di Arnaldo Spallacci *
Il “Reparto 37.4
Nel corso della presentazione di un libro sugli uomini e sulla condizione maschile, veniva divulgata una notizia in base alla quale a Milano in un ospedale cittadino si sarebbe aperto un reparto (denominato in alcune versioni 37, in altre 37.4), destinato agli uomini con influenza, o febbri di limitata gravità dell’ordine di pochi gradi sopra i 37 (una misura considerata spesso, ma non sempre, come il confine fra stato di salute-stato di malattia, o se si vuole, fra stato di quiete-stato di allarme). La notizia ci ha incuriosito; ma poche e confuse sono risultate le informazioni su Internet, o di altre fonti; alcune di esse oltretutto risalenti a periodi prima del Covid; conseguentemente non sappiamo che destino abbia avuto l’iniziativa.
Eppure la suggestione del “Reparto 37.4”, nella sua apparente inverosimiglianza e nei suoi caratteri incerti, permette un appiglio con alcuni stereotipi o contro stereotipi del maschile, in particolare di quello contemporaneo, con riferimento anche alla “mascolinità all’italiana”, alla sua evoluzione o scadimento, alla rappresentazione del suo corpo, al rapporto con le donne, al ruolo nella famiglia e verso la prole.
Al contempo, la tendenza di uomini a rifugiarsi per un nonnulla nelle stanze quiete di un ospedale, dove fruire delle cure e delle attenzioni di infermieri (e infermiere) e dottori (una visione che si sarebbe drammaticamente incrinata con la crisi della sanità italiana negli anni della pandemia) ben si confaceva agli istinti derisori verso il maschio moderno (specie se italiano), al suo innato mammismo, ai caratteri della pigrizia, dell’ipocondria, dell’opportunismo, fino alla codardia.
Se ci affranchiamo dalle rappresentazioni tanto ironiche quanto superficiali (seppure diffuse in determinati – ma certamente non tutti – ambienti culturali, del sistema mediatico, talvolta degli “studi di genere”, ) di un maschile essenzialmente negativo (oggi di frequente si dice “tossico”) tout-court, a cui il Reparto 37.4 può offrire una solida sponda, è opportuno rivedere il problema con altri strumenti e approcci, nella sua complessità, come fenomeno sociale assai rilevante, e denso di sfaccettature spesso contrastanti.
La chiara comprensione del fatto che uomini e donne hanno una diversa percezione e cura del proprio corpo, una diversa reazione davanti ai disturbi fisici e alle malattie fa parte della nostra quotidiana esperienza individuale e collettiva. Discende dall’auto osservazione dei nostri comportamenti e sensazioni, e dall’osservazione di chi ci sta intorno, donne e uomini.
In Italia l’intreccio fra sesso-genere e il binomio corpo-salute data ormai di alcuni decenni di studi empirici e riflessioni teoriche. In linea generale sono più sviluppati ed estesi gli studi orientati alle donne (richiesti in origine particolarmente dai gruppi politici femminili); negli ultimi due decenni si sono svolti studi e ricerche sul maschile, focalizzati però su aree limitate ancorché importanti (es. le disfunzioni sessuali). Raramente si trovano studi generali sulla maschilità da un punto di vista medico. Vi sono alcuni esempi in Paesi del Centro-Nord Europa (es. Germania), nei Paesi anglosassoni, nel Nord America (es. Quebec); spesso tali studi hanno carattere pluridisciplinare: sociologia, psicologia, antropologia, medicina …) (Spallacci 2019, Pagg. 228-229).
Particolarmente interessante risulta lo studio dell’atteggiamento degli uomini di fronte alla malattia. Tale atteggiamento, come si è anticipato sopra, è stato anche associato alla cura del corpo da parte degli uomini, alle trasformazioni del corpo maschile negli ultimi decenni, alla evoluzione degli stessi “modelli di mascolinità”, tutti dialetticamente connessi al discorso della malattia e della “cura di se”. I modelli tradizionali di mascolinità, ad esempio, delineavano una figura prevalente di uomini poco interessati alla immagine pubblica, alla cura del corpo, all’attenzione preventiva delle malattie, (tutto ciò in particolare per i ceti sociali meno privilegiati, ma con presenza significativa anche nei ceti più abbienti), come sottolineato dalle pagine scritte su questa rivista da Silvana Bisogni …
Gli antefatti. La crisi maschile
A partire dagli anni 70’ fino ad oggi, con maggiore intensità dagli anni 80’ fino al primo decennio di questo secolo, sia in ambito scientifico sia nel sistema mediatico, si è parlato di “crisi del maschile”. Si tratta di un tema complesso, con molteplici sfaccettature e soprattutto assai controverso. Molti autori e autrici lo hanno esaminato, all’interno di tre approcci significativamente diversi. Un primo approccio ritiene che gli uomini in realtà appaiono sempre in crisi, da decenni, o secoli, e quindi la crisi parrebbe un elemento costitutivo della essenza maschile. Un secondo punto di vista afferma invece che la crisi, specie quella contemporanea, sarebbe pura finzione, un adattamento (poco convinto) al cambiamento del femminile e del mondo, in attesa di un futuro del quale non si intravedono i termini. Un terzo approccio ritiene invece che si tratti di un cambiamento reale, quindi con caratteri strutturali, seppure con manifestazioni discontinue, e non riferito ovviamente alla totalità degli uomini.
