Un “piano genitoriale” con l’OK del Tribunale di Verona
Diminuire la conflittualità, ridurre i tempi di attesa, semplificare i passaggi burocratici. Sono questi gli obiettivi che si propone il “piano genitoriale” stilato da due ex coniugi e approvato dal Tribunale di Verona: una sorta di programma concordato (con la mediazione di psicologi) che regola vari aspetti della separazione: da quello religiose a quello sanitario, da quello scolastico a quello della frequentazione durante le festività. Autori del “piano” due genitori – entrambi medici e quarantenni – che con l’aiuto di due psicologi, definiti “coordinatori genitoriali”, hanno presentato al giudice un vero e proprio contratto di otto pagine nel quale ogni minimo aspetto del rapporto con i figli è preso in esame e concordato, compreso il fatto che i figli non dovranno mai “ricevere informazioni denigranti, squalificanti o alienanti o assistere a comportamenti negativi di un genitore nei confronti dell’altro”. Il Tribunale ha avallato il documento e il piano è entrato in vigore. Si è parlato con entusiasmo di “piccola rivoluzione”; ma sono “rivoluzioni” che già avvengono, magari non esattamente con queste modalità, quando i due genitori mostrano maturità, responsabilità e amore verso i figli.
I padri più anziani delle madri. Da sempre
Fin da quando l’uomo – almeno l’homo sapiens – è apparso sulla terra, circa 250 mila anni fa, gli uomini sono diventati padri ad un’età più avanzata rispetto alle madri. Lo hanno accertato alcuni genetisti dell’Università dell’Indiana, coordinati da Richard Wang, con una ricerca pubblicata su Science Advances. Identificando le mutazioni del DNA emerse nel corso della storia dell’uomo con un apposito software, essi sono riusciti a disegnare una mappa dell’età media di maschi e femmine nel corso della storia umana. Il risultato? 30,7 anni per gli uomini e 23, 2 per le donne. Oggi in Italia l’età media dei padri alla nascita del primo figlio è di quasi 36 anni, quella delle madri poco superiore a 32.
La voce della mamma? Importante fino a 13 anni
E’ nota l’importanza della voce materna in età infantile; assieme ad altre forme di comunicazione sociale (lo sguardo, il contatto, l’odore…) la voce costituisce un importante segnale che attiva varie aree cerebrali. Poi, però, fra i 13 e i 14 anni qualcosa cambia. Ce lo spiega lo studio di un gruppo di ricercatori della Stanford Universitry School of Medicine diretti dal neuroscienziato Vinon Menon. Gli studiosi hanno scoperto che prima di quell’età è la voce materna a stimolare certe regioni del cervello – come il nucleo accumbens e la corteccia prefrontale ventromediale – che attengono agli stimoli sociali e alla elaborazione delle emozioni. Ma dai 13 anni in poi sono invece le voci estranee, sconosciute a divenire più stimolanti. Questo cambiamento appare finalizzato alla maturazione dei giovani e al distacco dalla famiglia, con la costruzione di nuovi rapporti sociali.
Gli effetti del Covid sulla violenza dei giovani
Le statistiche della Direzione Centrale della Polizia Criminale sono impressionanti: in tre anni – a partire dal 31 ottobre 2019, considerata data di inizio della pandemia – i reati commessi da minori sono schizzati in alto: + 35,3% gli omicidi, + 65,1% i tentativi di omicidio, + 33,8% le lesioni dolose, + 50% le percosse, + 75,3% le rapine. In particolare, le rapine per strada sono quasi raddoppiate: + 91,2%.
La marginalità dei giovani – con alti livelli di abbandono scolastico e difficoltà occupazionali – è stata esasperata dal Covid. Per il capo della Polizia, Lamberto Giannini, “serve l’aiuto del sistema, un impegno della società per creare una serie di strutture che possano offrire dei momenti e dei punti di aggregazione ai ragazzi”. Il sociologo Marzio Barbagli dà una particolare interpretazione del fenomeno. L’aumento delle rapine andrebbe ricercato “non nel fatto che siano stati chiusi per due anni in casa e debbano per questo sfogarsi, ma perché probabilmente, dopo gli anni di pandemia, hanno bisogno di soldi. Si rapina per denaro, non perché si è arrabbiati”. E aggiunge: “Penso che nell’aumento di questi reati si debba leggere soprattutto la crisi economica a cui, anche e forse soprattutto, il Covid ci ha costretto”. Questo però – vien fatto di osservare – può valere certamente per i reati con un obiettivo economico, come le rapine. E gli omicidi, i tentativi di omicidio, le lesioni e le percosse…?
Spermatozoi in declino. A rischio la fertilità maschile?
