di Gianluca Aresta *
L’affidamento esclusivo – anche detto affidamento monogenitoriale – dei figli minori nell’ambito dei procedimenti a seguito del delicato fenomeno della disgregazione familiare è stato introdotto nel nostro ordinamento dalla L. n. 54 dell’8 febbraio 2006 ed è attualmente disciplinato dal Libro I, Titolo IX, Capo II, cod. civ. .
“La disciplina dell’affidamento dei minori in occasione della fase patologica del rapporto di coppia dimostra come il vero baricentro assiologico della normativa siano i figli: indipendentemente dalle cause e dalle modalità con cui si disgrega il rapporto di coppia esistente tra i genitori, la normativa vigente impone di coniugare alla dissolubilità del rapporto orizzontale l’indissolubilità del rapporto verticale: si può cessare di essere partner, ma non di essere genitori” (così, Andrea Conti, in “Affidamento esclusivo”, in il Familiarista/IUS, del 29/11/2022).
Come suggerisce la rubrica del Capo II del Titolo IX del Libro I del codice civile la disciplina dettata in materia di affidamento risulta articolata proprio in modo che venga garantito il principio dell’unicità dello status di figlio; d’altro lato, le modalità ed i contenuti dell’affidamento non differiscono in relazione alla tipologia di legame esistente tra i genitori. Ebbene, in caso di separazione o divorzio, il Giudice deve occuparsi dell’affidamento dei figli minori: l’affido esclusivo e super esclusivo (rafforzato) sono, nel nostro ordinamento, due ipotesi eccezionali, atteso che la regola è l’affidamento condiviso basato sul principio di bigenitorialità: il minore ha, quindi, il diritto di mantenere un rapporto “equilibrato e continuativo” con entrambi i genitori.
La norma cardine in punto di affidamento dei figli minori è l’art. 337 ter cod. civ. (rubricato “Provvedimenti riguardo ai figli”) il quale – proprio sulla scorta del principio della bigenitorialità disciplinato al comma 1 del medesimo articolo – statuisce, al comma 3, che: “La responsabilità genitoriale è esercitata da entrambi i genitori. Le decisioni di maggiore interesse per i figli relative all’istruzione, all’educazione, alla salute e alla scelta della residenza abituale del minore sono assunte di comune accordo tenendo conto delle capacità, dell’inclinazione naturale e delle aspirazioni dei figli. In caso di disaccordo la decisione è rimessa al Giudice. Limitatamente alle decisioni su questioni di ordinaria amministrazione, il Giudice può stabilire che i genitori esercitino la responsabilità genitoriale separatamente. Qualora il genitore non si attenga alle condizioni dettate, il Giudice valuterà detto comportamento anche al fine della modifica delle modalità di affidamento”.
Ne consegue che l’affidamento condiviso deve essere considerato quale regola generale da disattendere solo in casi assolutamente eccezionali, ossia quando sia inequivocabilmente dimostrato che l’affidamento bigenitoriale possa costituire pregiudizio agli interessi ed al benessere psicofisico della prole (in termini si è espressa anche Cass. Civ., Sez. I, 5604/2020).
È evidente, allora, come l’affidamento esclusivo debba essere considerato un rimedio residuale; a tal proposito si deve sottolineare, come rimarcato da un orientamento ormai consolidato della giurisprudenza di legittimità, che il Giudice non è chiamato a valutare la maggiore idoneità ai compiti educativi di uno dei genitori, bensì è tenuto a considerare se sussiste l’inidoneità educativa del genitore, ammettendo, solo in tali casi, l’esclusione della condivisione dell’affidamento del minore. Infatti, la giurisprudenza di legittimità con molteplici pronunce ha avuto modo, in più occasioni, di sottolineare che: “In tema di affidamento, il criterio fondamentale è costituito dall’esclusivo interesse morale e materiale della prole, il quale, imponendo di privilegiare la soluzione che appaia più idonea a ridurre al massimo i danni derivanti dalla disgregazione del nucleo familiare e ad assicurare il migliore sviluppo della personalità del minore, richiede un giudizio prognostico circa la capacità del singolo genitore di crescere ed educare il figlio, da esprimersi sulla base di elementi concreti attinenti alle modalità con cui ciascuno in passato ha svolto il proprio ruolo. La regola dell’affidamento condiviso può essere derogata solo ove la sua applicazione risulti pregiudizievole per l’interesse del minore, con la conseguenza che l’eventuale pronuncia dell’affidamento esclusivo dovrà essere sorretta da una motivazione non solo in positivo sulla idoneità del genitore affidatario, ma anche in negativo sulla inidoneità educativa ovvero manifesta carenza dell’altro genitore” (così, Cass. Civ., Sez. I, n. 21425 del 6/7/2022).
