Laura Mori (a cura di),
Diventare padre,
Mimesis, Milano-Udine 2021,
pp. 158, € 14,00
La nascita: un evento che, nella sua “naturalezza”, irrompe nella vita dei genitori con un impatto profondo e coinvolgente, inevitabilmente diverso per padre e madre. Essa non solo richiede una radicale riorganizzazione della propria vita, ma richiama antichi vissuti (molti dei quali dimenticati o rimossi), pone problemi nuovi, mette in discussione aspetti di sé, modifica il rapporto di coppia.
Fino a mezzo secolo fa, tuttavia, la nascita era un avvenimento da declinare solo al femminile. Era un fatto esclusivamente, o quasi, materno; e il neonato una creatura della madre. Poi, lo sappiamo, l’uomo ha “scoperto” la paternità e ha preso coscienza dei suoi diritti e dei suoi doveri di padre. Ma soprattutto ha trovato nel rapporto con i figli un arricchimento e un coinvolgimento fino ad allora ignorati. E ha conosciuto la tenerezza, la commozione, l’empatia, la libertà dei sentimenti.
Oggi la nascita di un figlio non è più “cosa di donne”, non più un fatto esclusivamente materno. Il neonato non “appartiene” solo alla madre. E i giovani padri sono molto lontani, nei loro atteggiamenti, dal loro genitore.
Ma cosa significa, esattamente, diventare padre oggi? Quali sentimenti smuove, quali dinamiche attiva, quali comportamenti innesca, quali vulnerabilità scopre? A tante domande – ora più che legittime – cerca di rispondere questo libro, opera di uomini e donne (decisamente più donne che uomini) specialisti e specialiste in psicologia e psicoanalisi. Partendo da un principio che ormai sembra fortunatamente acquisito e che papa Francesco ha messo in rilievo di recente nella lettera apostolica Patris Corde: “Padri non si nasce, lo si diventa”. Perché la paternità non si inizia con il mero gesto della riproduzione, ma si costruisce prima e dopo la nascita, con un processo lungo, complesso e probabilmente ancora in parte ignorato.
Di “paternità interiore” parla Laura Mori (curatrice del libro, che ha dedicato al proprio padre) a proposito di quelle dinamiche psicologiche e fantasie che si attivano nell’uomo prima che la nascita sia avvenuta. Ed ecco allora presi in esame “un nuovo campo di vulnerabilità”, come lo definisce Tolstoj facendo parlare Levin in Anna Karenina, ecco la costruzione dell’identità di padre (“paternità interiore”) che si inizia con la gravidanza della compagna, ecco la nuova fisicità dei padri, ecco la depressione post partum anche nei padri, un tempo oggetto di ironia, oggi finalmente riconosciuta e studiata. Ecco i racconti degli incontri di gruppo con padri in attesa e neo-papà, incontri sempre più richiesti da padri responsabili, desiderosi di capire meglio la propria paternità, “sfogarsi”, “ritrovarsi”, confrontarsi. E ancora: l’importanza degli spazi paterni, la competizione che talvolta scatta con le madri. Un capitolo si rivolge ai cosiddetti “Genitori Prematuri”, padri e madri di bambini costretti all’incubatrice per una nascita anzitempo, un altro tocca la sterilità, la perdita di un figlio per aborto o subito dopo la nascita, il rifiuto di generare; un altro ancora affronta il tema delle “paternità difficili”: padri che si sentono rifiutati e esclusi, o con un bambino affetto da una grave malattia, padri che non riescono a creare un rapporto sereno con il figlio, padri condizionati dal rapporto con il proprio genitore.