Le considerazioni che seguono si collocano in linea di massima all’interno della terza posizione, che privilegia per i temi oggetto del nostro discorso l’ottica del cambiamento maschile, pur riconoscendo all’interno della massa degli uomini la permanenza di vaste sacche che si richiamano ai valori e comportamenti del patriarcato tradizionale.
I modelli stereotipati del maschile
Il maschile, al pari del femminile, è stato idealizzato (spesso mitizzato); se ne sono costruiti “modelli ideali”, nei diversi periodi storici e nei diversi contesti geografici, politici, territoriali, sino a divenire stereotipi, ovvero “rappresentazioni convenzionali”. Ad esempio, già negli anni ‘70 del secolo scorso, negli Stati Uniti, dove era nato un considerevole movimento di studi sugli uomini (noti come mens studies), due psicologi americani, Deborah David e Robert Brannon, avevano individuato e descritto i caratteri dell’ideale maschile (The male sex role, 1976)
No sissystuff (niente di effemminato). Ripudio degli atteggiamenti femminili.
The big whell (una persona importante). Disporre di successo e potere
The sturdy oak (una “solida quercia”). Potenza, autonomia, inespressività affettiva.
Give ‘em hell (andate all’inferno). Aggressività, audacia, forza.
I caratteri sopra descritti dell’ideale maschile appaiono nell’insieme difficili da gestire. Sono i “costi” della mascolinità, che richiedono prove, sfide, antagonismi, (secondo il modello del “Marlboro Man”) che creano tensioni e sollecitazioni in contrasto con gli stessi costumi sociali moderni, e che molti uomini, specie giovani, sembrano poco disposti a sopportare. Anche da qui può scaturire la crisi maschile.
Altro aspetto fondamentale (centrale) è il mutamento femminile, che ha iniziato a produrre un significativo (seppure incompleto) cambiamento nei rapporti di potere fra uomini e donne. Ciò è avvenuto anche in Italia dove si sono ridefiniti i confini delle identità di genere (Ruspini 2005).
Vecchie e nuove figure maschili
Da diversi decenni appaiono, si individuano, si denominano, si descrivono, si ri-propongono figure maschili sia innovative che tradizionali. Ne diamo di seguito una sintetica rassegna.
Il New man. Suggestione originata nel mondo anglosassone e in Nord-Europa. Uomo riflessivo, adorabile, portatore di una virilità che comunica e dialoga con l’altro. Nelle sue ultime rappresentazioni il new man ha assunto una immagine più attraente e definita, per la sua attenzione alla dimensione espressivo-emotiva, ed anche per l’interesse al suo corpo, alla cura di sé, alla salute. Costituisce una forma non politica, sostanzialmente estranea al sostegno alle lotte femminili e femministe, o alla pratica maschile dell’autocoscienza. Fra gli eredi del new man si distinguono i “nuovi padri” e i “casalinghi”
L’uomo molle. Espressione coniata soprattutto nei paesi Scandinavi in contrapposizione al “duro” tradizionale. Rinnega i privilegi maschili, rifiuta il potere, assume comportamenti femminili. Bersaglio di diverse critiche in quanto evocherebbe l’idea di un uomo adattabile, privo di volontà, senza forma né struttura.
Il Maschio Alfa. Immagine ancora riferita alla mascolinità dominante, pensata come “ .. il polo positivo, tradizionale, egemone, conforme, preferito all’interno dei discorsi (pubblici e privati) e delle pratiche di costruzione della mascolinità” (Ruspini, Fagiani 2011).
Il Metro Sexual. Termine coniato dal giornalista britannico Mark Simpson (1994), il metro-sexual è uomo curato nella persona, provvisto di buon reddito, indifferente all’orientamento sessuale, seguace della moda, narciso, generoso nei consumi (abbigliamento, fitness, servizi, cosmetica, comunicazione digitale). Riguardo al metro-sexual, siamo in piena fase post-fordista, connotata dal declino della fabbrica, dalla crisi del patriarcato e dal passaggio dall’uomo produttore all’uomo consumer.
La cura di sé e la riscoperta del corpo
Da numerose considerazioni abbiamo notato la rilevanza che ha assunto nella trasformazione maschile il discorso della corporeità, della cura di sé, dell’attenzione al proprio aspetto estetico, come dato crescente negli ultimi 40-50 anni.
Non si tratta di un discorso completamente nuovo: il valore storico, estetico, politico, simbolico che ha via via assunto il corpo maschile in Occidente, specie nel periodo che va dal primo Ottocento ad oggi, anni di affermazione della borghesia, è stato mirabilmente esposto dallo storico George Mosse (1996; trad.it. 1977) circa mezzo secolo fa.