Tale lettura interpretativa, del resto, è confermata proprio dal dettato normativo di cui all’art. 337 quater cod. civ. (rubricato “Affidamento a un solo genitore e opposizione all’affidamento condiviso”) a tenore del quale: “Il Giudice può disporre l’affidamento dei figli ad uno solo dei genitori qualora ritenga, con provvedimento motivato, che l’affidamento all’altro sia contrario all’interesse del minore”.
Tale norma ribadisce il prioritario diritto del minore alla bigenitorialità, così come la necessità che siano valutati entrambi i genitori al fine di verificarne la tenuta educativa: potrà essere disposto l’affidamento esclusivo solo laddove emerga l’incapacità di uno di essi ad assolvere ai doveri che derivano dall’essere genitore.
D’altro lato, la norma in questione non individua quali debbano essere i presupposti al ricorrere dei quali sia possibile disporre l’affidamento esclusivo dei figli minori, ma si limita a precisare come si debba trattare di un provvedimento motivato assunto nell’esclusivo interesse del minore, solo dopo aver escluso, e seriamente motivato, la fattibilità dell’affidamento condiviso. Pertanto, nel singolo caso concreto, dovrà, primariamente, essere valutata la possibilità di affidare congiuntamente il minore ad entrambi i genitori e, solo laddove tale forma di affidamento risulti (per seri e comprovati motivi) pregiudizievole per il figlio, potrà essere disposto l’affidamento esclusivo ad un solo genitore.
Il fulcro delle valutazioni giudiziali, pertanto, devono rimanere i rapporti intercorrenti tra il figlio minorenne ed i genitori; i rapporti tra i due genitori – che certamente dovranno essere oggetto di valutazione – non potranno però divenire l’unico aspetto da valutare e su cui fondare una eventuale decisione di affidamento esclusivo del minore stesso.
La giurisprudenza prevalente, seppur con qualche pronuncia contraria (fra le altre, si confronti Cass. Civ., Sez. I, n. 5108 del 29/3/2012) ha accolto tale tesi, affermando ripetutamente che l’affidamento condiviso non può ritenersi precluso dalla mera conflittualità tra i genitori, ma occorre che emerga, per poter seriamente derogare al principio della bigenitorialità, una condizione di manifesta carenza o di inidoneità educativa o comunque tale da rendere l’affidamento ad entrambi i genitori in concreto pregiudizievole per il minore. L’affidamento esclusivo, pertanto, avrà la sua estensione massima laddove si accertino condotte genitoriali che possano determinare la decadenza o la sospensione dalla responsabilità genitoriale e la sua estensione minima in tutte quelle ipotesi in cui l’affidamento condiviso non rappresenti una modalità attuativa del best interest of the child, ma, diversamente, contribuisca ad arrecare pregiudizio al figlio minorenne.
Pur dovendo sempre doverosamente valutare le peculiarità del singolo caso concreto, al fine di verificare la possibilità di disporre l’affidamento esclusivo dei figli minori, possiamo tentare di sintetizzare le principali ipotesi in cui la casistica giurisprudenziale ha ritenuto di “poter” derogare alla regola generale dell’affidamento condiviso.