Ad ogni nuova ricerca apprendiamo la preoccupante situazione della fertilità maschile. L’ultimo allarme proviene dalla Università ebraica di Gerusalemme, i cui ricercatori hanno compiuto lo studio più ampio – una metaricerca – mai effettuato prima d’ora. Esaminati i dati di 223 studi svolti fra il 1973 e il 2018 su 57 mila uomini in 53 Paesi dell’Africa, dell’Asia e del Sudamerica, gli scienziati hanno osservato che la quantità media degli spermatozoi si era ridotta dell’1% circa ogni anno. Dal 2000, poi, la riduzione è aumentata a oltre il 2,6% annuo. Insomma, in 45 anni la concentrazione degli spermatozoi negli uomini non sterili ha subito una diminuzione di oltre il 51%. La ricerca conferma i dati già ottenuti da analoghe ricerche svolte in Europa, Nord America, Australia e Nuova Zelanda. Tra le cause, si ipotizzano: inquinamento, obesità, cattiva alimentazione, fumo… Per ora, tuttavia, gli scienziati tranquillizzano: questa riduzione non compromette ancora la capacità riproduttiva.
I padri invecchiano. E i rischi aumentano
Sempre a proposito di paternità e spermatozoi (vedi la notizia precedente), l’aumento dell’età media alla quale si diventa padri comporta qualche rischio per la prole. Il meccanismo era noto: i papà ultraquarantenni trasmettono ai figli un maggior numero di mutazioni del DNA (di solito senza conseguenze, ma a volte con il rischio di provocare disturbi del sistema nervoso, come l’autismo). Non era chiaro, però, perché questo accadesse. Ora uno studio del genetista Li Zhao, della Rockefeller University, pubblicato su Nature Ecology & Evolution, dà una spiegazione: con l’età diventano meno efficienti i meccanismi di riparazione del DNA che entrano in funzione durante la spermatogenesi, consentendo così un accumulo di mutazioni che sono trasmesse ai figli. Prossimo obiettivo della ricerca: individuare, tra i geni dedicati alla riparazione del DNA, quelli che funzionano peggio.
L’esercito dei nonni: sono un miliardo e mezzo
Mai così tanti. I nonni hanno raggiunto la bella cifra di un miliardo e mezzo nel mondo. Lo rivela uno studio dell’Economist, il prestigioso settimanale politico-economico inglese, che ricorda come dal 1960 ad oggi l’aspettativa globale di vita sia cresciuta da 51 a 72 anni, mentre il numero dei bambini nati per ogni donna è sceso globalmente da 5 a 2,4. Dunque più nonni e meno nipoti. L’Economist sottolinea l’importanza dei nonni come sostegno per i figli e il grande apporto affettivo e di esperienza che i nonni offrono ai nipoti.
Rifiuta il figlio al padre per una volta: per la Cassazione non è reato
Art. 388 CP: mancata esecuzione dolosa di un provvedimento del giudice. Al comma 2 si punisce “… chi elude l’esecuzione di un provvedimento del giudice (…) che concerna l’affidamento di minori…”. E’ il tipico caso del genitore separato che non adempie all’obbligo, stabilito dal giudice, del diritto di visita nei confronti dell’altro genitore. Fino a ieri la giurisprudenza di legittimità era stata incline a considerare anche un solo episodio come configurante il reato di cui sopra, ma ora la Cassazione – con sentenza n. 10905/2023 – stabilisce che il singolo rifiuto al coniuge separato di far vedere il figlio nel suo giorno libero non integra il reato previsto dall’art. 388, comma 2, CP. Il caso di specie riguardava la denuncia di un padre e il ricorso della madre, condannata in Corte d’Appello. Va precisato che la donna non si era opposta all’esercizio del diritto di visita, ma aveva chiesto all’ex coniuge di spostare il giorno stabilito ad altra data. Secondo la suprema corte la giurisprudenza ultima si discosta dalla tesi “classica”. Perché si integri il reato di cui all’art. 388, comma 2 – essa afferma – occorre che il genitore si sottragga all’obbligo ostacolando le visite, con atti fraudolenti o simulati, che implicano “un inadempimento in mala fede e non riconducibile ad una mera inosservanza dell’obbligo” (e qui si rinvia ad altra sentenza: Cass. N. 12976/2020). Sorvolando sulle motivazioni con le quali i giudici spiegano la decisione in punto di diritto, e astraendo dal caso di specie, non si può non osservare che questa interpretazione dell’art. 388 restringe ulteriormente la possibilità di reagire ad un comportamento frequentemente adottato dal genitore collocatario a scapito dell’altro genitore (e naturalmente del figlio).