Ignoravo, lo confesso, l’esistenza di un “Comitato madri unite contro la violenza”. L’ho scoperto leggendo un comunicato nel quale si dà notizia della sua costituzione. Il Comitato è composto – così spiega il comunicato – da madri “vittime di violenza istituzionale (già private o meno dei figli ma comunque minacciate di perderli, per essere condotti in case famiglia e/o affidati a padri violenti/abusanti/inadeguati/rifiutati dai figli)”. Nel testo si critica aspramente la magistratura (“procedimenti giudiziari (…) fuorviati completamente da risultanze di CTU basate sul costrutto ascientifico di Alienazione parentale”), le perizie d’ufficio, attraverso le quali “si mette in atto fin da subito una vera e propria vivisezione solo della madre e della famiglia materna (il padre e il suo contesto familiare scompaiono completamente dal procedimento)”, le relazioni dei servizi sociali, “superficiali quando non false ed omissive”, la Legge 54/2006, “sostanzialmente patriarcale in quanto antepone a tutto il concetto di bigenitorialità a tutti i costi così negando di fatto la centralità del legame materno come relazione primaria e fondamento di tutte le altre relazioni”.
Il comunicato, dal titolo “Noi madri siamo sotto feroce attacco nei tribunali” e articolato in 10 punti, non spiega a chi sia riferibile l’iniziativa, né dove sia nata; si limita a indicare un indirizzo mail per chiunque – singolo o associazione – voglia aderire al Comitato. Qualche notizia in più si ricava dalla pagina FB del Comitato stesso, costituitosi, si apprende, il 22 settembre 2019. La pagina raccoglie un buon numero di like e di commenti positivi, anche da parte di avvocatesse.
Tutto il testo è animato da una evidente e rabbiosa ostilità di parte, ma anche da uno scarso rispetto – ci sia consentito dirlo – per la realtà dei procedimenti giudiziari. Che nelle aule di tribunale ci siano delle storture è abbastanza evidente e che le perizie di ufficio o le relazioni dei servizi sociali siano a volte discutibili lo è altrettanto. Tuttavia, sostenere che questa “violenza istituzionale” sia rivolta solo ed esclusivamente contro le madri suona come una faziosa e apodittica presa di posizione e molto ci sarebbe da dire su ogni punto del comunicato.
Dispiace sempre quando in una materia così delicata e, diciamo pure, dolorosa, si perde di vista la oggettività e anziché cercare di risolvere gli inevitabili squilibri di genere che possono verificarsi nelle aule di tribunale (da una parte e dall’altra) con un approccio lucido e collaborativo si assumono posizioni di scontro frontale. La “guerra dei sessi” non ha mai portato a nulla di buono, né per i genitori né, soprattutto, per i figli. (M.Q.)