Un ultimo capitolo tratta della raffigurazione del padre nei libri per l’infanzia, interessante analisi in chiave psicologica. Conclude l’opera una postfazione di Giuseppe Nicoletti, già ordinario di Letteratura Italiana nell’università di Firenze, che prendendo spunto dalla domanda rivolta a Dante da Cavalcante nel X canto dell’Inferno (“… mio figlio ov’è, e perché non è teco?”), tocca alcuni temi della paternità: dalla “presunzione paterna, talvolta persino insolente e fanatica, nel valutare diritti e meriti della propria figliolanza”, agli esempi letterari della “violenza proprietaria e dell’arbitrio tirannico della mitica (ma purtroppo efficiente) figura del padre padrone”. Per concludere con una osservazione che chiude degnamente la ricerca degli Autori: “… il padre così – caso quantomai straordinario – può rinascere come figlio assieme al proprio nato, in quanto l’evento della nascita riesce ad alimentare, oltre al ‘miracolo’ di una nuova presenza, quello di una vera rinascita, certo ‘inaspettata’ ma essenziale all’avvio di una prossima intesa padre-figlio”. “Occasione rarissima” – avverte Nicoletti – “che non è lecito sprecare”.
Marina D’Amato (a cura di),
Paternità,
Armando Editore, Roma 2021,
pp. 126, € 12,00
Questo libro raccoglie, sostanzialmente, i contributi del “Secondo Rapporto sulla paternità in Italia” – svolto a cura dell’I.S.P. e della Università Roma Tre e presentato nella stessa università nel 2018. Il lungo periodo della pandemia e questioni interne all’Università ne hanno ritardato la pubblicazione.
Sono molti i temi toccati dai 13 interventi, preceduti da una lunga introduzione di Marina D’Amato, già professore ordinario di Sociologia nell’Università Roma Tre, e seguiti da una Bibliografia tematica. Il focus, naturalmente, è sulla figura paterna, esaminata in alcuni suoi aspetti e declinata in ottica ora storica, ora psicologica o sociologica, ora giuridica…
D’Amato tocca un tema a lei caro (mi riferisco al suo libro Ci siamo persi i bambini (Laterza, Roma-Bari 2014), insistendo sulla adultizzazione dell’infanzia, cui fa riscontro sovente una infantilizzazione dei genitori. Questi ultimi – scrive D’Amato – oggi sono “più preoccupati che attenti”, volendo dire con questo che l’impegno sempre maggiore di padri e madri nel lavoro è la ragione “di molte deleghe agli schermi, alla scuola, alle palestre, al gruppo dei pari, ai nonni”. Questa assenza genera sensi di colpa e dunque sempre nuove preoccupazioni: “accompagnare e riprendere, organizzare la dieta, praticare la prevenzione sanitaria, far parte di consigli scolastici, di associazioni di genitori”: tutti ambiti di preoccupazione “che lasciano ancora meno spazi all’attenzione nei confronti dei propri figli”. “La tensione” – osserva D’Amato – placata dall’organizzazione, attivata con le deleghe, finisce per essere il grande alibi per non stare, per non osservare, per non condividere la quotidianità della vita, dei bisogni, dei mestieri dei bambini”.
C’è poi un mio intervento che traccia un raffronto tra la situazione attuale della paternità attuale e quella di dieci anni fa: dai congedi paterni alla PAS, dalle false denunce di abuso nella separazione all’applicazione dell’affido condiviso. Non è un quadro rassicurante: si segnala qualche passo avanti, come nei congedi, e molte situazioni di stallo e di poca chiarezza. Seguono interventi di Nadio Delai (la “dimissione” dei padri nel ’68, con il “ciclo dell’IO” che accelera negli anni la centralità del soggetto per trasformarsi nel “ciclo dell’Ego”), Simona Argentieri (“Padri e figlie: il problema dell’intimità”), Carmela Covato (padri e figlie nel passaggio fra Sette e Ottocento), Arnaldo Spallacci, socio del nostro Istituto (come cambiano i maschi: padri, figli, mariti), Ritagrazia Ardone (la mediazione familiare nella separazione e nel divorzio), Francesco Belletti (l’aggiustamento di ruolo dei “nuovi padri”, le teorie di gender, i gruppi di autoriflessione dei padri), Fabio Nestola (“L’importanza della bigenitorialità”), Annina Lubbock (cos’è “Il Giardino dei Padri”, rete di associazioni nata per accelerare il raggiungimento di un nuovo modello di padre), Marco Meliti (il padre nella crisi familiare, le false accuse di maltrattamento nelle cause di separazione), Edmondo Grassi (la tecnologia come mediatore familiare), Michela Donatelli (il termine e il concetto di “paternità” classificati nelle biblioteche). Conclude la raccolta un’appendice di “Bibliografia tematica” a cura di Maria Rita Varricchio. Insomma, uno “stato dell’arte” che sintetizza adeguatamente la attuale situazione della paternità in Italia.