In particolare: viene riconosciuto un ruolo determinante alla volontà del minore che rifiuta ogni rapporto con uno dei genitori (in termini, Tribunale di Firenze del 22/4/2006; Corte d’Appello di Bari, 23/5/2007) tuttavia, in tal caso, la più attenta dottrina sottolinea che, ove il rifiuto del minore non risulti riconducibile ad una colpevole condotta del genitore, l’Autorità Giudiziaria dovrebbe adottare tutti quei provvedimenti che possano consentire il ripristino della relazione con il genitore rifiutato; poi, ancora, il disinteresse del genitore nella cura e verso la crescita dei figli, anche se non necessariamente connesso ad un periodo di assenza, viene considerato elemento su cui è possibile fondare un provvedimento di affidamento esclusivo (fra le altre, Tribunale di Siracusa del 3/1/2018; Tribunale di Roma del 17/2/2015); la violazione degli obblighi di mantenimento da parte di un genitore può giustificare l’affidamento esclusivo nella misura in cui si tratta di violazione di uno dei doveri genitoriali (Cass. Civ., Sez. I, n. 26587 del 17/12/2009; Tribunale di Pistoia del 2/7/2020; Tribunale di Roma del 16/6/2017); la condotta violenta posta in essere da un genitore nei confronti dei figli, del partner o di terzi può rivelarsi determinante al fine di escludere o meno il riconoscimento dell’affidamento esclusivo; l’accertamento di una patologia psichiatrica, per l’effetto pregiudizievole che può avere sui figli, può incidere sulla valutazione del Giudice nel disporre l’affidamento esclusivo (Tribunale di Roma del 15/7/2016; Tribunale di Milano del 9/7/2015).
La giurisprudenza ha, altresì, individuato le situazioni che, certamente, non possono condurre ad escludere l’affidamento condiviso a favore dell’affidamento esclusivo: le scelte del genitore in punto di opinione politica, religiosa (Cass. Civ., Sez. I, 14728/2016) o sessuale (Cass. Civ., Sez. I, 17137/2017); la volontà di sanzionare la condotta assunta da uno dei genitori; la diagnosi di alienazione parentale (c.d. PAS) non può, di per sé, giustificare l’affidamento esclusivo non avendo basi scientifiche certe (Cass. Civ., Sez. I, 13274/2019 e Cass. Civ., Sez. I, 13217/2021); la lontananza tra i luoghi di residenza dei due genitori non deve influire sulla scelta del regime di affidamento (Cass. Civ., Sez. I, 6535/2019; Cass. Civ., Sez. I, 24526/2010; Tribunale di Napoli del 22/2/2012), purtuttavia, potrà – e dovrà – incidere sulle modalità di attuazione del provvedimento di affidamento che voglia effettivamente garantire un equilibrato rapporto tra il minore ed entrambi i genitori.
L’art. 337 ter cod. civ. non individua alcun criterio o parametro da cui evincere le modalità attuative dell’affidamento esclusivo dei figli minori, rimettendo in capo all’accordo genitoriale o alle statuizioni dell’autorità giudiziaria ogni determinazione in merito.
Il minore vivrà con il genitore affidatario ed avrà la propria residenza presso quest’ultimo. Nella quasi totalità dei casi il genitore affidatario è, altresì, assegnatario della casa familiare posto che il provvedimento di assegnazione è e deve essere finalizzato solo ed esclusivamente a garantire ai minori la permanenza nell’ambiente in cui sono nati e cresciuti.
Il figlio minore affidato ad un solo genitore ha il diritto di frequentare e di permanere con il genitore non affidatario a tutela ed a salvaguardia del suo diritto alla bigenitorialità. Le modalità ed i tempi di tali frequentazioni saranno determinati in ragione delle peculiarità connesse ad ogni caso specifico con la finalità prioritaria ed essenziale di garantire e tutelare gli interessi della prole, considerando una serie di dati oggettivi variabili: età del minore, distanza geografica tra le città di residenza dei genitori, motivazioni specifiche che hanno indotto all’adozione della forma di affidamento monogenitoriale.
Alla luce della condotta del genitore non affidatario – e che ha evidentemente contribuito a determinare la scelta del regime di affidamento esclusivo – potranno essere previste particolari modalità per la frequentazione tra quest’ultimo e il figlio minore (come, ad esempio, una modalità protetta di incontro o prevedendo la obbligatoria presenza di familiari o rappresentanti dei servizi sociali agli incontri medesimi).
L’art. 337 ter, comma 2, cod. civ., stabilisce, inoltre, che il Giudice debba prendere atto degli accordi intervenuti tra i genitori, a condizione che non siano contrari all’interesse dei figli minori. L’art. 1, comma 5, lett. a), D. Lgs. 10/10/2022, n. 149 (Riforma Cartabia) ha modificato l’art. 337 ter, comma 2, cod. civ. prevedendo che il Giudice dovrà prendere atto degli accordi, in modo particolare se questi sono stati raggiunti all’esito di un percorso di mediazione familiare. In tal modo, la novella legislativa ha inteso valorizzare l’accordo formato a seguito di un percorso compiuto dai genitori al di fuori delle aule di giustizia con l’aiuto ed il supporto di un terzo, fermo restando il dovere di valutarne la compatibilità con l’interesse superiore del minore.
