Approvato alla Camera il ddl che cambia i criteri dell’assegno divorzile. Forse – ma non è detto – dopo gli alti e bassi, le innovazioni, le precisazioni, i dietro-front del piano giudiziario (vedi le varie sentenze di Cassazione e di merito sul tema, a partire da quella famosa di Grilli-Lowenstein) sul piano legislativo ci sarà chiarezza. Anche se come sappiamo, chiarezza non vuol dire uniformità di giudizi e la interpretazione della giurisprudenza potrà sempre “piegare” la legge.
Il testo della legge, presentato dall’on. Alessia Morani (PD) è stato approvato con 386 voti favorevoli e 19 astensioni. Nessuno ha votato contro. Una unanimità non frequente. Comunque andrà a finire (la legge dovrà ora passare al vaglio del Senato), vediamo i punti salienti del testo.
Anzitutto sembra definitivamente sancita la fine del criterio che rimandava al “precedente tenore di vita”, principio che più volte, anche in questo notiziario, avevamo definito illogico, ingiusto e anacronistico. Altro aspetto di grande rilevanza, esso potrà essere erogato per un periodo determinato, se così stabilirà il giudice in considerazione, per esempio, di fattori contingenti destinati ad attenuarsi o a scomparire nel tempo.
I nuovi criteri continueranno a prendere il via dalla situazione patrimoniale complessiva – reddito del richiedente e quello dell’ex – ma andranno presi in considerazione molti altri elementi: la durata del matrimonio, l’età del richiedente, il contributo dato alla crescita dell’altro coniuge (umana e sociale, economica e professionale),ì e allo sviluppo dei figli, la abilità o meno al lavoro. Quello che viene meno è, come si è detto, il famoso principio che legava l’entità dell’assegno al mantenimento del “tenore di vita” precedente. La legge prevede anche che l’assegno eventualmente erogato sia revocato nel caso in cui colui o colei che lo riceve contragga nuovo matrimonio o unione civile o conviva stabilmente.
Diverse le reazioni dei giuristi. Per Gian Ettore Gassani, Presidente dell’AMI (Associazione Matrimonialisti Italiani) il testo approvato alla Camera attua “una rivoluzione copernicana”, con riflessi “non solo giuridici ma culturali”, adeguandosi peraltro “a quasi tutti gli ordinamenti degli altri paesi europei nei quali l’assegno divorzile è quasi del tutto uscito di scena”. Esso “tende ad attribuire un significato diverso all’istituto del matrimonio, che non può essere più considerato come l’automatico raggiungimento di una sicurezza economica a vita”.
Critico invece l’avv. Alessandro Simeone, del comitato scientifico del Familiarista, secondo il quale il testo “lascia ampia discrezionalità ai giudici, che hanno ampio spazio di manovra nel valutare i parametri”. Per Simeone “si rischia di tornare indietro, per cui, magari, la stessa situazione a Roma sarà trattata diversamente da come lo potrebbe essere a Milano”. Timore, quello espresso dal legale, tutt’altro che peregrino, come ci insegna l’esperienza della Legge 54/2006 e della sua applicazione. Tuttavia l’esperienza ci insegna anche che cercare di “blindare” le leggi per ridurre il margine interpretativo dei giudici (ridurre, non annullare, che sarebbe grave e incostituzionale) non riesce a raggiungere l’obiettivo prefissato dal legislatore.