Questa volta prendiamo in esame quattro doverosi “ripescaggi” (i nostri lettori sanno che questa Rubrica non vuole essere necessariamente legata alle pubblicazioni più recenti) in tema di paternità. Si tratta di un numero della Rivista di psicologia analitica interamente dedicato – come recita il titolo – a padri e paternità, del libro di uno psicoterapeuta che molto si dedica alla famiglia (sulla quale ha pubblicato altri saggi) e alla attività di formazione, di una simpatica – e non paradossale – “guida” all’allattamento per i papà e infine di un documentato (e opportuno) saggio sugli effetti della assenza del padre.
AA.VV.,
Padri e Paternità,
Rivista di psicologia analitica,
nuova serie n. 41. Vol. 93/2016.
Astrolabio-Ubaldini Editore, Roma 2016,
pp. 240, € 20,00
Il tema “paternità” è trattato attraverso 14 articoli che lo affrontano dalle angolazioni più diverse. Si va dal (Dio) Padre del filosofo Massimo Diana, fautore di un incontro tra religione, psicologia del profondo e filosofia, al padre che sostiene i desideri del figlio ma insieme gli insegna la capacità di darsi dei limiti. (Albini Bravo e Devescovi). Clementina Pavoni coglie un altro aspetto della funzione paterna: “la trasmissione della memoria attraverso il flusso delle generazioni”. E poi c’è la paternità affettiva (ma… “effettiva”) di Andrea Arrighi, che analizza la figura del padre nel cinema classico e in quello recente, le differenze di genere di Luigi Zoja, autore dell’ormai “classico” Il gesto di Ettore, la lunga conversazione di Barbara Massimilla con Cristina Comencini, figlia del regista Luigi, e quella di Stefano Carta con Emanuele Trevi. Non poteva mancare un riferimento a Lacan e alla “evaporazione del padre” (sua è l’espressione, poi abbondantemente ripresa, e risale al 1968). Impossibile elencare tutti contributi, come meriterebbero. Accenneremo solo al report di un incontro per i 50 anni dalla morte di Ernst Bernhard, con la partecipazione, fra gli altri, di Gad Lerner e Romano Màdera, e al dialogo con due papà omosessuali, genitori di due bambini, una femmina di dieci anni e un maschio di otto, nati in America da una madre “surrogata”.
Nicolò Terminio,
Siamo pronti per un figlio?
San Paolo, Cinisello Balsamo (MI) 2015,
pp. 104, € 13,00
Si tratta di un testo che sin dalla prima pagina manifesta il suo intento: “collocare la nascita della coppia nella ‘trama’ dei legami tra le generazioni”. E che, poco dopo, chiarisce l’approccio: “una sintesi pratica e concettuale dell’orientamento psicoanalitico lacaniano e del modello relazionale simbiotico”. Riferimenti culturali (e operativi) di Terminio sono pertanto Jacques Lacan, Eugenia Scabini e Vittorio Cigoli, Massimo Recalcati e Corrado Pontalti. Due scuole di pensiero tra le quali forse l’autore – per sua stessa ammissione – cerca di “inventare un rapporto”.
Diventare genitori non è uno scherzo, né sul piano concreto né su quello concettuale. Ed è proprio per questo che il momento effettivo della genitorialità è affrontato solo oltre la metà del libro. Perché per diventare padri e madri bisogna prima aver capito molte cose: il posto nella propria famiglia e le funzioni di questa, il desiderio dell’altro (bella la frase L’essere umano scopre se stesso negli occhi dell’altro, che è un po’ quanto scrive l’antropologo Marc Augé quando afferma che “l’identità si costruisce attraverso relazioni di alterità” e che “l’incontro con gli altri è, lungo tutto l’arco della vita, necessario alla costruzione e alla affermazione di sé”), il passaggio da Edipo a Narciso (e il necessario superamento di quest’ultima fase). E poi le “condizioni d’amore”, ossia quelle necessarie per potersi innamorare, e la composizione della coppia, difficile alchimia di cui è necessario conoscere i presupposti. Solo successivamente si potrà pensare di diventare genitori. E quindi di modificare insieme l’unità della coppia, e affrontare altri interrogativi e altri passaggi, come quello generazionale, che mette a confronto il nostro “essere genitore” con il nostro “essere figlio”. Così, in una logica successione di apprendimento e di analisi, si passa ai capitoli dell’accoglimento del bambino, della trasformazione della coppia coniugale in coppia genitoriale, della acquisizione di una nuova responsabilità, della relazione educativa, della assunzione di una autorità “autentica”. Il tutto in un quadro complessivo che andrebbe letto – e in qualche tratto spiegato – ai futuri genitori. Che ancora oggi, troppo spesso, divengono “genitori per caso” e ignorano i passaggi fondamentali di una trasformazione che modifica profondamente, e per sempre, il nostro vissuto.
