Nina Kuluz, la donna croata che nel 2011 fuggì da Moncalieri con il figlio di 18 mesi abbandonando il padre del piccolo è stata condannata a tre anni e quattro mesi di reclusione (più un risarcimento immediatamente esecutivo di 50.000 euro al padre) dal Tribunale di Torino. Nina Kuluz, 44 anni, era scomparsa con il figlio e per anni il padre, Alessandro Avenati, aveva cercato di ritrovare il figlio. Lo aveva rintracciato un anno fa a Spalato, quando la donna era stata costretta ad accompagnare il figlio in ospedale. Nel frattempo, l’uomo aveva ottenuto due sentenze di affidamento esclusivo del bambino: una in Italia e una in Croazia. A tutt’oggi, tuttavia, Avenati non ha ancora potuto riavere suo figlio, per una serie di intoppi burocratici. Nel giugno scorso, intanto, alcune migliaia di persone hanno manifestato a Moncalieri a favore della donna.
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Non è una novità, ma la conferma di un orientamento giurisprudenziale che si va consolidando: un padre che aveva rifiutato ogni contatto con il figlio disabile è stato condannato a pagare un risarcimento, per danno patrimoniale e non patrimoniale, di 100 mila euro. La sentenza (n. 2938/2017) è stata emessa dal Tribunale di Milano, sezione decima, su istanza della madre, che agiva in qualità di amministratrice di sostegno. Il Tribunale ha sottolineato che ai fini di una corretta, sana ed equilibrata maturazione di un bambino “è imprescindibile la presenza di entrambe le figure parentali”. La perizia aveva messo in luce che il ragazzo – affetto da una grave paralisi cerebrale – aveva una “sensibilità emotiva particolarmente sviluppata” ed aveva perciò sentito la totale assenza del padre in modo particolarmente acuto.
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Il divorzio come predisposizione ereditaria? E’ un’ipotesi emersa da uno studio condotto da due università – la Virginia Commonwealth University, di Richmond, e la svedese Università di Lund – e pubblicato sulla rivista Psychological Science. Gli studiosi si sono chiesti se la maggiore frequenza di divorzi tra i figli dei divorziati (una costante già nota) fosse ascrivibile a fattori di natura psicologica, sociologica, ambientale o non vi fosse un vero e proprio “gene del divorzio”. Così hanno preso in esame tre gruppi di figli adottati, quindi con un bagaglio del DNA diverso da quello dei genitori adottivi. Il risultato delle indagini ha mostrato che i figli adottivi tendono a divorziare di più quando anche i genitori biologici hanno vissuto l’esperienza del divorzio che non quando il divorzio ha riguardato i genitori adottivi. Questo dimostrerebbe un’influenza genetica sulla probabilità di incorrere in un divorzio.
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Padre-padrone fino al punto di ordinare al figlio di uccidere la sorella. Lo aveva deciso il boss mafioso di Bagheria Pino Scaduto, per lavare l’onta della relazione extraconiugale che la ragazza – da tempo in rotta con la famiglia – aveva allacciato con uno “sbirro”, un maresciallo dei carabinieri. Dal carcere dove si trovava, Scaduto aveva fatto giungere al figlio Paolo l’ordine: uccidere lei e l’amante. Ma il figlio si era ribellato: “Il padre sei tu, fallo tu. Mi devo consumare io a trent’anni? Consumati tu”. L’ordine era stato impartito otto anni fa e mai eseguito, ma ora il boss è stato scarcerato e gli inquirenti hanno temuto che l’uomo potesse dare esecuzione personalmente al proposito. Così è stato emesso un ordine di custodia cautelare nei suoi confronti. Forse anche le ferree regole della mafia cominciano a vacillare. E i figli a disubbidire ai padri-boss.
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I papà spopolano nella moda, un campo nel quale sono sempre più numerosi i brand che puntano sull’immagine padre-figlio. Lo fa rilevare il settimanale D – la Repubblica delle donne nel numero del 4 novembre scorso, citando come esempi “eccellenti” Demna Gvasalia, che per la sfilata uomo p/e 2018 di Balenciaga ha fatto sfilare una serie di modelli con prole, e il famoso marchio svedese Acne Studios, che per la campagna pubblicitaria di questo autunno/inverno si è affidato a due padri afroamaricani – Kaleb e Kordale – che vivono ad Atlanta, USA, e ai loro quatro figli. A quanto pare questi modelli non sono bravi solo a sfilare. Lo sono anche ad occuparsi dei propri bambini…
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Che le difficoltà relative alla procreazione aumentassero con l’età era cosa nota da molti anni. Ma mentre un tempo si insisteva sulla diminuzione della fertilità femminile, oggi l’attenzione si concentra piuttosto sull’età del padre. Gli ultimi studi in materia, effettuati nel Regno Unito (dove nel 2015 i neo-padri con più di 40 anni erano il 15%) hanno evidenziato che i padri ultraquarantenni hanno una probabilità doppia di mettere al mondo bambini con forme di autismo e schizofrenia, o con disturbi dell’ apprendimento. Uno studio condotto sui figli in un campione di 2,6 milioni di papà svedesi ha rilevato che il rischio di malattie mentali e di cattivo rendimento scolastico era più elevato tra i nati quando i padri erano più anziani rispetto ai fratelli concepiti in anni precedenti.