Renzo Carriero e Lorenzo Todesco
Indaffarate e soddisfatte. Donne, uomini e lavoro familiare in Italia
Carocci Editore, Roma 2016
229, € 25
Il titolo è pronto a “bucare lo schermo”, a stimolare la curiosità dei lettori e ancora più delle lettrici. Chi mai saranno le “indaffarate e insoddisfatte”? Quali donne si trovano a vivere una condizione che pare inaccettabile (soprattutto inconcepibile) nel progredito mondo occidentale? Il sottotitolo del libro contribuisce ad evidenziare l’ambito sociale di riferimento: “Donne, uomini e lavoro familiare in Italia”. Siamo di fronte all’annoso problema della distribuzione del lavoro (domestico, di cura, di amministrazione, di manutenzione..) nella coppia, fonte – non solo in Italia – di una “diseguaglianza di genere” (gender gap) testimoniata da moli ingentissime di statistiche, di livello nazionale ed internazionale. I numeri del testo di Carriero e Todesco, riportati in quantità opportunamente misurata e di facile lettura anche per non specialisti, comprovano una realtà inoppugnabile: in base alle statistiche Istat, in Italia gli uomini dedicano in media al lavoro famigliare 1.40 ore giornaliere, le donne 5.14. E questa differenza la ritroviamo, con diversa accentuazione, qualunque sia la condizione maschile, relativamente ad età, titolo di studio, professione, condizione occupazionale, area di residenza; anche nel caso dell’impegno paterno verso i figli, aumentato negli ultimi anni, si nota un gap che permane rilevante rispetto a quello materno.
Ci sono certamente differenze in seno agli uomini che vanno sottolineate: ad esempio l’uomo single che vive (con i genitori) nella famiglia di origine è un vero e proprio “sultano”, contribuisce alla tenuta della casa nella misura minore rispetto a tutte le altre figure maschili, meno di un’ora al giorno, mentre il monogenitore con figli lavora fra le mura domestiche quasi il doppio, così come gli ultrasessantenni.
L’equilibrio non conflittuale, stante questa situazione, che si è realizzato nella coppia moderna italiana e di molti altri Paesi, da dove deriva? Il merito del testo sta nel porre l’accento sui fattori culturali, attraverso i quali le donne hanno finito per accettare questa disparità; come si spiegherebbe altrimenti il fatto che il 62% delle italiane in coppia si dichiara soddisfatta della divisione del lavoro famigliare? Le italiane nonostante il minore impegno in questo campo, diminuito di quasi due ore al giorno negli ultimi venti anni, continuano a lavorare in casa in misura maggiore delle altre donne europee, che siano occupate o no, e anche se sono single. Esiste quindi un dato culturale, che riconosce nelle attività casalinghe il fondamento di una propria identità, legato ai ruoli di genere, ai significati simbolici ad esempio del mantenimento di determinati standard di qualità nella preparazione del cibo e nella pulizia della casa. Viene così superata la spiegazione tradizionale che rinveniva principalmente (se non unicamente) nella costrizione determinata dalla gerarchia famigliare, nelle variabili economiche e sociali (reddito, professione, istruzione) l’origine di una condizione iniqua, per dare invece rilievo ad aspetti culturali, in realtà ben più complicati da sradicare. Seppure sul tema, c’è ancora molto da studiare, affermano gli autori, per meglio sondare in profondità “ … quell’autentico ‘rompicapo’ che si è rivelata essere la divisione del lavoro familiare”.
