Elena Massaro: il bambino torna con lei
I giudici della Corte d’Appello hanno accolto il ricorso di Elena Massaro, la mamma di Ostia (Roma) al centro di una annosa disputa per l’affidamento del figlio, e hanno disposto che il bambino, di dieci anni, torni a vivere con lei. Il Tribunale per i minorenni di Roma aveva invece deciso che il ragazzino vivesse con il padre sotto il controllo di un assistente, avendo riscontrato una PAS, sindrome di alienazione parentale, attuata dalla donna. Così Antonella Veltri, presidente di D.i.Re Donne in Rete contro la violenza, ha commentato la sentenza “Una sentenza che dà fiducia e conforta le donne che si rivolgono alla giustizia. La PAS, inaccettabile e inesistente strumento utilizzato illegittimamente e di frequente nei tribunali italiani, non è stata presa in considerazione ed è stato assecondato il volere del bambino”. La vicenda era stata oggetto dell’Editoriale nello scorso numero di ISP notizie (“Un bambino strappato alla madre? Il caso di Elena Massaro”).
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Giappone: papà “punito” per il congedo parentale
Le forme di ostruzionismo e boicottaggio che colpiscono molto spesso i padri che decidono di prendere il congedo parentale non sono proprie solo del nostro Paese. In Giappone, un uomo di 38 ani dipendente della Asics, che produce articoli sportivi, ha preso il congedo per un anno, ma al suo ritorno è stato retrocesso a un ruolo inferiore a quello che aveva in precedenza, con l’accusa di “non aver pensato alla squadra”. L’uomo ha fatto causa all’azienda. In Giappone solo il 6% degli uomini usufruiscono del congedo parentale.
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Genitori invadenti
Genitori sempre più invadenti. Ora le mamme non si limitano ai gruppi chat quando hanno i figli alle elementari o alle medie, ma perfino quando i pargoli sono… all’università. Lo ha riferito al quotidiano di Trieste Il Piccolo l’ex rettore della Università di quella città, Maurizio Fermeglia. Madri di neo-iscritti di Giurisprudenza e Medicina hanno creato gruppi su WhatsApp per controllare l’attività dei figli (e della Università). C’è la madre che si lamenta per la eccessiva severità del docente e quella che segnala che nell’aula dove si trova la figlia “fa troppo freddo”. La notizia è stata confermata da alcuni studenti: le loro mamme avevano il gruppo quando loro erano liceali e hanno deciso di mantenerlo all’università. Della serie: come impedire ai figli di crescere…
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Congedo di paternità
Cinque settimane di permesso obbligatorio (e retribuito) per i papà alla nascita di un figlio? Obiettivo impensabile fino a pochi anni fa (nel 2008, in occasione del convegno per il 20/mo anniversario dell’I.S.P., l’Istituto avviò una campagna con il proposito di “strappare” tre giorni alla nascita) ma che è allo studio del Governo, il quale insedierà a breve una apposita commissione per studiare le nuove norme e la copertura economica. Come è noto, l’Italia si è intanto adeguata alle recenti disposizioni europee che prevedono un minimo di sette giorni per il congedo paterno. In Italia la percentuale dei padri che usufruiscono del congedo alla nascita è piuttosto bassa (il 18,4%), ma segna un costante incremento negli anni.
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Abusi sessuali sulle figlie
Una vicenda che sembra uscita da una fantasia malata e perversa, e che invece è realtà: due mamme – una residente a Terni, l’altra a Reggio Emilia – sono state arrestate con l’accusa di abusi sessuali sulle due figlie, entrambe minori di dieci anni. Non solo commettevano le violenze, ma ne diffondevano le immagini in rete, su social network pedofili. Con le stesse accuse è stato arrestato un quarantenne di Grosseto, padre di una delle due bambine e compagno della donna di Terni, che avrebbe abusato della figlia in almeno tre occasioni. Ma quello che più appare sconvolgente sono le parole scritte dal GIP di Firenze, Agnese di Girolamo, nell’ ordinanza di custodia cautelare: “Da una chat tra i due emerge come assolutamente verosimile” che la gravidanza sia stata voluta “con il preciso intento di realizzare le fantasie sessuali condivise”.
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Fino a quando mantenere un figlio?
E’ giusto che un padre continui a contribuire al mantenimento di una figlia trentaquattrenne? Su casi del genere la giurisprudenza è stata piuttosto ondivaga, ma nel caso di specie il Tribunale di Ivrea non ha avuto dubbi e ha risposto “no”. Nel 2009, dopo la separazione dalla moglie, Davide Meloni era stato obbligato dal Tribunale di Cagliari a corrispondere alla figlia 250 euro al mese. Nel 2012 aveva cessato di versare l’assegno e la figlia lo aveva prima denunciato, poi si era costituita parte civile nel processo. Ora la giudice Elena Stoppini, in considerazione del fatto che la ditta dove l’uomo aveva lavorato per 32 anni è fallita e l’uomo si trova in difficoltà economiche, che la figlia, a partire dal 2017, ha un lavoro saltuario e convive con una compagna dividendo le spese di casa ed è in un’età in cui “può lavorare”, ha assolto Meloni, che rischiava fino ad un anno di carcere per non aver adempiuto all’obbligo di versare l’assegno.