Vincenzo Spavone,
Quando eravamo genitori fantasma,
Lib&Res, Milano 2014,
pp.198, senza indicazione di prezzo.
Vincenzo Spavone, presidente della Gesef (Genitori separati dai figli) è ormai una delle figure “storiche” nell’universo delle associazioni di padri (e di genitori) separati. Anima dell’associazione assieme a Elvia Ficarra, ha raccolto in un libro la storia italiana dei padri (e dei genitori) separati dai figli, vista attraverso le associazioni che si sono succedute e le principali tappe legislative sulla materia “famiglia”.
Il libro, che abbonda di foto relative alla vita della Gesef, ha alcune prolissità (di sicuro interesse per i diretti interessati) e mostra qualche eccesso di autoreferenzialità, peccato veniale che forse chiunque al suo posto avrebbe commesso. C’è anche qualche inesattezza storica, specie per alcune “primogeniture”, inesattezze che Spavone avrebbe potuto evitare se solo avesse consultato l’I.S.P. (che fra altro avrebbe potuto mettergli a disposizione un abbondante materiale di archivio, relativo proprio ai primi passi delle associazioni di settore).
L’I.S.P. è citato; apre anzi il capitolo 4 dedicato alle “associazioni delle origini”, assieme ad una foto del libro Storia della paternità, di Maurizio Quilici. Sono riportati alcuni stralci dell’art. 1 dello Statuto del 1988. La citazione si conclude con l’osservazione: “Sebbene l’ISP abbia rappresentato per molti l’iniziale punto di riferimento, si è sempre caratterizzato come centro studi e non è mai stato presente nelle manifestazioni di piazza”. Affermazione sostanzialmente – ma non del tutto – esatta. Ci sono stati alcuni casi nei quali anche l’Istituto di studi sulla paternità è “sceso in piazza”. Ne ricorderemo uno solo: il banco allestito davanti al Ministero di Grazia e Giustizia (e contemporaneamente dalla Sezione Toscana a Firenze) per la raccolta di firme a favore di Osvaldo Costa, un socio dell’Istituto che era stato estradato come un criminale e rinchiuso nel carcere di Pensacola, in Florida, per aver portato illecitamente in Italia i figli avuti dalla moglie americana, sottufficiale della Marina americana. Costa fu poi assolto, mentre la moglie si riprese con l’inganno i bambini, tornò negli USA a bordo di un aereo militare americano – nonostante il divieto dei giudici italiani – e qui fece perdere le sue tracce: il caso fu ampiamente seguito dai media e creò non pochi grattacapi all’allora Ministro della Giustizia, Vassalli, che aveva firmato l’estradizione di Costa.
Fra le altre imprecisioni ve ne sono almeno due che è doveroso correggere: a pag. 22 del libro di Spavone è scritto che “nel ’94 Crescere Insieme aveva presentato la prima proposta di legge sulla riforma dell’art. 155”. In realtà quella proposta – come risulta in atti – fu presentata congiuntamente dall’I.S.P. e da Crescere Insieme, che aveva da poco visto la luce con la presidenza di Marino Maglietta, già fiduciario della Sezione toscana dell’I.S.P.
L’altra riguarda il termine “bigenitorialità” che – è scritto nel libro – fu “coniato da Spavone nel 1997”. Ora, il 12 giugno 1993 a Firenze, durante il convegno dal titolo “La legge e la famiglia. Quali prospettive per i figli dei separati”, organizzato dall’APS (Associazione Padri Separati) e dalla Sezione toscana dell’I.S.P., venne presentata una bozza di decreto legge elaborato dalla stessa Sezione e da alcuni iscritti I.S.P. della Lombardia . Nella bozza “si enunciava, forse per la prima volta, il principio della bigenitorialità, cosa che a quei tempi lasciava fortemente scettici molti, a cominciare dai giudici e dagli avvocati, tanto che nell’Assemblea della Sezione toscana I.S.P. del 22 ottobre 1993, si ritenne opportuno ribadire all’unanimità che ‘il diritto alla bigenitorialità è un diritto del minore e come tale indisponibile salvo gravi motivi” (dal verbale di Assemblea, cit. in Quilici, Storia della paternità, Fazi Editore, p. 504).
