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Figli di due papà nati all’estero: no della Cassazione alla trascrizione


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Non è possibile trascrivere all’anagrafe l’atto di filiazione di un bambino concepito all’estero tramite il cosiddetto “utero in affitto” – anche se questo è riconosciuto nel paese straniero – se non c’è alcun rapporto biologico fra uno dei genitori e il bambino. Lo ha stabilito la Cassazione, accogliendo il ricorso del procuratore generale di Trento al quale si erano affiancati il sindaco della città, il PD Alessandro Andreatta, e il Ministero dell’Interno.

Il caso è nato da una coppia omossessuale di Trento, due uomini sposati e divenuti padri di due bambini in Canada grazie a due donne, una delle quali aveva fornito gli ovociti e l’altra aveva condotto la gravidanza. I due padri avevano chiesto la trascrizione in Italia dell’atto, nel quale era stata riconosciuta la cogenitorialità del padre che non aveva legame biologico con i minori. La Corte d’Appello di Trento aveva acconsentito, basandosi sull’interesse del minore alla conservazione dello status di figlio. Ma la Cassazione ha detto “no” facendo riferimento alla Legge 40 del 2004 che vieta in Italia la surrogazione di maternità. Inoltre, essa ha ricordato che la coppia potrà sempre ricorrere all’”adozione in casi particolari”.

I giudici hanno anche precisato cosa distingue questo caso dai precedenti nei quali la stessa Corte aveva consentito il riconoscimento di bambini nati all’estero da due madri sposate nel paese della nascita. In quei casi – hanno spiegato – i bambini erano legati da un rapporto biologico con ciascuna delle due donne, poiché una aveva fornito gli ovuli per il concepimento mediante procreazione medicalmente assistita e l’altra aveva portato avanti la gravidanza e partorito. Diverso il caso della coppia di Trento, dove i due bambini hanno un rapporto biologico solo con uno dei padri, quello che ha fornito i gameti. Nessun accenno è stato fatto alla condizione omosessuale della coppia, ma la Cassazione ha tenuto a precisare di aver voluto tutelare “la dignità umana della gestante e l’istituto dell’adozione”.

Per il legale della coppia, Alexander Schuster, la Corte ha inquadrato correttamente il problema “prescindendo da sesso e orientamento sessuale”; tuttavia egli ha obiettato che l’adozione in casi particolari “non pone il minore nella stessa posizione in cui si trova un figlio riconosciuto o trascritto”, aggiungendo che, a suo avviso, sarebbe possibile ricorrere alla Corte Europea “con alta probabilità di successo”.

Per restare in tema, pochi giorni dopo il Tribunale di Bari ha ritenuto valida la trascrizione dell’atto di nascita di un bambino nato dall’unione di due donne, un’inglese e un’italiana, fatta circa due anni fa e oggetto di un contenzioso legale. Anche in questo caso si era opposto il Viminale, secondo il quale la cittadinanza italiana si acquista solo “iure sanguinis, per nascita da padre o da madre cittadini italiani”. Il Tribunale ha posto fine alla vicenda dichiarando l’estinzione del procedimento (e considerando quindi valida la trascrizione) e ritenendo che il Ministero dell’Interno non possa considerarsi “legittimato alla rettificazione degli atti dello stato civile”.

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