L’ultimo grado del giudizio ha dato ragione a Laura Massaro, 42 anni, madre di un bambino di dodici, per la quale la Corte d’Appello di Roma aveva decretato la decadenza dalla responsabilità genitoriale (il provvedimento aveva colpito anche il padre del bambino) e il trasferimento del figlio in una casa-famiglia. [Laura Massaro è citata anche nell’Editoriale di questo stesso numero, n.d.r.]. La Suprema Corte, al termine di una lite giudiziaria durata nove anni, ha accolto il ricorso della donna annullando i provvedimenti della Corte di Appello.
La decisione – ordinanza n. 9691/2022 – ha suscitato ampia eco sui media, perché Massaro era divenuta un po’ il simbolo di quelle madri che, definendosi “perseguitate dalla violenza istituzionale”, contestano sentenze con le quali vengono private dei figli perché considerate “inadatte” o “alienanti”, ossia ritenute colpevoli di aver artatamente indotto nei figli un rifiuto ed una ostilità nei confronti del padre. Spesso contestano che un Tribunale abbia deciso la prosecuzione dei rapporti padre-figlio sebbene l’uomo sia stato condannato (molto più spesso denunciato) per violenza.
L’ordinanza della Cassazione – lunga 36 pagine e molto articolata – è uscita nel momento in cui si chiudeva questo numero del Notiziario; non c’era il tempo di un esame più approfondito (che ci riserviamo di fare in seguito) e dunque ci si è basati sulle dichiarazioni dei quattro avvocati che hanno difeso la donna in giudizio, su quelle di alcune commentatrici – come la Presidente di “Differenza Donna” o la senatrice Valeria Valente, Presidente della Commissione di inchiesta parlamentare sul femminicidio e la violenza di genere – e naturalmente quelle della stessa Massaro.
A quanto è dato capire dagli articoli di stampa, tre sono i punti che meritano attenzione dal punto di vista del Diritto minorile. Il primo è l’espresso rifiuto di ogni richiamo alla sindrome d’alienazione parentale “e ad ogni suo, più o meno evidente, anche inconsapevole, corollario”. Tale richiamo “non può dirsi legittimo, costituendo il fondamento pseudoscientifico di provvedimenti gravemente incisivi sulla vita dei minori, in ordine alla decadenza dalla responsabilità genitoriale della madre”.
Di sfuggita, notiamo che la Cassazione, nelle sentenze degli ultimi anni, ha più volte ribadito la mancanza di certezze scientifiche nella PAS (in una sentenza del maggio 2020 parlò di “devianza dalla scienza medica ufficiale”), sempre però – ed è questa la posizione che riteniamo condivisibile – sottolineando che i giudici hanno comunque l’obbligo di verificare il fondamento della diagnosi di presunta PAS. Posizione adottata da alcuni tribunali, come quello di Venezia che il 17 novembre 2021 ha disposto l’affidamento ai servizi sociali dei minori, il collocamento prevalente presso il padre e visite protette della madre, avendo accertato che la donna, oltre a non attenersi alle decisioni giudiziali e a rivolgere al partner accuse di abusi rivelatesi infondate, sottoponeva i figli a un condizionamento psicologico con la collaborazione dei nonni, nel tentativo di allontanarli dal padre. Il Tribunale ha preso i provvedimenti del caso senza alcun accenno alla PAS. Decisione simile quella del Tribunale di Bari (se ne parla in questo numero nelle “Notizie in breve”: “Trascura scuola e alimentazione…” ) che ha stabilito l’affido “super esclusivo” al padre rilevando, fra le altre circostanze, che la madre induceva la figlia “a rifiutare la figura paterna”. Anche in questo caso nessun accenno alla sindrome di alienazione parentale.
Secondo punto: la Cassazione ha ritenuto nullo il provvedimento dell’autorità giudiziaria di merito per non aver proceduto all’ascolto del minore, e questo nonostante il minore in questione avesse meno di dodici anni. Gli Ermellini hanno infatti ribadito che “in tema di affidamento dei figli minori l’ascolto del minore infradodicenne capace di discernimento costituisce adempimento previsto a pena di nullità, atteso che è espressamente destinato a raccogliere le sue opinioni e a valutare i suoi bisogni”. Per inciso, osserviamo che l’obbligo di ascolto del minore anche infradodicenne è stato sottolineato dalla Cassazione in altre recenti pronunce (per es. con la ordinanza n. 7262 del 4 marzo 2022).
Terzo punto: i giudici hanno stigmatizzato le modalità con cui è avvenuto il prelievo coatto del minore, con l’uso di una certa forza fisica, definendo la misura “non conforme ai principi dello Stato di diritto”.
Si tratta certamente di una sentenza importante, difficile da giudicare solo attraverso dichiarazioni di parte. Dichiarazioni nelle quali fra l’altro – e qui si veda quanto scritto nell’Editoriale di questo stesso numero – non sempre è chiaro quando i virgolettati riferiscono il pensiero del commentatore della sentenza e quando riportano il testo della pronuncia della Cassazione. Infine, ci sembra opportuno osservare che, pur nella rilevanza giuridica della ordinanza, essa non chiude la vicenda Massaro. La Suprema Corte, cassando il decreto impugnato, ha rinviato la causa alla Corte d’Appello di Roma, sezione specializzata per i minorenni, in diversa composizione.