#esserepadreoggi,
ultra, Roma 2020,
pp. 140,€ 14,00
C’è voluto del tempo per procurarmi questo libro (qualche problema con l’Editore), ma alla fine ci sono riuscito. Addirittura ho avuto anche il secondo che lo stesso Autore ha pubblicato pochi mesi fa e del quale parlerò nel prossimo numero di questo notiziario. Cominciamo, per l’appunto, dall’Autore, che è un life e business coach. Ora dovrei spiegare cos’è il coaching e come opera un coach. Mi limiterò a riportare le definizioni dei due termini tratte da Oxford Languages: “Processo di sviluppo delle capacità, risorse e competenze di una persona gestito da un professionista qualificato (coach), attraverso l’individuazione degli ambiti di potenziale crescita e la definizione di un programma finalizzato al raggiungimento di obiettivi personali o professionali”. Per chi volesse saperne di più c’è ampio materiale su Internet. Particolarmente esaustivo ho trovato il sito www.prometeocoaching.it
Grammatico – padre di Gaia e Gioele, rispettivamente di dieci e sette anni – è dunque un coach che da anni si dedica anche alla famiglia, ai padri in particolare. Persona tanto vulcanica quanto sensibile, sembra aver trovato nella paternità – a giudicare dai suoi libri e dalle sue iniziative – la dimensione ideale per esprimere tutte le sue potenzialità e le sue notevoli energie.
Questo libro si articola dunque secondo gli schemi del coaching, un coaching “umanistico” lo definisce Grammatico, ossia “una serie di allenamenti filosofici e relazionali che rendono i nostri valori strumenti vivi di potenziamento della nostra felicità e di quella delle persone che amiamo e che ci amano”. Detto così so di ingenerare il timore che il libro sia qualcosa di difficile da digerire, mentre è esattamente il contrario. Si tratta di un libro spigliato, spesso spiritoso, scritto con linguaggio informale e colloquiale. Il che non vuol dire necessariamente “semplice” e men che meno banale (vedi il capitolo sulla metafora, che cita in sequenza Pessoa, Lakoff e Bauman) o quello sull’”adorcismo”.
Ogni capitolo del libro comincia con un breve racconto autobiografico; segue il testo e quindi un workout, ossia un esercizio, consistente in un vero a proprio “allenamento alla paternità” (questo è, dichiaratamente, l’obiettivo del libro). Infine, il suggerimento per uno o più libri per l’infanzia. In ogni pagina trabocca l’amore immenso di un padre, con pagine molto belle come quelle che raccontano quando – secondo l’Autore – diventiamo papà (“quando tocchiamo nostro figlio o nostra figlia” per la prima volta). Sono riflessioni (e spinte alla riflessione), suggerimenti di piccole azioni che sottendono un significato, come quello di valutare bene e pesare le parole, perché “le parole” – ricorda Grammatico citando Emile Littrè – “sono esseri viventi” e dire a tuo figlio “parla piano”, invece di “non urlare”, ha un diverso significato.
Peccato qualche refuso nel testo, ma questo è ormai un difetto comune a tanti libri e a tanti editori (anche quelli più noti e blasonati). Insomma, può darsi che qualche lettore-padre non abbia voglia di seguire il percorso di coaching vero e proprio e salti i workout, ma anche così avrà appreso molte cose per poter essere un… “padre imperfetto”. Imperfetto non perché sbagliato – come spiega l’Autore – ma perché, procedendo per tentativi ed errori – è certamente migliorabile e soprattutto sempre incompiuto.