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Sì all’embrione dell’ex marito, anche se lui non è d’accordo

Un matrimonio fallito, dopo un tentativo – senza successo – di procreazione medicalmente assistita. I due si separano, ma la donna non vuole rinunciare ad essere madre. Così decide di continuare i tentativi con gli embrioni congelati ottenuto con l’ex marito. Il quale però, dopo la separazione, non è d’accordo. La donna si rivolge al Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, che le dà ragione stabilendo con ordinanza che il consenso dato alla PMA non è revocabile.

Come ha ricordato l’avvocato della donna, Gianni Baldini, per la Legge 40 che regola la PMA il consenso può essere revocato fino al momento della fecondazione dell’ovocita, non negli stadi successivi. Conseguenza inevitabile, se la fecondazione assistita avrà successo l’ex marito sarà considerato padre a tutti gli effetti di legge e – anche se separato – sarà tenuto a tutti gli obblighi morali e materiali nei confronti del figlio.

A quanto pare, altri casi simili sono pendenti in vari Tribunali e questa sentenza avrà certamente dei seguiti. Naturalmente la pronuncia del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere ha suscitato molte reazioni per i risvolti sociali, etici e giuridici (ed anche economici) che comporta. Eccone alcune, riportate da testate quotidiane. Felice Manti, su Il Giornale, osserva: “Il padre era ancora tra di noi, sebbene malconcio, moribondo, violentato, rimpicciolito, demolito nel ruolo di educatore, ormai quasi deresponsabilizzato. L’epitaffio l’ha scritto ieri un giudice del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere”. Più cauta la Repubblica, che si limita a prendere atto che per il giudice “è prevalente il diritto dell’embrione a nascere (…) rispetto al diritto del genitore”. La Stampa riporta un giudizio dell’avvocatessa Annamaria Bernardini De Pace, secondo la quale la decisione è sbagliata perché risponde esclusivamente “all’egoismo della donna e non all’interesse del bambino che dovrà nascere”. Avvenire, infine, pubblica un commento di Assuntina Morresi, la quale giudica la ordinanza espressione di “realismo” e “in linea con la legge e lo spirito originario della legge 40 che regola la procreazione assistita”. E si chiede: “Una ‘asimmetria’ in favore della donna? No, un riconoscimento della differenza sessuale, almeno finché saranno le donne a portare avanti la gravidanza”.