui viene inglobato e digerito un agente esterno) e producono più anticorpi.

C) I determinanti genetici provocano una differenza con cui uomini e donne reagiscono all’infezione da COVID-19, in particolare la biologia “unica” del cromosoma X. Secondo quanto riportato dall’Istituto Auxologico Italiano “Le femmine hanno due cromosomi X, uno derivato dal padre e uno dalla madre, mentre i maschi hanno un cromosoma X di origine materna e un cromosoma Y paterno che contiene il gene essenziale per la determinazione del sesso maschile. I cromosomi X ed Y derivanti da una coppia cromosomica ancestrale più di 300 milioni di anni fa, sono drammaticamente diversi: il cromosoma X è relativamente grande e contiene un alto numero di geni di cui molti implicati nelle funzioni immunitarie, che forniscono istruzioni per fabbricare proteine (circa 900). Il cromosoma Y è invece piccolo e povero di geni.”

D) Gli uomini risultano più fragili in presenza di comorbidità e di età avanzata, che costituiscono fattori di rischio per la malattia, o meglio per gli esiti della malattia.

EPICENTRO, Ente preposto allo studio dell’epidemiologia per la sanità pubblica per  l’Istituto Superiore di Sanità, rileva che nei pazienti deceduti, nel 60,1% dei casi erano riscontrate patologie croniche preesistenti (diagnosticate prima di contrarre l’infezione da CoVid 19)

Tra i pazienti le patologie a prevalenza maschile sono risultate cardiopatia ischemica, ipertensione arteriosa, diabete mellito, broncopneupatia cronica ostruttiva, epatopatia cronica, insufficienza renale, dialisi. Alcune di questa patologie hanno una stretta connessione con gli stili di vita.

Quanto all’età avanzata, i casi di letalità tra gli uomini contagiati ha riguardano in prevalenza:

Quindi, a parità di età e di condizione, gli uomini sono più soggetti a morte,

Stili di vita

Negli ultimi 25 anni, gli studi epidemiologici hanno costantemente mostrato livelli più elevati di problemi di salute e minori aspettative di vita negli uomini rispetto alle donne. Tra le cause sono annoverati comportamenti rischiosi come il fumo e l’eccessivo consumo di alcol che aumentano la probabilità di sviluppare ipertensione [3], malattie cardiovascolari e alcune malattie polmonari croniche.

Tabagismo

Il tabagismo è un fattore di rischio per sviluppare un quadro clinico più grave della malattia, poiché il Covid- 19 provoca una grave infiammazione nell’apparato respiratorio, spesso a livello cronico, che è alla base delle diverse malattie polmonari che li colpiscono (broncopneumopatia cronica ostruttiva e cancro). Sexono i dati ISTAT in Italia sono fumatori i maschi per il 24,8% e le femmine per il 14,9%.

Secondo l’ISTAT (Indagine Multiscopo sulle famiglie) i maschi in sovrappeso sono il 43% della popolazione, con punte oltre il 50% tra i 55 e i 75 anni, rispetto al 28,4% delle donne. Gli obesi sono l’11,8% maschi e il 9,4% femmine.

   °  Consumo di alcol

Secondo l’Osservatorio Nazionale Alcool (ISS) nella popolazione oltre i 65 anni i bevitori a rischio sono per il 36,3% maschi e l’8,3% donne.

L’Istituto Superiore di Sanità parla apertamente di “stili di vita di genere” che evidenziano differenze sostanziali di atteggiamenti e comportamenti tra uomini e donne, e che incidono massicciamente sulla frequenza, sui sintomi, sulla gravità di numerose malattie e anche nella risposta alle terapie.

Risulta evidente che le donne sono più attente ai fattori che condizionano lo stato di salute; quindi alimentazione controllata, attività fisica, attenzione ai danni del fumo e dell’alcool, solo per citare alcuni elementi. Non ultimo una maggiore tendenza femminile all’igiene personale, in particolare nella condizione di pandemia, con una attenzione ad esempio a lavaggio frequente delle mani, lo scrupolo nell’indossare la mascherina, l’attenzione per il distanziamento sociale, tutti elementi che spesso incontrano una certa “disattenzione” e/o “riluttanza” maschile.

* Sociologa dell’educazione. Roma

[1] [4] Il tasso di letalità è la percentuale dei deceduti rispetto al totale dei contagiati.