Caro Direttore,
il tuo Editoriale dello scorso numero di ISP notizie rivela bene, come al solito, l’ammirevole desiderio di chiarire i concetti e di mettere in luce gli elementi essenziali delle questioni, al fine lodevole di indicare le soluzioni necessarie a gravissimi problemi contemporanei – come quello della violenza sulle donne e, più in generale, sui deboli – nella chiassosa contesa delle opposte ideologie che, moltiplicando la confusione, non solo non avvantaggia in alcun modo le cause giuste, ma piuttosto le espone a facili controffensive, favorite dall’ignoranza dei contendenti.
Io, però, sarei curioso di conoscere la vera ragione del ripescaggio di un termine – patriarcato – che Michele Serra, soggetto non sospettabile da te citato, definisce correttamente “parola di altri secoli e di altri assetti familiari”.
Per quale strano motivo sarebbe stato abbandonato il termine più esatto – maschilismo – per recuperare quello improprio, inesatto ed eccentrico di patriarcato? A prescindere dalla considerazione che la parola, storicamente parlando, non ha connotati negativi espliciti ed univoci, come si fa a definire “patriarca” un energumeno che colpisce una povera donna con una scarica di coltellate o che le scaraventa un bidone di acido in faccia? Quale messaggio voleva trasmettere il primo, o la prima, che ebbe la stupidissima idea di riesumare il patriarchismo? Non credo che si tratti solo di ignoranza dell’esatto significato della parola; penso – ma confesso di andare a tentoni – che intendesse contrabbandare in questo modo un veleno sottile e letale per inquinare e distruggere totalmente l’idea di “padre”, e quindi quella di famiglia.
Se, per caso, si tratta di questo, bisognerebbe reagire innanzitutto sul piano semantico, alla fonte.
(Giuseppe Magno, magistrato, già Direttore dell’ufficio minorile del Ministero della Giustizia)
Aggiungo una postilla, a mo’ di ulteriore esempio. In una intervista a Caroline, figlia di Gisele e Dominque Pelicot – quest’ultimo condannato dal Tribunale di Avignone a 20 anni di prigione per avere nel corso di anni drogato e fatto violentare la moglie da decine di uomini, l’intervistatrice osserva: “Qualcuno ha parlato di processo al patriarcato”. E Caroline risponde: “Assolutamente. Il processo ha puntato i riflettori su violenze sistematiche, sulla cultura dello stupro che attraversa le nostre società”.
Con il grande rispetto dovuto a questa donna e soprattutto alla sua coraggiosa madre, ancora una volta si identifica il patriarcato con la “cultura dello stupro”. (Anais Ginori, “Monsieur Pelicot era mio padre”, il venerdì, 14 febbraio 2025) (M.Q.)