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Questione di accento. Se il papa è attento ai papà

di Giovanna Chirri *

Con il papà giocava a briscola nel tempo libero, e la domenica andavano allo stadio a vedere le partite del San Lorenzo, insieme con il resto della famiglia. Quando ha comunicato loro la decisione di farsi prete, la mamma l’ha presa male ed è stato il papà a sostenerlo da subito nella sua scelta. Di Giuseppe Mario Bergoglio, padre del primo papa latinomaricano della storia della Chiesa, non è nota la relazione con il figliolo Jorge Mario, oggi papa Francesco. Non è difficile, però, scorgere qualcosa di questo rapporto nelle parole pubbliche del Pontefice, che non di rado racconta episodi della vita familiare. Il papà dell’attuale Papa è morto nel 1961, quando Jorge Mario aveva 25 anni e compiva gli studi umanistici in Cile. La predicazione di papa Francesco circa i padri e il ruolo di padre si nutre di questa esperienza umana fondamentale, che dà concretezza all’approccio sia di fede che sociale sulla paternità. Così accade in particolare in queste settimane, in cui papa Bergoglio, in preparazione al prossimo sinodo ancora una volta dedicato alla famiglia, fa delle “catechesi” sulle diverse figure familiari.

PADRI ASSENTI, per troppo lavoro o per ambizione personale. Papa Francesco ne ha parlato il 28 gennaio scorso: Padri che si sentono “alla pari” con i figli, padri che non sanno dove collocarsi come padri. E figli orfani, vulnerabili, esposti a “ferite” e “devianze”. Ci manca spesso, riflette il Papa, la “intimita’” reale con un padre, – che per i cristiani e’ sul modello di quella con il Padre – fatta di significati forti di figliolanza e paternita’, quella intimita’ che aiuta a misurare se stessi e le cose, a prendere il largo, a cadere e rialzarsi. Manca alle persone, alle famiglie, alle societa’, anche alle comunita’ cristiane. Cosi’ siamo passati dal padre-padrone, che nessuno rimpiange, al padre assente e latitante, e le devianze di bambini e adolescenti si possono in gran parte ricondurre a questa carenza di vicinanza di amore da parte dei padri. “E’ piu’ profondo di quel che pensiamo” – ha commentato – “il senso dell’orfanezza (cosi’ nelle sue parole, ndr) che vivono tanti giovani, orfani ma in famiglia, perche’ i papa’ sono spesso assenti anche fisicamente da casa, ma soprattutto perche’ quando ci sono non si comportano da padre”, e fanno mancare ai figli, il “dialogo”, “l’esempio accompagnato da parola, i principi e le regole di vita di cui hanno bisogno”. “La qualita’ educativa della presenza” – ha rimarcato papa Bergoglio – “e’ tanto piu’ necessaria quanto piu’ il papa’ e’ lontano. A volte i padri non sanno bene quale posto occupare, e allora vivono in un improbabile rapporto alla pari. E’ vero che devi essere compagno”, – ha spiegato il Pontefice – “ma senza dimenticare che sei il padre; se ti comporti come un compagno alla pari, non fara’ bene al ragazzo”.

PADRE PRESENTE NON VUOL DIRE PADRE CONTROLLATORE. Lo ha spiegato mercoledì 4 febbraio, perché “i padri troppo controllatori annullano i figli, non li lasciano crescere”. Subito dopo, leggendo un brano del libro dei Proverbi, ha commentato “L’orgoglio e la commozione di un padre che riconosce di aver trasmesso al figlio quel che conta davvero nella vita, ossia un cuore saggio. “Questo padre” – ha sottolineato papa Francesco – “non dice: ‘sono fiero di te perché sei proprio uguale a me, perché ripeti le cose che dico e faccio io’, no, gli dice qualcosa di più importante, ‘sarò felice se ti vedrò agire con saggezza e sarò commosso ogni volta che ti sentirò parlare con rettitudine. Questo è ciò che ho voluto lasciarti perché diventasse una cosa tua: l’attitudine a sentire e agire, a parlare e giudicare con saggezza e rettitudine, così ti ho insegnato cose che non sapevi, ho corretto errori che non vedevi. Ti ho fatto sentire un affetto profondo e insieme discreto, che forse non hai riconosciuto pienamente quando eri giovane e incerto. Ti ho dato una testimonianza di rigore e di fermezza che forse non capivi, quano avresti voluto soltanto complicità e protezione. Ho dovuto io stesso, per primo, mettermi alla prova della saggezza del cuore, e vigilare sugli eccessi del sentimento e del risentimento, per portare il peso delle inevitabili incomprensioni e trovare le parole giuste per farmi capire. Adesso, quando vedo che tu cerchi di essere così con i tuoi figli, e con tutti, mi commuovo. Sono felice di essere tuo padre'”. “Così” – ha commentato il Papa – “è quello che dice un padre saggio, un padre maturo, un padre che sa bene quanto costa trasmettere questa eredità, questa vicinanza e dolcezza e fermezza, ma quanta consolazione si riceve quando i figli rendono onore a questa eredità, supera ogni incomprensione, fatica, guarisce ogni ferita”.

Ascoltando queste parole in diretta da papa Francesco ho pensato che, non avendo figli, non poteva essersi ispirato che al suo legame con il padre, e in certi momenti, non so se sbaglio, ho avuto l’impressione che parlasse del suo papà.

E’ sempre del 4 febbraio il racconto di un discorso al tavolo di un banchetto nuziale: “Ho sentito un papà dire: ‘alcune volte devo picchiare i miei figli un po’, ma non li picchio mai in faccia, per non avvilirli’”. “Che bello” – ha sottolineato – “il senso della dignità, deve punire, lo fa il giusto, e va avanti”. “Tenerezza”, “fermezza”, “dignità” “saper aspettare il ritorno dei figli”, “magnanimità”, “misericordia”. Bergoglio esorta i padri, e i genitori in genere, ad essere il più possibile vicino ai figli, anche se è cosciente di quanto il lavoro e la vita quotidiana lo impediscano in più di una famiglia: in più di un’occasione, in particolare incontrando la diocesi di Roma nel 2014, ha denunciato la disumanità del non aver più forze per giocare con i propri figli, perché troppo stanchi dopo una giornata di lavoro.

La paternità secondo Bergoglio si comprende dunque in quell’amore speciale per cui i figli si amano prima ancora che vengano al mondo, non per quello che dicono o fanno, o se ci somigliano o la pensano come noi, i figli si amano e basta. Anche se i “padri hanno forse fatto un passo indietro e i figli sono diventati più incerti nel fare passi avanti”. E l’esperienza di essere figli, che accomuna tutti gli uomini, ha molto da insegnare all’umanità depressa che non ha figli, perde il futuro, rischia un presente triste: “C’è uno stretto legame tra la speranza di un popolo e la armonia tra le generazioni”. “Una società di figli che non onorano i genitori” – sono parole dell’udienza generale dell’11 febbraio – “è una società senza onore, quando non si onorano i genitori si perde il proprio onore, ed è una società destinata a riempirsi di giovani aridi e avidi, però anche una società avara di generazioni, che non ama circondarsi di figli, che li considera un peso o un rischio, è una società depressa”.

* Giornalista. Vaticanista ANSA