Il Manuale del papà separato di Maurizio Quilici, più che un libro, sembra essere un’ora (o un pò di più) di pacata conversazione con un amico eccezionale.
E non parlo di eccezionalità per essere incline ai complimenti (a dimostrazione di ciò verranno anche le critiche), né perché conosco e stimo da anni l’Autore del volume, ma perché, anche dalla sola lettura del libro, emergono con chiarezza la sua tranquilla moderazione nel trattare temi che infiammano l’animo di molti e fanno perdere obiettività ad altri, la sua saggezza, il suo equilibrio, il suo porre l’accento per ogni questione sempre al punto giusto, né un centimetro prima, né dopo, la sua enciclopedica cultura specifica, evidente frutto di anni di studio e selezione di testi, la sua conoscenza, fin nei minimi dettagli, del tema trattato.
Avere un amico così e consultarlo al momento della propria crisi coniugale è quanto di meglio si possa augurare a chi abbia la disavventura di viverla. Dubito tuttavia che, quando ciò avvenga, non avendo la disponibilità reale di un tale amico, si possa avere il tempo e la calma necessaria per ricorrere al surrogato virtuale del libro.
Il consiglio è quindi di leggerlo prima e tenere bene a mente ciò che vi si dice, o dopo, per rimeditare costruttivamente gli eventi accaduti, oppure semplicemente leggerlo, per acquisire un po’ di conoscenza in più delle vicende umane, a prescindere dal fatto che la cosa possa poi riguardare direttamente.
Nel libro, che ripercorre con scrupolo e metodo, ma senza alcuna pedanteria, tutte le vicende della separazione e del divorzio, intravedo una sincera buona volontà di porgere aiuto a chi percorre questa strada e, dietro le citazioni e la cultura giuridica, una robusta componente emozionale (si tratta, a mio avviso, di un libro scritto “con il cuore” e con la reale consapevolezza della sofferenza che c’è dentro ogni vicenda separativa), nonché uno sforzo costante di obiettività.
Sempre a mio giudizio quest’ultimo, tuttavia, non riesce a distaccare l’Autore dall’ottica dei padri, che intrinsecamente, per storia e cultura personale, gli appartiene ed è a lui intrinseca, come una seconda pelle. Ciò tuttavia non trasforma il libro in manifestazione di una visione unilaterale, ma lo rende la più obiettiva e completa descrizione del problema che, partendo da una singola angolazione, possa essere conseguita.
Per restare nei limiti che la natura del commento richiede, cito pochi punti, tra quelli che più mi hanno colpito. Ho trovato molto significativa la citazione di pag. 138, ove si dice che il regalo più grande che una madre possa fare a suo figlio è donargli un rapporto con il padre.
Non si tratta di una citazione estranea al testo, ma di una sintesi espressiva del messaggio che il libro rivolge, con le sue argomentazioni, gli episodi di vita e le emozioni descritte, all’altra metà del cielo.
Ho apprezzato molto, ritenendola esemplificativa della capacità del volume di fornire suggerimenti validi e di andare alla sostanza delle cose, il consiglio di pagina 190, ove l’Autore dice al padre: “Non preoccuparti di fare cose per tuo figlio, ma piuttosto di fare cose con tuo figlio”.
Mi è piaciuto l’equilibrio palesato nel capitolo X, poiché rispecchia ciò che anche io penso, vale a dire che nella proposta 2454 vi sono aspetti positivi e negativi (a mio avviso, tuttavia, questi ultimi prevalgono in buona misura).
Come critica o meglio non condivisione di un aspetto del libro, segnalo una notevole sfiducia, sia pure espressa in termini garbati, nei confronti del sistema giudiziario. A mio parere, la stessa è ingenerosa nei confronti dei progressi compiuti dalla giurisprudenza dal 2006 ad oggi e verso l’impegno di tanti giudici specializzati, i quali, unitamente alle altre componenti che operano in tema, stanno realmente e faticosamente cambiando le cose.
Le associazioni dei padri spesso, nel valutare se la nuova cultura stia o meno prendendo piede nell’ambito giuridico e sociale continuano a puntare la propria attenzione sulla parte del bicchiere che rimane ancora mezzo (?) vuoto. A mio parere sarebbe opportuno mostrare in maniera più decisa anche l’altra metà, quella piena.