Editore: FrancoAngeli, Milano
Anno: 2013
Prezzo: € 34
Pagine: 265
Magistrati, avvocati, sociologi, psicologi, psicoanalisti, criminologi (al maschile e al femminile)… e poi un’insegnante-teologa, una mediatrice familiare, un regista. Il tema “paternità” non poteva essere declinato più ampiamente di così, nei suoi vari saperi, dagli Autori che compongono questo libro. Tutto nasce dalla consapevolezza – meglio, dalla constatazione – di quanto i padri siano cambiati negli ultimi cinquant’anni.
Anche qui (si veda la recensione del libro che precede) ricorre l’immancabile Bowlby, ma almeno questa volta la Teoria dell’attaccamento viene “rivisitata” alla luce delle ricerche più recenti e doverosamente si ricorda che “vari studiosi, mettendo in rilievo quanto il ruolo del padre sia stato trascurato nella letteratura sull’attaccamento, hanno parlato della necessità di ‘ricercare il padre assente’” (Donatella Cavanna e Francesca Magini, “La specificità del ruolo del padre alla luce del paradigma dell’attaccamento”).
Di particolare interesse, sul tema sempre attuale e doloroso della separazione, il capitolo “Il padre escluso”, di Costanza Marzotto, psicologa, mediatrice familiare, docente nella facoltà di Psicologia della Università Cattolica di Milano. Il titolo parla da solo. E il testo affronta senza mezzi termini “la questione dell’esclusione, espulsione, rifiuto, emarginazione del padre dalla vita dei figli, fenomeno reale e drammatico a cui alcune famiglie riescono a porre rimedio per il benessere di tutti, ma che in altri casi genera dolore e sofferenza, fino alla tragedia”. Sindrome di alienazione genitoriale, connessione fra malattie fisiche e mentali dei padri e divorzio, mediazione familiare, dinamiche di ruolo fra i due genitori sono alcuni fra i temi trattati nel capitolo.
Sempre in tema di separazione, ma su un versante interpretativo opposto, il contributo dell’avvocato Maria Teresa Semeraro (“Il padre separato e l’affido condiviso”), la quale afferma di non aver “mai dimostrato grande entusiasmo per l’affidamento condiviso” perché certi problemi non si risolvono “in assenza di un vero mutamento culturale” (e fin qui siamo sostanzialmente d’accordo). Per Semeraro, l’assunzione di responsabilità genitoriale (sapersi confrontare con la realtà della separazione per realizzare il principio della bigenitorialità) “non può fondarsi sulla ricerca continua di cambiamenti di norme giuridiche”. La totale sfiducia – mi pare di poter interpretare – per l’affidamento condiviso è così esplicitata: “Non è, infatti, rivendicando una tale parità nell’espletamento della funzione materna e paterna attraverso modifiche normative che assegnino ex lege al padre e alla madre paritetiche modalità, tempi e presenza nella vita dei figli che il padre separato può trovare la giusta via per essere capace di avere una buona relazione con i figli/e”.
Questa la conclusione di Semeraro: “I padri separati che si lamentano al cospetto dell’avvocato, del Giudice, del consulente del Giudice, di non poter avere una relazione con i figli/e a causa di una imperfetta regolamentazione giuridica dell’affidamento condiviso e di una applicazione dell’istituto in favore della madre, esprimono certo un desiderio di paternità che va sorretto supportandoli a non invocare modifiche legislative dell’affidamento condiviso ma a farsi protagonisti di una politica delle relazioni…” eccetera, eccetera. Il corsivo, naturalmente, è mio.