(Arnaldo Spallacci, sociologo. ISP Bologna)
Lawrence J. Cohen,
Le paure segrete dei bambini,
URRA Feltrinelli, Milano 2015,
269, € 15,00
In tutti noi albergano ansia e paure. Sono paure che l’adulto, bene o male, solitamente controlla, ma che in un bambino possono essere distruttive e condizionare il suo sviluppo e la sua vita futura. In questo libro Lawrence Cohen, noto psicologo e psicoterapeuta americano, insegna a genitori e educatori ad aiutare i bambini a superare le loro paure, quegli stati di allarme che sono funzionali alla sopravvivenza di ogni essere vivente, ma che nel bambino ansioso scattano senza motivo e durano troppo a lungo, provocando tensione, angoscia, agitazione. Paura dei temporali, paura dell’acqua, degli insetti, del buio, dei ladri, della guerra, delle iniezioni, dei mostri sotto il letto… un elenco infinito di possibilità. Lo fa spiegando quali meccanismi agiscono nel bambino che ha paura (perché la rassicurazione con i bambini ansiosi non sempre funziona), come si possa smantellare questo stato d’ansia, per esempio contrastando il tipico comportamento di “evitamento” del bambino ansioso, ma sempre “con delicatezza e con una grande dose di supporto emotivo amorevole”. Lo fa insegnando quali tecniche di rilassamento aiutano il bambino a dare una valutazione realistica del pericolo e quali giochi (l’autore insiste molto sulle proprietà risolutive del gioco).
A questo proposito, l’autore – che ha pubblicato anche il libro Gioca con me – insiste molto sulle proprietà risolutive del gioco: “il gioco” – scrive – “è uno dei modi migliori per riconnettersi con i propri figli”. E ancora: “I bambini utilizzano ciò che conoscono meglio – il gioco – per dare un significato a ciò che comprendono meno, come la morte, la perdita e il dolore”. Tutto questo con l’obiettivo – sono le parole che chiudono il libro – di “assaporare il contrario della preoccupazione, dell’ansia e della paura: connessione, fiducia, giocosità e gioia”.
CINEMA
Padri e figlie.
Regia di Gabriele Muccino.
Con Russell Crowe, Amanda Seyfried, Aaron Paul, Diane Kruger.
USA-Italia, 2015
Scrittore di successo in auto con moglie e figlia bambina ha un incidente d’auto. Muore la moglie e lui dovrà affrontare una vita da solo con la amatissima figlia Katie, resa più difficile dal fatto che l’incidente ha provocato in lui danni neurologici che provocano violenti attacchi convulsivi. La cognata – che lo ritiene colpevole di aver “ammazzato” la sorella – cerca con il marito di ottenere l’adozione della bambina. Il film, ambientato nella New York di fine anni ’80, è la storia del grande amore fra il padre e la figlia e della battaglia che il protagonista combatte per non essere diviso dalla bambina. E’ anche la storia della figlia che, divenuta una giovane donna, manifesta seri problemi psicologici causati – si suppone – dalla perdita precoce della madre, dall’amore esclusivo per il padre e dalla morte di questi quando lei è ancora bambina. Su un doppio registro temporale – lei bambina, lei adulta – il film intercala continui flashback sviluppando da un lato il rapporto di Katie con il padre e dall’altro quello – complicato e autodistruttivo – di lei adulta con numerosi uomini “di passaggio” e finalmente con un giovane per il quale prova insieme amore a paura di una relazione “vera”.
Il film fu sugli schermi esattamente un anno fa, ma in questi giorni è stato riproposto da Sky sulla rubrica “On demand”. La critica, a suo tempo, fu perlopiù favorevole, ma a noi sembra che Muccino non sia sfuggito (come invece affermò qualcuno) alla trappola della retorica. Film prodotto a Hollywood, risente di un certo modo – appunto hollywoodiano – di proporre sentimenti e suscitare emozioni, indulge a toni melodrammatici o zuccherosi, ricorre a facili espedienti per stimolare una lacrima. In una intervista al regista, l’ingresso, con questo film, nel mondo del cinema americano fu così commentato: “Gabriele Muccino è diventato a tutti gli effetti un regista di Hollywood”. Era un apprezzamento e un elogio, ma non siamo del tutto sicuri che questo sia stato un vantaggio per Muccino. Nulla da obiettare sugli attori, dal padre, l’indimenticabile “gladiatore” Crowe, alla piccola e bravissima Kylie Rogers nei panni della figlia piccola, a Amanda Seyfried in quelli della figlia adulta.