Alla luce del dettato normativo risulta, pertanto, ammissibile un accordo in ordine al regime di affidamento e la validità di un accordo dei genitori che optino anche per un regime di affidamento esclusivo. Tuttavia, tale accordo dovrà essere sottoposto al vaglio dell’Autorità Giudiziaria la quale, ben lungi dal poter essere considerata come un mero omologatore dell’accordo, dovrà valutare la scelta dei genitori al fine di verificarne la rispondenza all’interesse del minore.
Da ciò consegue che la scelta relativa al regime di affidamento da adottare non è, comunque, rimessa alla libera volontà delle parti, ma costituisce un diritto indisponibile del minore. La giurisprudenza maggioritaria, sia di merito, sia di legittimità, allineandosi a tale opzione interpretativa, ha chiarito che, nel caso in cui non emergano situazioni di pregiudizio per il minore o altre circostanze ostative al regime di affidamento condiviso, l’Autorità Giudiziaria non può disporre l’affidamento esclusivo del minore, anche se richiesto congiuntamente dai genitori.
Sul punto si deve evidenziare come un accordo sull’affidamento esclusivo potrebbe anche essere raggiunto in sede di negoziazione assistita; tale possibilità è, infatti, disciplinata normativamente dall’art. 6, comma 2, secondo periodo, del D. L. 132/2014, così come modificato dalla L. 162/2014.
D’altro lato, la modalità di affidamento stabilita dal Giudice, all’esito di un procedimento che prenda atto della crisi del rapporto personale esistente tra i genitori, incide necessariamente anche sulle modalità di esercizio della responsabilità genitoriale.
L’art. 337 quater, comma 3, cod. civ. precisa che la responsabilità genitoriale è attribuita, in via esclusiva, al genitore a cui il minore è affidato. Nonostante ciò la norma chiarisce che le decisioni di maggiore interesse per i figli – ovvero quelle decisioni in grado di incidere in maniera determinante sulla vita del minore e sulla formazione della sua personalità (come, ad esempio, le decisioni in materia di salute, istruzione ed educazione) – dovranno essere adottate congiuntamente da entrambi i genitori. A tale regola generale, però, può derogare il Giudice, modulando in maniera differente l’attribuzione della responsabilità genitoriale ed il coinvolgimento dei genitori nelle scelte di maggior interesse per il minore, così come espressamente precisato dal dettato normativo dell’art. 337 quater, comma 3, laddove statuisce “salva diversa disposizione del Giudice”.
Tale possibilità evidentemente consente, da un lato, di attribuire all’Autorità Giudiziaria una flessibilità capace di adeguare le modalità di esercizio della responsabilità genitoriale al caso concreto, al fine di rendere la forma di affidamento prescelta il più aderente possibile alle esigenze del minore ed alle reali capacità dei genitori e, dall’altro lato, di optare (anche) per un regime di affidamento esclusivo c.d. superesclusivo o rafforzato (ossia un profilo appunto rafforzato dell’affidamento esclusivo).
Per affidamento esclusivo c.d. “rafforzato” o “superesclusivo” si deve intendere un regime di affidamento del minore ad uno dei genitori, con competenze genitoriali concentrate in capo a quest’ultimo anche in ordine alle scelte più importanti riguardanti il figlio, quali quelle su salute, educazione, istruzione e sulla residenza abituale. Va, peraltro, chiarito che tale provvedimento non incide sulla titolarità della responsabilità genitoriale, atteso che sul genitore non affidatario resta sempre il diritto ed il dovere di vigilare sull’istruzione ed educazione del figlio, potendo sempre ricorrere al Giudice quando ritenga che siano state assunte decisioni per lo stesso pregiudizievoli, come ha più volte avuto occasione di chiarire la giurisprudenza di merito (fra le altre, Tribunale di La Spezia del 10/8/2020 e Tribunale di Torino del 22/1/2015).
È evidente, allora, che la concentrazione di genitorialità in capo ad uno solo dei genitori non rappresenta un provvedimento che incide sulla titolarità della responsabilità genitoriale, modificandone solo l’esercizio (in termini, Tribunale di Milano, Sez. IX Civ., Ordinanza del 20/3/2014).