Alessandro Volta – Ciro Capuano,
L’allattamento spiegato ai papà,
Il leone verde, Torino,
pp. 106, € 13,00
L’allattamento spiegato ai papà? Che ci azzecca? avrebbe esclamato l’ex magistrato di “Mani pulite” Di Pietro. E invece sì, visto che oggi – per fortuna – i padri sono molto più collaborativi di quelli di un tempo e l’allattamento è un’operazione per la quale la collaborazione e le conoscenze paterne sono un utile (e, si spera, gradito) contributo alle incombenze della madre. Senza contare che l’allattamento artificiale è compito anche dei papà. Ecco dunque questo piccolo manuale suddiviso in capitoletti e rivolto ad un padre immaginario, Andrea, scritto da due papà pediatri, entrambi ospedalieri e formatori di personale sanitario. Si comincia con lo spiegare come funziona l’allattamento, quali sono le posizioni giuste, quando e come allattare, per passare agli eventuali problemi (dell’allattamento e del seno), allo stile di vita e alla alimentazione necessari in questo periodo, alla sessualità, che è naturalmente condizionata – per motivi insieme ormonali e psicologici – dalla post-gravidanza e dall’allattamento. Non manca, saggiamente, un capitoletto dedicato ai nonni, anch’essi – come i padri – così cambiati negli ultimi decenni e oggi molto coinvolti nell’accudimento e nello sviluppo dei nipoti. Numerosi disegni di grande chiarezza illustrano e spiegano il testo, di simpatica e agevole lettura. Insomma, non ci sono più scuse: i “nuovi padri” possono essere nuovi anche in questo, nell’aiutare da vicino la mamma in un compito che fino a mezzo secolo fa era solo e rigorosamente materno. Oggi non più.
Stefano Parenti,
Fatherless. L’assenza del padre nella società contemporanea,
D’Ettoris Editori, Crotone 2016,
pp. 224, € 16,90
Uno specifico versante della paternità (uno fra i più rilevanti, articolati e discussi), quello della assenza, affrontato con competenza, chiarezza e profondità da uno psicologo e psicoterapeuta. I capitoli ne scandiscono i passaggi con apprezzabile suddivisione. Ad un primo, breve, sui dati statistici, segue un corposo capitolo sulle ricerche psicologiche, anch’esso diviso per temi specifici. Parenti valuta prima due filoni di ricerca generali, quello sulla omogenitorialità e quello sui fattori genetici. In merito al primo troviamo una identità di vedute con quanto abbiamo sempre sostenuto, ossia che tali ricerche sono poche e contraddittorie e soprattutto che “il fanatismo che accompagna la questione omosessuale rende difficile, anche tra gli specialisti, un giudizio oggettivo e non ideologico” (si veda, ad es. l’Editoriale “Genitori gay: perché non mi pronuncio” in ISP Notizie n. 1/2016). Quanto al secondo, l’Autore appare scettico nei confronti di quelle ricerche che sostengono un’origine ereditaria di certi comportamenti, come quella, statunitense e qui ben descritta, che ipotizza un’origine genetica – e non “ambientale” – nel fatto che i ragazzi cresciuti senza padre sperimentano il primo rapporto sessuale prima dei coetanei che hanno vissuto con il genitore. Da molti anni la polemica fra “ereditaristi” e “ambientalisti” infiamma numerose discipline; ma anche qui non possiamo che concordare con la visione, multifattoriale, di Parenti: “i fattori genetici svolgono un ruolo nel predisporre il comportamento, assieme ai fattori accidentali ed ambientali”.
Il capitolo che segue passa ad illustrare il contributo che al tema del libro hanno dato i clinici, ossia quegli psicoterapeuti, psicologi clinici, psichiatri che lavorano “sul campo” (ma che, naturalmente, elaborano anche teorie). Una bella occasione di ripasso, almeno per quanto riguarda Freud e Jung e magari anche Adler e Lacan; una opportunità per sapere di Rocco Quaglia – autorevole docente all’Università di Torino, ma che si può ipotizzare sconosciuto ai non addetti ai lavori – e von den Aardweg. Non mancano le posizioni di Ferliga, Recalcati e Risé e quelle, per l’approccio sistemico-relazionale alla famiglia, di Ackerman, Andolfi, Attili.
Parenti affronta poi un compito ambizioso, quello di tracciare il profilo del tipo psicologico dei “senza papà”. In senso relativo, s’intende, ossia individuando le caratteristiche “salienti e comuni” ma senza confini definiti. Insicurezza, sentimenti di inferiorità, vergogna, ribellione, conformismo sono gli elementi comuni e diffusi tra i “senza papà”. Il primo, l’insicurezza, è primo anche per importanza: è da essa che discendono tuti gli altri. Dopo aver formulato un’ipotesi eziologica (legata alle due transizioni critiche dell’infanzia e della pubertà e al fatto che il padre “introduce al mondo” e “introduce al mondo dei maschi) si affronta la… terapia: “Suggerimenti per il cambiamento”: dallo sviluppo dell’autocoscienza (riflettere su di sé) alla domanda “come mi sento”, alla quale si può rispondere a livello sensoriale, emotivo e cognitivo. Seguono altri strumenti, esercizi, percorsi per divenire “una creatura cosciente di sé” e ritrovare la sicurezza minata dall’assenza paterna.
L’ultimo capitolo consta di poche pagine. E ha per titolo “Cinque consigli alle madri sole con figli adolescenti”. Consigli accorati di chi di adolescenti ne ha visti molti. Il primo consiglio recita: “Non privarli del mondo maschile”.