Non accennano a diminuire i casi di denunce di abusi sessuali sui figli che si rivelano poi inesistenti, sia quelle dovute a errate interpretazione da parte dei servizi sociali (in buona fede, ci si augura) sia quelle formulate strumentalmente da un genitore – quasi sempre la madre – durante la separazione per ottenere l’allontanamento dei figli dall’ex partner. Un esempio del primo caso quello dei genitori che per sei anni non hanno potuto vedere i loro figli – di due e otto anni quando ebbe inizio la vicenda ed entrambi affetti da una grave malformazione – perché accusati di maltrattamenti e abusi sessuali nei loro confronti. La denuncia era partita dall’operatore di una comunità di minori. Il Tribunale di Monza li ha assolti, lo scorso novembre, con formula piena (la Procura ne aveva chiesto l’assoluzione con formula dubitativa). “Hanno distrutto un’intera famiglia, nonni e zii compresi” – ha commentato il difensore del padre, l’avv. Maurizio Bono – “accusandola di aver violentato e costretto a riti satanici i bambini”.
Un esempio – anch’esso recente – del secondo caso quello dell’ex portiere di calcio Matteo Sereni. Accusato nel 2010 dalla moglie separata di aver abusato dei figli – una bambina di quattro anni e un bambino di otto – l’uomo, da allora, ha solo potuto parlare con i figli una volta alla settimana, sempre con la ex moglie vicina ai figli. Fino a quando i giudici del Tribunale di Torino non lo hanno dichiarato innocente e archiviato il procedimento, dopo aver ritenuto che i due bambini fossero stati ascoltati “in più occasioni con modalità inappropriate, con domande incalzanti e suggestive” sia dalla madre e dalla nonna materna, sia dai vari consulenti tecnici che si sono susseguiti nel processo. Talmente “incalzanti e suggestive” da indurre, osservano i difensori di Sereni, “falsi ricordi”. L’ex portiere di Lazio, Torino e Sampdoria ha rischiato davvero: il Tribunale di Tempio Pausania (Sassari) lo aveva condannato a tre anni e sei mesi, con sentenza annullata dalla Corte d’Appello che aveva rinviato gli atti al Tribunale di Torino competente per territorio.
Fatti come questi – purtroppo frequenti – lasciano l’amaro in bocca e suscitano numerose riflessioni. Sulla professionalità ed esperienza di certi operatori, assistenti sociali, psicologi…; sul mostruoso egoismo che può animare un genitore che decide scientemente di ricorrere alla menzogna pur di vendicarsi, sulle spalle dei figli. Paradossalmente, il ripetersi di questi episodi un effetto positivo l’ha avuto: quello di mettere in stato di allerta i giudici, ormai consapevoli che molto spesso le denunce di abusi sessuali – specie se in fase di separazione – sono puramente strumentali e scaturiscono da spirito di vendetta e desiderio di cancellare l’altro genitore dalla vita dei figli. Purtroppo, come si è visto, anche questa consapevolezza non basta. E non basterà fino a quando la legge non consentirà di punire con ben altra severità i responsabili di questa forma odiosa e particolarmente grave di diffamazione.