di Francesco Bulli, Marco Cenerini, Tommaso Fanzone, Paolo Dirindelli *
La nascita è un evento che da sempre siamo stati abituati a considerare quasi esclusivo del genere femminile. E così anche i gruppi di accompagnamento alla nascita sono principalmente nati allo scopo di essere di beneficio per le future mamme e sono divenuti ormai un punto di riferimento consolidato per le donne in gravidanza. Nell’ultimo decennio si è assistito a un progressivo coinvolgimento dei futuri padri negli incontri dedicati agli aspetti relativi alla genitorialità, all’accudimento, oltre che al sostegno della compagna durante il travaglio ed il parto.
Da cinque anni, presso il Centro Nascita “La Margherita” dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Careggi di Firenze, è attivo un servizio di accompagnamento alla paternità, coordinato dal Dott. Mario Landi, che prevede cicli di incontri, declinati esclusivamente al maschile, per una condivisione delle rappresentazioni paterne in gravidanza e nel periodo perinatale. Ogni ciclo prevede quattro incontri preparto, il primo dei quali rivolto alle coppie, e tre rivolti ai soli uomini. Le tematiche affrontate sono i cambiamenti del rapporto di coppia, le prospettive dei futuri padri per quanto riguarda l’investimento affettivo, le prime dinamiche relazionali con il bimbo (a partire da quelle mediate dalla pancia della partner), il ruolo paterno, il significato e gli aspetti emotivi della partecipazione al parto e alle prime ore di vita del figlio. La partecipazione ai gruppi per soli padri è volontaria.
Abbiamo incontrato futuri padri particolarmente motivati alla partecipazione e fortemente responsabilizzati rispetto al loro ruolo. Questo può essere ricondotto al fatto che gran parte degli uomini che afferiscono al servizio sono i compagni delle gestanti che seguono i corsi di accompagnamento alla nascita, quindi ipotizziamo particolarmente sensibilizzati ai temi trattati, mentre una piccola percentuale è composta da padri in attesa arrivati al servizio attraverso altri canali.
L’approccio adottato è stato quello di favorire l’ascolto reciproco, ben lungi dall’offrire un approccio manualizzato alla genitorialità. Nella nostra esperienza, il quadro che emerge è quello di una figura paterna dai contorni sfumati, e non potrebbe essere altrimenti in conseguenza della crisi “maschile” che sta attraversando la nostra cultura. Tra le molte sfumature, su cui ci siamo soffermati durante gli incontri, riteniamo centrale il contatto sincero con il proprio mondo emotivo e affettivo che abbiamo colto nei partecipanti agli incontri, seppur i “nostri” padri fatichino ancora ad integrare questo aspetto con la presenza di un modello paterno che, per quanto appartenente al passato e invalidato culturalmente, risulta presente nella loro esperienza di figli. È opportuno ricordare che i padri che hanno partecipato ai nostri gruppi rappresentano un campione selezionato e pertanto poco rappresentativo dell’universo dei padri in attesa del figlio.
In questo articolo presentiamo i dati di una ricerca volta a indagare i vissuti emotivi e a descrivere le rappresentazioni paterne in gravidanza. A un gruppo di 96 futuri padri, che hanno partecipato ai nostri gruppi nel periodo 2008- 2011, è stato consegnato un questionario che è un adattamento dell’intervista semistrutturata IRPAG di Ammaniti, a cui abbiamo aggiunto una parte relativa alla sala parto. I padri del campione hanno un’età media di 36 anni e, al momento della compilazione del questionario, si trovano alla 30esima settimana di gravidanza. Nel 60% dei casi la gravidanza era stata programmata.
Rispetto alla notizia della gravidanza, oltre il 70% dei futuri padri ha dichiarato di essersi sentito felice, mentre il 20% ha espresso sentimenti di confusione. La totalità dei padri riferisce che la partner rende loro partecipi degli avvenimenti che caratterizzano la gravidanza e solo il 16.7% parla “poco” o “per niente” con la partner del figlio che sta per nascere. Oltre la metà dei futuri padri (59.4%) riferisce un cambiamento di vita durante la gravidanza, mentre il cambiamento nel rapporto di coppia è riportato da una percentuale inferiore (45.6%), ma comunque consistente, di padri. La maggior parte dei padri riconosce l’insostituibilità delle cure materne nei primi tre mesi del figlio e sottolinea l’importanza degli affetti e dell’accudimento, anche materiale. Minore importanza è attribuita al clima sereno in famiglia (27%) e all’armonia di coppia (7.3%). A una domanda aperta relativamente a quali siano i compiti del padre nei primi tre mesi, il 75% dei futuri padri considera prioritario il sostegno alla partner e alla diade madre-bambino, mentre soltanto uno su tre fa riferimento al prendersi cura del figlio direttamente e in prima persona. Il 90% del campione di futuri padri vuole partecipare alla nascita del proprio figlio e la scelta di essere presente in sala parto è nella maggior parte dei casi personale; solo nel 20% dei casi tale scelta è funzione della richiesta esplicita da parte della compagna. In sala parto la maggior parte dei “nostri” padri teme di impressionarsi (60%) e di essere impreparato (70%).
I dati riportati e l’esperienza maturata in questi anni ci permette di affermare che i futuri padri mostrano di aver creato uno spazio mentale per accogliere il figlio in arrivo. Si tratta di padri che si confrontano con la loro partner relativamente alle tematiche della gravidanza e che vedono cambiare positivamente le loro vite con l’attesa di un figlio. Sono consapevoli della loro importanza nel sostegno alla diade madre-bambino sia in sala parto sia nei primi mesi dopo la nascita, appaiono consapevoli della scelta fatta ed esprimono vissuti e attese positive rispetto alla paternità.
* psicologi del Gruppo Accompagnamento Paternità. Careggi (Firenze)