Laura Romano,
Edizioni il Ciliegio, Lurago d’Erba (CO) 2016
113, € 10,00
“Valorizzare il profilo del padre, la specificità educativa maschile, l’importanza imprescindibile del cordice paterno nello sviluppo armonico della personalità della figlia e del figlio e nella positiva strutturazione delle loro identità di genere”. Questo era l’obiettivo del libro; espresso nelle conclusioni, nelle ultime pagine, potrebbe, naturalmente, esserne l’incipit.
Diciamo subito, allora: obiettivo raggiunto. Ma aggiungiamo qualcosa sul modo. Non ci si aspettino nuove teorie o rivoluzionarie affermazioni. E neppure excursus storici, citazioni, bibliografia, ricerche… Non era compito dell’Autrice e neppure, a quanto lei stessa ci ha detto, sua intenzione. Romano voleva indicare una strada a quei padri che, oggi numerosi, si interrogano sul loro ruolo e sulle loro funzioni. Quei padri – si presume – vogliosi non solo di essere, ma di fare il padre e però disorientati dai profondi mutamenti che hanno segnato la famiglia negli ultimi decenni (personaggi “in cerca di autore” li chiama Romano). Padri animati da molti dubbi ma da poche conoscenze. Insomma, voleva offrire una pratica “guida” per orientarsi in un percorso tutt’altro che facile, oggi meno che mai. Ecco allora un libro molto chiaro e semplice (dove “semplice” allude alla accessibilità del linguaggio e e alla immediatezza della impostazione ed è quindi un complimento, non una critica). Detestiamo da sempre i libri astrusi – astrusi per vanitosa volontà dell’Autore o per sua incapacità – e leggiamo con piacere quelli che scorrono piani, che si fanno leggere, appunto, con semplicità, come questo.
Gian Ettore Gassani,
Vi dichiaro divorziati
Imprimatur, Reggio Emilia 2015,
281, € 17,00
Gian Ettore Gassani, avvocato cassazionista, Presidente dell’A.M..I. (Associazione Matrimonialisti Italiani), pubblica il suo secondo libro. Anche questo, come il precedente I perplessi sposi (Aliberti editore) riguarda la separazione e il divorzio. Sono storie vere di matrimoni falliti, di dolore e risentimento, di violenza, di figli usati. Storie al limite del grottesco e qualche volta anche oltre, come quella del marito novantenne che chiede il divorzio perché vuole “rimettersi in gioco”. Gassani le racconta per parlare indirettamente al lettore, ma non mancano i capitoli di riflessione nei quali il giurista parla e spiega in prima persona: di famiglie, di legge sulla filiazione, di “divorzio breve” e negoziazione assistita, di sequestro internazionale – e nazionale – di minori, di violenza al femminile, di affidamento condiviso (che è ancora “istituto del tutto simbolico” e “mera enunciazione di principio”), di falsi abusi…
Gassani è avvocato di grande esperienza, ma questo non gli impedisce – come già nel precedente suo libro – di usare un linguaggio del tutto informale. Così il commento ai dissidi notturni che nascono dal volere (dovere?) condividere il letto matrimoniale è: “Che palle!”. Una domanda inopportuna di un cliente diventa “una domanda del piffero”. E fra i consigli per mantenere “vivace” la coppia c’è quello di “farsi una sana scopata dopo aver depositato da qualche parte i marmocchi”.
Dunque, non ci si aspetti da un simile testo alcun paludamento giuridico o un linguaggio… togato; poche anche le citazioni di articoli del codice o di leggi. In compenso difficile dover rileggere un periodo per capirne il testo, difficile anche annoiarsi. I capitoli dell’Autore sono intramezzati da capitoli scritti da altri: testimonianze di vita come quella di Gianluca Nicoletti, giornalista e scrittore, padre di un ragazzo autistico; di Carolina Tana, vittima di una madre criminale che fece di tutto per distruggere la figura del padre di sua figlia e arrivò a organizzare un attentato per ucciderlo; di Giorgio Ceccarelli, presidente dell’Associazione Figli Negati e I love papà, che rischiò di passare un buon numero di anni in galera grazie alla ex moglie e alla ex suocera che – con alcune complicità – avevano introdotto nella sua automobile buste di cocaina per un valore di 80 milioni di vecchie lire.
Rolf Sellin,
I bambini sensibili hanno una marcia in più
URRA Feltrinelli, Milano 2016,
180, € 13,00
Bambini “ipersensibili”: chi sono? In cosa sono diversi dagli altri? E questa loro peculiarità li avvantaggia o li danneggia? Come possono i genitori gestire al meglio tale caratteristica? Rolf Sellin, psicoterapeuta che a Stoccarda ha fondato l’HSPI (Highly Sensitive Persons Institut) affronta un tema non troppo conosciuto (in genere si tende a identificare un bambino ipersensibile con un bambino “fragile”, facile alle emozioni e alle reazioni nervose incontrollate: non è esattamente così) ma che riguarda – è stato stimato – 15 o 20 persone su cento. Un fenomeno, dunque, anche statisticamente non irrilevante, che andrebbe meglio conosciuto.
Diciamo subito che l’ipersensibilità “non è una malattia, né una carenza, né un difetto”. Si tratta “di una caratteristica ereditata, un elemento distintivo e, più propriamente, un talento”. Un bambino ipersensibile “percepisce più stimoli e informazioni di altri, oltre che con maggiore intensità e coinvolgimento interiore”. Sa quindi, meglio di altri, immedesimarsi nel prossimo e capire meglio e più rapidamente persone e situazioni. E’ insomma, per usare una efficace espressione di Sellin, “una sorta di potentissima antenna”. Una antenna che coglie al volo particolari che ad altri sfuggono, dettagli ritenuti insignificanti dai più, che “sente” con particolare empatia umori, sensazioni, emozioni. La ipersensibilità non è legata allo stato di salute (può essere propria di bambini timidi, introversi, poco inclini allo sport o viceversi di piccoli sportivi, robusti ed estroversi) né all’intelligenza.
Si capisce facilmente come questa particolare sensibilità possa tradursi in un notevole vantaggio ma anche in un peso grave da sostenere. E come quindi sia importante imparare ad accettarla e gestirla nel modo giusto, in modo da tollerare – ed anzi utilizzare – la sovrabbondanza di stimoli fisici e psicologici che giunge ad essi dall’ambiente e dagli altri.
E qui entrano in ballo i genitori, ai quali il libro si rivolge. Genitori che a volte sono essi stessi persone ipersensibili, magari senza esserne consapevoli. Specifici paragrafi riguardano padri ipersensibili e madri ipersensibili. Per i primi si presenta il dilemma, oggi in primo piano, di un equilibrio fra mascolinità e sensibilità. Problema comune a tutti i maschi, come sappiamo, ma particolarmente delicato e difficile per gli uomini ipersensibili. Tanto che, per Sellin, finora “solo pochi uomini sono riusciti in questo. Forse ci riusciranno i nostri figli”.
E le madri? Per loro rileva l’aspetto rischioso del fenomeno conosciuto come maternal gate keeper, quell’insieme di comportamenti diretti ad escludere, più o meno consapevolmente, il padre dal rapporto con il figlio: criticando continuamente i suoi gesti nei confronti del bambino, sottolineandone la inadeguatezza, mostrando di continuo se stessa come il “modello giusto”. Così facendo finisce con l’escludere l’altro genitore ed appropriarsi del figlio, privando quest’ultimo di una insostituibile componente. Non è un atteggiamento solo delle madri ipersensibili, naturalmente, ma secondo Sell lo si trova piuttosto di frequente fra queste.