Ospitiamo con piacere questo commento all’editoriale di “ISP notizie” dello scorso numero, dal titolo “Femminicidi e il maschile”, inviatoci dal Prof. Gianluca Biggio, docente di Psicologia delle organizzazioni e della comunicazione all’Università della Tuscia e psicoterapeuta psicoanalitico.
Non è facile intervenire su un tema così delicato e attuale, laddove “attuale” vuol dire anche carico di emotività. Come sappiamo, l’emotività non ci aiuta a ragionare in maniera equilibrata, ma piuttosto ci porta a radicalizzare il mondo in buoni e cattivi.
Questo è un fenomeno su cui si intrattengono molti psicoanalisti, a cominciare da Melania Klein quando parla della visione “schizo-paranoide” del bambino nei primi mesi di vita. Una visione per cui quando il bambino viene gratificato nei suoi bisogni primari il mondo (la madre) è buono, mentre quando non trova gratificazione il mondo (la madre) è cattivo e persecutorio. La crescita e la maturazione dell’essere umano avviene lentamente proprio attraverso l’integrazione di queste due opposte polarità, laddove si accetta che la madre possa essere (come dice anche il famoso psicoanalista Donald Winnicott) “sufficientemente buona” ovvero buona anche quando non riesce a soddisfare del tutto le continue esigenze del bambino. Crescendo, la maturità consiste proprio nell’accettare questo misto di gratificazione e frustrazione che la vita ci offre, cercando di attivarsi per vivere il meglio possibile.
Melania Klein nel suo libro Il nostro mondo adulto e altri saggi ci fa però notare come questa struttura primitiva della mente non venga mai del tutto superata e in alcune occasioni gli uomini (come stiamo ora drammaticamente vedendo) con grande foga si schierino gli uni contro gli altri dividendosi tra supposti buoni e supposti cattivi. La scissione in “tutto buono e tutto cattivo” è sottolineata da molti altri analisti. Giuseppe di Chiara, nel suo testo Le sindromi psicosociali, ci avverte che le patologie sociali si iniziano proprio con fenomeni di scissione che poi ingigantiscono da soli come una parossistica valanga di cieca emotività.
Ricordiamoci del lento crescere dell’odio razziale in Europa; sembrava inizialmente una ingiusta discriminazione civile ed è terminato in quella mostruosità che sappiamo. Gli esempi sono tanti; antichissimi, dalla caccia alle streghe a quelli più recenti. “Libertà, libertà” gridavano i giovani opponendosi alla vaccinazione anticovid mentre a Bergamo le persone erano morte come mosche prima dell’arrivo del vaccino. Libertà di prendere l’aperitivo, direbbe qualcuno, e non certo di battersi per le donne rinchiuse in carcere in tanti paesi.
Qual è il merito dell’editoriale di Quilici? Quello dell’equilibrio di giudizio senza cadere nella piacevole lussuria della condanna. Il femminicidio è una cosa orrenda ma il maschilismo non è esattamente la stessa cosa. Il potere violento dell’uomo sulla donna è esercitato non solo da mariti o fidanzati abbandonati. E’ ad esempio esercitato da padri e anche madri in civiltà che non concepiscono la libertà di scelta. Anche la madre, oltre al padre o al fratello, può concorrere in episodi di sopraffazione (non necessariamente femminicidi, ma anche matrimoni costrittivi e servili). E che dire della infibulazione sostenuta fortemente da padri e madri di ragazze che magari, dopo aver vissuto in qualche parte del mondo con altri costumi, non sono più d’accordo?
Quilici condanna con giusta fermezza il femminicidio ma ci invita a considerare la complessità dello scenario complessivo entro cui viviamo e forse anche i progressi che abbiamo fatto. Vi rendete conto di cosa possa essere stata la caccia alle streghe? Certo, anche uomini sono finiti sul rogo ma per motivi meno effimeri. Nell’editoriale si osserva che siamo un paese al 21° posto nella tragica graduatoria dei femminicidi, e quindi un paese relativamente meno violento nell’ambito occidentale (dove la donna ha forse più diritti di quelle che vivono in paesi che non le permettono nemmeno di studiare).
Il Presidente dell’I.S.P. vede anche un paradosso di non facile spiegazione. Sociologi illustri hanno scritto da decenni sull’evaporazione del mito del padre (e del patriarcato), dell’uomo sempre più debole e disorientato, ma al tempo stesso si parla dell’uomo prepotente e violento attraverso generalizzazioni forse semplificanti. Questo è uno dei frutti della emotività collettiva come quando decenni fa vi era l’incubo della pedofilia e se facevi un complimento a un bambino venivi guardato con sospetto. Certo, i femminicidi esistono e sono terribili realtà da cui le donne debbono essere sempre più difese, sia dalla legge che dalla evoluzione culturale della società. Forse noi assistiamo a fenomeni di sacche residue e terribili di psicopatici nascosti e di sottocultura patriarcale violenta. Ma che dire ad esempio delle costanti sparatorie americane dove qualcuno uccide esseri umani, uomini o donne che siano?
Concludo ipotizzando che l’invito gentile di Quilici non sia solo quello di ragionare ma anche quello di apprezzare, godere la vicinanza di questi esseri preziosi che sono le donne. E se non riusciamo a ricambiare la loro bellezza con la gratitudine forse è meglio correre dallo psicoterapeuta, psichiatra o psicologo che sia, per curarci e far vivere meglio tutti.