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Assegno divorzile: si cambia di nuovo!


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Speriamo che la Cassazione (questa volta a Sezioni Unite) abbia risolto definitivamente la controversa questione dell’assegno divorzile. Una questione intoccata per una trentina d’ani, con l’orientamento fondato sulla inadeguatezza dei mezzi del coniuge e sul criterio del “precedente tenore di vita” (orientamento giudicato ingiusto e anacronistico da questo Istituto), poi “rivoluzionato” con la famosa sentenza Grilli, la n. 11504 del 2017 con la quale i giudici di Cassazione avevano ritenuto non più attuale il criterio del precedente tenore di vita, puntando sulla non autosufficienza economica della parte e sulla difficoltà di procurarsi tale sufficienza economica quali criteri preliminari per la concessione.

Questa sentenza aveva provocato un ampio dibattito in sede giuridica (se ne è parlato anche in questo Notiziario) e i giudici di merito si erano in qualche modo divisi, talvolta rifacendosi ai nuovi criteri, talaltra no. Ora, con la sentenza n. 18287 depositata l’11 luglio scorso, la suprema corte – come abbiamo detto a Sezioni Unite – detta nuovi principi. Non è facile riassumere in breve i criteri, le deduzioni, i riferimenti giuridici che hanno condotto alla nuova pronuncia. Diciamo che la Corte ha assunto un criterio “composito” riconoscendo all’assegno non solo una funzione “assistenziale” (come era stato per decenni), ma anche una funzione “compensativa” e “perequativa”. In altre parole, l’assegno dovrà dare “particolare rilievo” – è detto nel comunicato stampa diffuso dopo la sentenza – “al contributo fornito dall’ex coniuge richiedente alla formazione del patrimonio comune e personale, in relazione alla durata del matrimonio, alle potenzialità reddituali future ed all’età dell’avente diritto”. Insomma, non si torna al “tenore di vita” (e le Sezioni Unite riconoscono “condivisibile” la sentenza Grilli per la potenzialità dereponsabilizzante del “tenore di vita”), ma si precisano modalità e criteri, con un assunto di base che è sottolineato dai supremi giudici: la elasticità che si richiede a pronunce del genere per adeguarsi alle fattispecie concrete.

 

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