L’8 novembre scorso l’I.S.P. è stato invitato dalla Commissione Giustizia del Senato ad una audizione in merito al ddl 957 (“Modifiche al codice civile e al codice di procedura civile in materia di affidamento condiviso”) e al ddl 2454 (“Nuove norme sull’affidamento condiviso dei figli di genitori separati”). A rappresentare l’Istituto si sono recati al Senato il presidente dell’I.S.P., dott. Maurizio Quilici, e il vicepresidente, prof. Massimo Corsale. Al termine dell’audizione il presidente della Commissione, on. Filippo Berselli ha invitato Quilici – che aveva parlato sulla base di una semplice “scaletta” – a inviare al Senato il testo completo del suo intervento e di quello di Corsale.
Quilici ha illustrato la posizione dell’Istituto così come era emersa dalla riunione del Consiglio Direttivo dell’ISP – allargato agli avvocati – che il 22 febbraio 2011 era stato convocato proprio per dibattere sul ddl 957 (di cui il 2454 è praticamente un aggiornamento) e per esprimere una posizione comune. In quella occasione si erano confrontate, come è naturale, posizioni talora diverse, che tuttavia si erano composte in un documento finale In particolare, Quilici ha ricordato come vi sia stato un acceso dibattito sul significato da dare all’avverbio “pariteticamente”. Il termine è stato interpretato come identità di tempi e ha suscitato molte polemiche. In una intervista, Marino Maglietta, presidente dell’associazione Crescere Insieme, ispiratrice del ddl 957, ha precisato che con quel termine non si intende una divisione “con il bilancino”, ma una tendenziale equità di tempi. Premesso che l’ISP ritiene importante e necessaria una sostanziale (non matematica, appunto) parità di tempi, Quilici ha obiettato che se l’avverbio indica solo un auspicio di approssimazione, l’espressione “in modo equilibrato e continuativo” contenuta nella Legge 54 del 2006 era sufficiente ad esprimere il concetto. Comunque, l’interpretazione rigida di “pariteticamente” ha trovato contrari tutti i giuristi presenti, secondo i quali è indispensabile che il giudice possa decidere in base alle circostanze, mentre sociologi e psicologi non erano tendenzialmente contrari ad una parità di tempi. Tutti sono stati d’accordo perché ai nonni sia consentito di mantenere un rapporto con i nipoti, ma contrari a che questo possa avvenire nel corso del giudizio di separazione (circostanza non ben chiarita dal testo del ddl). Sulla necessità di tener conto della “capacità di ciascun genitore di rispettare la figura e il ruolo dell’altro”, viene apprezzato il principio, ma ci si chiede come sia possibile valutare in concreto tale capacità. Anche l’ipotesi del “domicilio presso entrambi” ha suscitato perplessità, specialmente da parte degli avvocati. Concorde invece il giudizio negativo dell’ISP sul mantenimento dei figli “in forma diretta e per capitoli di spesa”. Il sistema è stato definito “farraginoso” e considerato fomite di liti (d’accordo invece sull’obbligo di rendicontazione periodico da parte del genitore che riceve l’assegno per i figli minori).
La scomparsa del riferimento al tenore di vita precedentemente tenuto dal figlio è stata giudicata negativamente dal CD dell’Istituto, secondo il quale la nuova formula va “a vantaggio dei molto ricchi”; parere contrario ha espresso il Presidente, secondo il quale la formula del mantenimento del precedente tenore di vita (che ha definito un “paradosso” e un'”incongruenza” dato che la separazione provoca un automatico impoverimento delle due parti, soprattutto di quella che deve lasciare la casa familiare) è all’origine di molti casi di povertà dei padri e ha aggiunto che se in qualche caso favorirà i “molto ricchi”, aiuterà più spesso i “molto poveri” o destinati a divenire tali.
Sulla titolarità dell’assegno perequativo (o di quelli versati da entrambi i genitori a favore del figlio) da parte del figlio maggiorenne il CD dell’ISP ha espresso parere negativo.
Laddove si afferma che “il giudice può disporre che il minore sia sentito con audizione protetta”, si ritiene che la formula potesse essere ancora più cogente nei confronti del giudice (ovvero: il minore deve essere ascoltato con audizione protetta). Per alcuni, l’idea è giusta, ma non ci sono le necessarie strutture. Anche l’ordinanza del giudice istruttore “impugna bile dalle parti con reclamo al collegio” è considerata in positivo (si osserva anche che in alcuni Tribunali è già ammesso, ma che andrebbe spiegato meglio).
Accordo generale sulla obbligatorietà di un percorso informativo che illustri le potenzialità della Mediazione Familiare. Il prof. Corsale, dal canto suo, ha osservato fra l’altro, nel suo intervento, che “il boicottaggio della relazione padre-figli da parte della madri separate spesso è la continuazione aggravata di un comportamento sistematicamente attuato durante la precedente convivenza, teso a sminuire o addirittura a screditare la figura paterna. Questo andrebbe stigmatizzato legalmente come trasgressione dell’obbligo legale, assunto all’atto del matrimonio; di ‘onorare’ l’altro coniuge, e colpito giuridicamente (in occasione di verosimili nuovi interventi legislativi in materia di affido) con conseguenze negative per il coniuge in difetto: per esempio con l’esclusione, in caso di separazione, dalla possibilità di essere ‘collocatario’ dei figli minorenni (e quindi anche dall’assegnazione della casa coniugale). L’insistenza in tali comportamenti dopo la separazione dovrebbe essere materia di intervento da parte di mediatori familiari e, all’occorrenza, anche del giudice tutelare”.