In ordine alla deroga al principio normativo dell’affidamento condiviso dei figli, la Suprema Corte di Cassazione, intervenendo duramente contro quei genitori che, con i loro comportamenti pregiudizievoli, aumentano i disagi che derivano ai figli dalla disgregazione del nucleo familiare, ha avuto modo di rimarcare, con la recente pronuncia n.23333 del 1/8/2023, il principio per cui: “… alla regola dell’affidamento condiviso dei figli può derogarsi solo ove la sua applicazione risulti pregiudizievole per l’interesse del minore, con la duplice conseguenza che l’eventuale pronuncia di affidamento esclusivo dovrà essere sorretta da una motivazione non più solo in positivo sulla idoneità del genitore affidatario, ma anche in negativo sulla inidoneità educativa ovvero manifesta carenza dell’altro genitore. …”; nel caso di specie, i Giudici di legittimità evidenziavano le modalità altamente pregiudizievoli per l’interesse dei minori con cui la ricorrente aveva in passato svolto la sua funzione genitoriale, avendo impedito, per un prolungato periodo, la frequentazione dei fratelli tra di loro, del padre con il figlio più piccolo, e non mantenendo i rapporti con il figlio più grande, ma pur sempre minorenne, così provocando ai minori uno stato di notevole sofferenza”.
Alquanto interessante lo svolgimento del processo per le vicende che lo hanno caratterizzato (se ne omette la narrazione per brevità argomentativa, ma si suggerisce una lettura della parte motiva della sentenza), così come il principio enunciato dai Giudici di legittimità a tenore del quale: “In materia di affidamento dei figli minori, il Giudice deve attenersi al criterio fondamentale rappresentato dall’esclusivo interesse morale e materiale della prole, privilegiando quel genitore che appaia il più idoneo a ridurre al massimo il pregiudizio derivante dalla disgregazione del nucleo familiare e ad assicurare il miglior sviluppo della personalità del minore. L’individuazione di tale genitore deve essere fatta sulla base di un giudizio prognostico circa la capacità del padre o della madre di crescere ed educare il figlio, che potrà fondarsi sulle modalità con cui il medesimo ha svolto in passato il proprio ruolo, con particolare riguardo alla sua capacità di relazione affettiva, di attenzione, di comprensione, di educazione, di disponibilità ad un assiduo rapporto, nonché sull’apprezzamento della personalità del genitore, delle sue consuetudini di vita e dell’ambiente che è in grado di offrire al minore”.
Così come appare di particolare interesse, al fine di rimarcare il carattere assolutamente residuale della scelta dell’affidamento esclusivo, la pronuncia n. 1140 del Tribunale di Castrovillari del 2/8/2023, con la quale i Giudici di merito hanno posto l’attenzione su un ulteriore profilo tanto delicato, quanto fondamentale nell’analisi che stiamo svolgendo, quando hanno statuito che: “Gli atteggiamenti violenti perpetrati da un coniuge nei confronti dell’altro, seppure reiterati ed inseriti in una situazione di elevata conflittualità tra le parti, non costituiscono condotte talmente gravi, da fondare un giudizio di inidoneità genitoriale del coniuge o dei coniugi, né possono essere posti a fondamento di una decisione di affidamento esclusivo della prole”.
Se nel caso dell’affidamento esclusivo l’esercizio della responsabilità genitoriale è preclusa al genitore affidatario, ma le decisioni di maggior importanza per i figli continuano ad essere prese congiuntamente da entrambi i genitori, nell’affidamento esclusivo rafforzato le decisioni di maggior rilievo vengono assunte (solo) dal genitore affidatario.
L’istituto nasce da un’interpretazione dell’art. 337 quater, comma 4, cod. civ., nella parte in cui dispone che “salvo che non sia diversamente stabilito, le decisioni di maggiore interesse per i figli sono adottate da entrambi i genitori”. Alcuni interpreti hanno letto questa disposizione normativa come espressione della volontà del Legislatore di affermare la derogabilità del regime di affidamento esclusivo in favore di uno strumento ancor più rigido, che permetta al genitore “affidatario rafforzato” di assumere tutte le decisioni inerenti i minori, senza la consultazione – né tanto meno il consenso – dell’altro genitore.