L’importanza odierna del corpo maschile, a livello sociale, storico e politico, non è tanto riferita all’aspetto biologico del “corpo naturale”, bensì a quella più moderna e sociologica del “corpo costruito”, ovvero modificabile, sul quale si esercitano fitness, tecnologia, chirurgia, cosmesi (Spallacci 2012).
L’uomo contemporaneo è stato coinvolto in larga misura nel circuito commerciale e mediatico. Hanno contribuito a ciò le riviste del men’s help (Boni 2004), diffuse in Occidente dagli anni Settanta del secolo scorso, che offrono (similmente ai periodici femminili) consigli su moda, sport, sesso, relazioni sentimentali, cosmesi, psicologia, stili di vita, benessere. Il corpo maschile diviene così progetto, immagine di salute, vitalità, successo.
Conclusioni
All’interno del quadro di riferimento fin qui delineato, nei prossimi numeri di ISP notizie condurremo un’analisi su diversi aspetti della condizione maschile, principalmente in Italia, sempre tenendo presente che il paterno – specifico tema di interesse di questo Istituto – si lega a quello più ampio del maschile e inevitabilmente ne riflette i comportamenti. Pubblicheremo alcuni articoli su temi centrali del maschile, della salute e della cura del corpo, fra i quali la speranza di vita, la mortalità alla nascita, lo stato di salute, l’atteggiamento davanti alle malattie, la pratica sportiva, la cosmesi, la chirurgia estetica, fino alle cause di morte e al suicidio. Già sono apparsi di recente su ISP Notizie alcuni articoli dedicati a questi temi con la firma di Silvana Bisogni.
Alla conclusione di queste righe è utile ricordare due aspetti centrali di attenzione relativi agli studi di genere, in particolare sugli uomini. In primo luogo la mascolinità (Italiana) è un continente in larga misura sconosciuto nell’ambito delle scienze sociali. Si tratta di una singolare contraddizione perché se è vero che – come si sostiene – gli uomini rappresenterebbero il polo dominante del mondo, appare bizzarro che di essi non si parli granché, o non si sappia pressochè nulla. Ma la contraddizione è solo apparente; in realtà degli uomini si è molto parlato, ma secondo un registro frequentemente “ideologico”, ovvero più nei termini di ciò che dovrebbero essere, secondo i canoni politici, etici, estetici degli autori e autrici di scritti sul maschile, piuttosto che di ciò che essi sono e pensano, specie nel panorama della loro vita concreta (lavoro, famiglia, formazione, relazioni, leisure time, salute, e così via). Anche da qui emerge l’esigenza di solide e rigorose ricerche quantitative e qualitative a largo raggio sugli uomini (Spallacci 2012).
La seconda considerazione riguarda l’eccesso dell’uso e della creazione di “stereotipi”, termine oggi molto comune specie negli studi di genere. Si tratta di uno strumento utile (contiene sempre un “nocciolo di verità”), ma con l’avvertenza che il riferimento continuo allo stereotipo non porti a restarne ancorati, con il rischio di crearne dei nuovi e di ignorare il cambiamento delle figure maschili e femminili. La sociologa Chiara Saraceno opportunamente annota come “l’identità maschile sia più sfaccettata di quanto non sembri dagli stereotipi” (Saraceno 2007, XI). In tale senso nelle analisi specie sugli uomini (e ovviamente anche per quelle sulle donne) talvolta è essenziale “affrancarsi” dagli stereotipi per operare a tutto campo e discostarsi dalle strette visioni convenzionali (Spallacci 2019).
- Sociologo. ISP Bologna.
BIBLIOGRAFIA
Boni, F. (2004), Men’s help. Sociologia dei periodici maschili, Meltemi, Roma
David, D.S, e Brannon, R. (1976), The Forty-Nine Percent Majority: The Male Sex Role; Addison-Wesley, New York.
Dell’Agnese, E., Ruspini, E., (a cura di), Mascolinità all’italiana. Costruzioni, narrazioni, mutamenti, Utet, Milano 2007.
Fagiani, M.L., e Ruspini, E., (2011), Maschi alfa, beta, omega. Virilità italiane tra persistenze, imprevisti e mutamento, Milano, FrancoAngeli.
Mosse, G, (1996), The Image of Man. The Creation of Modern Masculinity, New York, Oxford University Press; trad. ital.L’immagine dell’uomo. Lo stereotipo maschile nell’epoca moderna, Einaudi, 1997, Torino.
Ruspini, E. (2005) (a cura di), Donne e uomini che cambiano, Guerini, Milano.
Ruspini, E. e Fagiani M.L., (2011), Introduzione. Dall’alfa all’omega passando per gli uomini, in
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Saraceno, C. (2007), Prefazione in Dell’Agnese, E., Ruspini, E., (a cura di), Mascolinità all’italiana. Costruzioni, narrazioni, mutamenti, Utet, Milano 2007.
Simpson, M., (1994), Male impersonators, Routledge, New York and London.
Spallacci, A. (2012), Maschi, il Mulino, Bologna.
Spallacci, A. (2019), Maschi in bilico, Mimesis, Milano Udine.