A parte queste sviste (che certamente Spavone correggerà nella prossima edizione che gli auguriamo), il libro viene opportunamente a ricordare un po’ di storia (e di cronaca) del variegato mondo delle associazioni di padri e di genitori, occupando uno spazio finora trascurato. E al suo Autore vanno riconosciuti un grande entusiasmo e spirito di iniziativa, molta fantasia, pari abilità mediatica e di relazione. Doti che indubbiamente sono servite a dare visibilità non solo alla Gesef, ma a quello che, con termine ampio, viene definito il “Movimento dei padri”.
Bruno de Filippis,
E’ caduto il muro tra Chiesa e divorziati?
Pacini Editore, Ospedaletto (PI), 2016,
pp. 196, € 18,00
Il primo documento citato nel libro è una lettera inviata al settimanale Famiglia Cristiana nel novembre 1995. Una lettera che comincia così: “La Chiesa, nata nel solco del messaggio del perdono, non perdona coloro i quali rinunciano all’ipocrisia di un rapporto matrimoniale svuotato di contenuti e scelgono di donare se stessi in un nuovo rapporto d’amore. I violentatori e gli assassini possono essere perdonati, se solo promettono che non lo faranno più, e possono sfilare tra i fedeli che si recano a ricevere i sacarmenti, i divorziati risposati no, ne sono esclusi e vengono additati alla comunità come peccatori”.
L’ultimo documento citato è invece la relazione finale del Sinodo dei vescovi svoltosi dal 4 al 25 ottobre 2015 e nel quale fu ribadito che i divorziati risposati non erano il tema centrale dei lavori. In quel documento non ci furono rivoluzioni di sorta – come molti auspicavano – ma una cauta apertura la cui parola chiave era “discernimento”.
Tra questi due documenti intercorrono venti anni, un lungo periodo nel quale il tema dei divorziati risposati e del loro sofferto rapporto con la Chiesa ha provocato sofferenze, tristezza e rabbia in migliaia di credenti e ha creato problemi di coscienza a fedeli e sacerdoti. Il libro di de Filippis, magistrato, autore di numerosi testi di diritto di famiglia (i soci meno giovani di iscrizione ricorderanno una sua conferenza nella sede dell’I.S.P. e alcuni suoi articoli sul nostro notiziario) ripercorre questo ventennio con scrupolosa attenzione ai documenti e alle testimonianze, ma anche – e molto – ai sentimenti. Lo fa con l’occhio attento del giurista, abituato a sottilizzare non per il piacere accademico della disquisizione ma per avvicinarsi al “giusto” e al “vero”. E con il cuore di un uomo del suo tempo, aperto alle trasformazioni della società. Analizza dogmi e principi, posizioni ecclesiali e civili, contestazioni, contraddizioni e dubbi, non dimenticando la parte come sempre più debole – i figli, ai quali è dedicato un capitolo – e riflettendo sulle possibili conseguenze che l’atteggiamento verso i divorziati può indurre in bambini e ragazzi.
Critico quando serve, ma pronto ad apprezzare ogni apertura della Chiesa, de Filippis segue il cammino dei papi che si sono succeduti in questi venti anni e le loro posizioni su questo argomento. Con inevitabili riferimenti al diritto di famiglia laico (di cui difende i valori) e al diritto canonico (del quale sottolinea “l’immobilismo”).
A proposito del recente documento del sinodo, l’Autore parla di “cortina di non trasparenza, secondo un modo di esprimersi che sembra frutto di volontà contrapposte, tese a lasciare aperta la possibilità di differenti interpretazioni, avendo punti di partenza diversi”. Ora l’ultima parola spetterà al pontefice, “che potrà trasformare in decisioni conclusioni e consigli provenienti dall’Assemblea dei vescovi”.