I presupposti dell’affido esclusivo rafforzato restano primariamente quelli dell’affido esclusivo: il Giudice deve perseguire il miglior interesse del minore, criterio fondamentale nei giudizi di affidamento, andando a privilegiare la soluzione che appaia più idonea a ridurre al minimo i danni derivanti dalla disgregazione del nucleo familiare e ad assicurare il migliore sviluppo della personalità del minore stesso (sul punto Cass. Civ., Sez IV, n. 14728 del 19/7/2016).
Ebbene, in aggiunta a tali requisiti, l’affido esclusivo rafforzato richiede un quid pluris, tale da giustificare un intervento ancora più incisivo e rigido, individuato a volte in gravi carenze delle capacità genitoriali, caratterizzate da comportamenti che mirano ad estromettere dalla vita del figlio l’altro genitore determinando il rischio di alienazione e facendo valere rivalse personali (Corte di Appello di Venezia n. 8607/2019), altre volte, nel disinteresse mostrato dal padre per l’effettivo esercizio della responsabilità genitoriale, desumibile anche dal comportamento processuale dello stesso, rimasto contumace nel procedimento, ritenuto indicativo di una condizione di verosimile scarsa adeguatezza all’assunzione di un consapevole ruolo genitoriale (Tribunale di Milano, Sez. IX, n. 6910, del 20/6/2018; purtuttavia detta sentenza è stata criticata in quanto, a dire di parte dei critici, carente dal punto di vista argomentativo, poiché è stata sottolineata la insussistenza dei fatti alla base della decisione, così come la insufficiente prova in relazione al giudizio prognostico, richiesto dalla giurisprudenza di legittimità, circa la concreta ed effettiva inidoneità del genitore a svolgere le sue funzioni).
È evidente come, nel nostro ordinamento, l’affidamento esclusivo rafforzato debba intendersi come estrema ratio, richiedendo, pertanto, un impianto probatorio e argomentativo assolutamente rigoroso, solo così potendo perseguire l’interesse del minore.
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 29999 del 31/12/2020, ha affrontato il delicato tema dell’affido super esclusivo dei figli ad un solo genitore, nel caso di specie il padre, a fronte della accertata incapacità della madre di comprendere i loro bisogni e di svolgere, nel loro interesse, la funzione educativa, con una statuizione molto particolare in cui si è affermato il principio di poter ricorrere allo strumento dell’affido super esclusivo in favore di uno dei genitori, pur senza pronunciare la decadenza genitoriale dell’altro.
La Corte d’Appello di Roma, nella fattispecie, aveva accertato “… sulla scorta di una articolata istruttoria, il clima di grave conflittualità familiare vissuto dai minori, connotato da emozioni prevalentemente negative … ricondotte dagli stessi al comportamento materno, senza che fossero emersi condizionamenti da parte del padre … senza che la madre avesse mostrato di avere acquisito consapevolezza degli errori e del contributo fornito alla nascita e della cronicizzazione del conflitto genitoriale e dei bisogni affettivi e relazionali dei figli, di guisa che la stessa non appariva in grado di svolgere alcuna funzione educativa nei confronti dei figli minori, ponendo così in atto una condotta pregiudizievole…”.
In tale situazione, i Giudici della Suprema Corte hanno evidenziato che “… Una volta accertato in giudizio il clima di grave conflittualità familiare vissuto dai minori, connotato da rabbia, sfiducia e paura ricondotte dagli stessi prevalentemente al comportamento di uno solo dei genitori, è legittima la scelta del Giudice di fare ricorso al cosiddetto affidamento super esclusivo, pur senza pronunciare la decadenza genitoriale dell’altro genitore”, poiché, come spiegano i Giudici di legittimità, “l’affidamento super esclusivo in favore di uno dei genitori è una misura che non si pone in rapporto di consequenzialità rispetto alla declaratoria di decadenza genitoriale dell’altro …”.
Il Giudice, quindi, può adottare “… la misura che in concreto si riveli più adatta, anche facendo applicazione dell’istituto dell’affido declinato secondo la modalità più pertinente ex art. 337 quater c.c. e, quindi, anche nella forma dell’affidamento esclusivo rafforzato…”.
In particolari casi, connotati da profili di particolare gravità, come innanzi detto, il Giudice può sospendere la responsabilità genitoriale, cioè quell’insieme di diritti e doveri dei genitori relativi alle scelte sulla educazione, istruzione, crescita e sviluppo dei figli; il Legislatore, in misura ancora più rigida, ha previsto la decadenza dalla responsabilità genitoriale nei casi di violazione o elusione dei doveri genitoriali e/o di abuso dei poteri inerenti la medesima responsabilità genitoriale.
