Editore: Il Ciliegio, Lurago d’Erba (CO)
Anno: 2016
Prezzo: €14
Pagine: 190
Un padre tutto d’un pezzo, distante ed egocentrico, volontario ma solo per altri, latitante in famiglia. Una madre che sprofonda nel gorgo della depressione, lontana da tutto e tutti. E poi lei, Gaia – nome di fantasia, paradossalmente falso e irridente – sei anni, poi undici, poi quattordici nella scansione dei ricordi. Un’infanzia non vissuta, trascinata fra quella madre persa nei meandri cupi del suo male e quel padre così cieco, lontano anche lui, di un’altra lontananza.
Rabbia, disperazione, solitudine, invidia per la spensieratezza delle coetanee. E naturalmente sensi di colpa (una figlia snaturata?) e vergogna. Poi l’adolescenza, che sboccia in un corpo sensuale e procace, la percezione del desiderio dei maschi, la sensazione, per la prima volta, di gestire, di comandare, di dominare. Corpo di giovane donna in una personalità fragile di bambina. L’incontro con il sesso, brutale, provocato e subíto, in pratica uno stupro. E allora bisogna punirsi, bisogna che questo corpo insozzato torni sotto il comando della sua proprietaria, bisogna trovare il modo di pulirlo, pulirlo, pulirlo… Ed ecco i lavaggi compulsivi e feroci, ecco il vomito che squassa e il rifiuto del cibo, in un metodico programma di annientamento, di morte. “… una rabbia devastante, un senso di colpa che mi avvelena; un dolore muto e una vergogna che mi divorano; un senso di impotenza, di solitudine e di perdita insieme a un bisogno prepotente di zittire questa sofferenza, di fermare questa giostra impazzita, di annientare questo corpo che mi soffoca, che si nutre di me come un laido vampiro. (…) Non ci entra più niente, dentro di me. Niente entrerà più dentro di me”.
Il ricovero in psichiatra è una tappa inevitabile che non risolve. Gaia – e tutte quelle come lei – aggira gli ostacoli, escogita trucchi e si infligge sofferenze (“Se soffro, se il dolore mi colpisce ancora con così tanta violenza, è perché sono viva, sono ancora viva”). Il suo piano di distruzione è lucidamente condotto: 37 chili, poi 34,3 (anche i grammi contano), poi 31…
Lasciamo Gaia sul limitare della morte, non sappiamo se sopravviverà. La lasciamo con queste parole: “Mi ripetono che sono in punto di morte. (…) Io sono morta molti anni fa, soltanto la mia carcassa ha continuato a sopravvivere”.
Alla storia di Gaia (storia di fantasia di cui è autrice Laura Romano, socia del nostro Istituto, e nella quale l’Autrice raccoglie evidenti frammenti della sua esperienza di consulente educativa) seguono tre parti: la prima, della stessa Romano, costituisce l’”aspetto osservativo” dei disturbi del comportamento alimentare. Anoressia e bulimia sono esaminati nelle cause del loro insorgere, nelle manifestazioni che le accompagnano, nei rituali, nel significato che assumono. Nella seconda Roberto Pozzetti, psicoanalista lacaniano, affronta il tema dei disturbi della alimentazione secondo la clinica psicoanalitica, rifacendosi soprattutto a Freud e Lacan ma attento anche alle “nuove forme del sintomo”: “modalità moderne, inconsuete, di espressione sintomatica”, modi “diversi e nuovi” attraverso i quali si manifestano l’anoressia-bulimia, la depressione, l’alcolismo e la tossicomania. Qui, inevitabilmente, il linguaggio si fa più tecnico, meno facile da seguire. E’ il vecchio difetto, la vecchia “debolezza” degli psicoanalisti. Un esempio da pag. 145: “un’amplificazione dell’immagine narcisistica in un imperativo di nirvanizzazione della corporeità al quale ‘non sgarrare’ (…) in un’impostazione superegoica tesa all’omeostasi”. Tuttavia, la lunga esperienza clinica, con particolare riferimento proprio ai disturbi dell’alimentazione, ma anche alle crisi di panico e al trattamento psicoanalitico delle crisi di coppia (fra l’altro Pozzetto svolge attività di CTU presso il Tribunale ordinario di Como) dà al testo una indubbio significato. Dal nostro osservatorio, riveste particolare interesse il paragrafo “L’amore padre-figlia”, un amore che può essere solidissimo, incorruttibile, resistente al passare degli anni – nelle parole dell’Autore – ma che, come può accadere nel caso di separazione dalla moglie-madre, rischia di fare della figlia “una sorta di nuovo partner” con esiti ovviamente infelici (fenomeno dal quale, si poteva ricordare, non è esente la madre, anzi…).
Infine, la breve terza parte di Romano chiarisce natura e finalità degli interventi educativo-pedagogici nei contesti curativi, ponendo in particolare risalto la narrazione (auto)biografica. Le conclusioni di Pozzetto riassumono il “focus” del libro: operare per una “integrazione fra la clinica psicoanalitica e una prospettiva più estesamente pedagogica”.