Editore: Effatà Editrice, Cantalupa (TO)
Anno: 2015
Prezzo: €13
Pagine: 173
“Non intendo e non ho mai inteso parteggiare per l’uomo e per la donna, ma il mio obiettivo di sempre è stato quello di difendere la parte più debole della coppia”. Affermazione doppiamente importante, questa dell’Autrice, rilasciata in una intervista a Cronache&Opinioni, mensile del CIF, Centro Femminile Italiano, perché da un lato esclude il sospetto di partigianeria, sempre in agguato quando si parla di questi temi (come sa bene il curatore di questa rubrica), dall’altro afferma implicitamente che nel momento della separazione la parte debole è quasi sempre l’uomo (come sostiene, senza pregiudizio alcuno, lo stesso curatore di cui sopra).Rocchino Nardari, avvocatessa trevigiana, afferma nell’Introduzione di conoscere bene i casi di “donne che hanno sofferto angherie e sopraffazioni con partner prepotenti e violenti”, ma il suo lavoro le ha fatto conoscere anche tanti padri che “amano con dedizione la propria compagna e i propri figli” e che meritano di essere tutelati “soprattutto quando diventano vittime di soprusi e prevaricazioni”. Per questo, “per amore della giustizia che deve tutelare indistintamente tutte le persone” e perché “è necessario che l’enorme piaga sociale dei padri separati e divorziati venga conosciuta”, è nato questo libro: dieci vicende vere, ognuna delle quali sottolinea un aspetto della separazione. Raccontate con garbo e scioltezza. E anche con umana partecipazione.C’è la storia che tristemente dimostra ciò che troppo spesso si finge di ignorare, ossia che il reato di stalking può essere un rimedio efficace per donne vittime di soprusi, ma anche “impropriamente usato e strumentalizzato per altri fini”. C’è il “padre” che scopre di non essere il genitore naturale della bimba che ama e invano si batte per non perdere il contatto con la bambina (nonostante tutte le perizie osservino la necessità che questo accada, per il benessere della piccola). C’è quello, sessantenne, con un reddito di mille euro al mese, ridotto alla fame per mantenere la moglie e la figlia trentenne, laureata e con un lavoro, sia pure precario. E c’è quello che – come tanti, purtroppo – non ce la fa più e cerca nel suicidio la soluzione alle sue sofferenze. Per fortuna c’è anche una vicenda che finisce bene: è quella di un padre che si batte per difendere il figlio da una madre del tutto inadatta, aggressiva e deresponsabilizzata. Alla fine il Tribunale ne riconosce le ragioni e affida a lui, in via esclusiva, il figlio, privando la madre della potestà genitoriale. Una madre che (vien fatto di dire “per fortuna”) non si farà più viva.Storie di padri miti, ingenui, talvolta certamente deboli e sprovveduti, vittime di donne avide, senza scrupoli e, a quanto pare, senza sentimenti. Certo, sono il rovescio della medaglia di quei padri astuti, violenti o profittatori, ma è un rovescio spesso ignorato e minimizzato. Sono vittime che in troppi casi non sono stati compresi e tutelati dalla giustizia dei tribunali.