Non sempre, come già sottolineato, ad una pronuncia di affidamento super esclusivo corrisponde quella di decadenza dalla responsabilità genitoriale; fondamentale, sul punto, è proprio la pronuncia n. 29999/2020 della Cassazione cui abbiamo fatto cenno, che, pur avendo valutato l’esistenza di presupposti che potessero giustificare l’affido super esclusivo, aveva ritenuto di non dover disporre la decadenza della responsabilità genitoriale, perché “quando emerge una condotta pregiudizievole per il figlio, l’istituto dell’affido può essere declinato secondo la modalità più pertinente ai sensi dell’art. 337 quater cod. civ. e, quindi, anche nella forma dell’affidamento esclusivo rafforzato, se questo risponde all’interesse del minore”.
In tale contesto, di particolare interesse appare la sentenza (direttamente consultabile al link https://tinyurl.com/Diritto-e-Famiglia, presente nella pagina Facebook “Diritto & Famiglia”, gestita dall’Avv. Cinzia Petitti) resa dalla I Sezione Civile del Tribunale di Bari (n. 452/2022, pubblicata in data 9/2/2022, Presidente Relatore Dott. Saverio De Simone), con cui il Tribunale affidava, in maniera superesclusiva, la minore al padre, sospendendo la responsabilità genitoriale della madre.
Il Collegio, in maniera approfondita, dopo aver passato in rassegna le condotte assunte, nel tempo, dalla madre, evidenziava come la stessa si fosse resa colpevolmente inadempiente delle prescrizioni indicate nel provvedimento relativo alla separazione giudiziale, ostacolando il rapporto della figlia con l’altro coniuge; avesse indotto la figlia a rifiutare la figura paterna, attraverso sistematica discontinuità (realizzatasi con mancate presenze o ritardi) agli incontri, nonché inculcandole un linguaggio “adultizzato”, non consono alla sua età, evidentemente conflittuale con il padre, verso il quale, però, in precedenza (la minore) aveva “dimostrato un sincero slancio affettivo … radicalmente mutato …”; non avesse mai assunto una condotta assertiva, sincera e collaborativa nella gestione della figlia minore; si fosse dimostrata inadeguata, sia in relazione ad una educazione alimentare, da impartire alla minore, il che aveva determinato una condizione di evidente obesità, esponendola a gravi rischi per la sua salute, sia in relazione all’assistenza nel percorso di studi, gravemente lacunoso.
“La sentenza del Tribunale di Bari è fondata sui seguenti principi: il genitore collocatario non può impedire il rapporto del minore con l’altro genitore; questo atteggiamento, ingiustificatamente, ostruzionistico e disfunzionale – unito ad altre condotte discutibili nell’esercizio della responsabilità genitoriale, quali una cattiva educazione alimentare e poco controllo delle prestazioni scolastiche – non può che portare all’affido super esclusivo all’altro genitore, previa declaratoria di decadenza, da valutarsi non come sanzione diretta dei comportamenti inadempienti della madre, ma quale conseguenza indiretta dell’accertamento degli effetti lesivi che tali condotte hanno prodotto possono ulteriormente produrre in danno della figlia minore” (“Ostacolare i rapporti con i figli può costare l’affido condiviso. Commento alla sentenza n. 452/2022 del Tribunale di Bari”, su Il Periscopio del Diritto on line, a cura dell’Avv. Michele Alfredo Chiariello).
La pronuncia in commento, seppur all’apparenza estremamente drastica, è, in verità, conforme agli indirizzi che la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo ha più volte enunciato (anche in un caso che riguardava l’Italia) con i quali ha invitato gli Stati membri “ad adottare misure idonee a riunire genitore e figlio, anche in presenza di conflitti fra i genitori … pur sottolineando che tale obbligo non è assoluto, ma deve tenere conto degli interessi e dei diritti e delle libertà dei soggetti interessati, in particolare degli interessi superiori del minore e dei diritti conferiti allo stesso dall’articolo 8 della Convenzione … in quanto l’interesse del minore deve prevalere su qualsiasi altra considerazione”.
- Avvocato, ISP Bari