Mamme che uccidono i figli
Il tragico caso di Voghera dell’estate scorsa, quando una madre ha strangolato il figlio di un anno, è stato lo spunto per un servizio dell’Agenzia ANSA sui “figlicidi” (uccisioni di un minore compiuta da un genitore) commessi dalle madri.
Negli ultimi 23 anni in Italia sono stati commessi 535 figlicidi, 340 dal 2000 al 2013; anno nero il 2014, con 39 minori uccisi. Una drammatica, orribile statistica nella quale spicca un dato che può apparire sorprendente: in oltre il 50% dei casi l’uccisione è avvenuta per mano della madre. Nell’immaginario generale il vincolo della maternità porta ad escludere perché “contro natura” un simile gesto e ad attribuirlo come più probabile ai padri. Nel caso di uccisioni da parte della madre, queste sono spesso collegate – osserva l’autore del servizio – “a problemi di salute mentale o relazionali”. In effetti, l’impatto di simili fatti di cronaca sui social e le reazioni che essi scatenano permettono di osservare una tendenza a giustificare l’operato materno (depressione post-partum, affaticamento, disturbi mentali, difficile relazione coniugale con frequente mancanza di collaborazione paterna…), cosa che accade con minor probabilità se il gesto omicida è del padre.
Aumentano i congedi di paternità
E’ un aumento lento ma costante da anni quello dei padri lavoratori che chiedono il congedo di paternità. Lo certifica l’INPS con dati inequivocabili: erano il 19,23% nel 2013, sono stati il 48, 53% nel 2018 e il 57,60% nel 2021. In quest’ultimo anno preso in esame hanno chiesto il congedo 155.845 padri, su un totale di 400 mila nascite.
Altro dato di chiaro significato è il numero di uomini – 1.158 – che nel 2021 hanno dato le dimissioni per occuparsi dei figli. A questo proposito, Save the Children, che ha svolto un’analisi sui congedi di paternità, fa osservare che tra il 2020 e il 2021 è aumentato del 43,9% il numero dei padri che hanno dichiarato difficoltà a conciliare il lavoro con la cura dei figli, per motivi legati ai servizi di cura (mancanza di asili nido o di nonni). Del 66,2% è aumentato il numero di padri le cui difficoltà di conciliazione dipendono invece dalla propria azienda. L’aumento nel numero di madri che hanno evidenziato le stesse criticità è stato rispettivamente dell’8,4% e del 2,7%.
Attenti ai social: possono fare molto male
L’ultimo allarme viene dagli Stati Uniti, contenuto in un Rapporto del Surgeon General, la massima autorità sanitaria del Paese: attenti ai social, possono provocare gravi danni alla salute mentale dei più giovani. In 19 pagine il Rapporto sottolinea che esistono “ampi indicatori secondo i quali i social media possono apportare danni al benessere di bambini e adolescenti” (tra questi, riduzione dell’autostima, nervosismo e sintomi depressivi). Così il Surgeon General Vivek Murthy (una sorta di portavoce del Governo in materia di sanità pubblica) chiede nuove ricerche che permettano di capire a fondo l’effetto dei social – definiti “principali motori di una crisi nazionale di salute pubblica” – sugli utenti più giovani.
Negli USA il 95% dei teenager usa almeno uno dei cinque principali social che sono, nell’ordine di preferenza, TikTok, YouTube, Instagram, Snapchat e Facebook. Il Rapporto si conclude con alcune raccomandazioni ai genitori: come quella di stabilire momenti social-free, per esempio durante i pasti e in altri momenti di intimità familiare.
Saputo chi era il vero padre ne fa riesumare la salma e cambia cognome
In punto di morte, nel 2020, la madre gli rivelò che l’uomo che lo aveva allevato dalla nascita non era suo padre e lui, un imprenditore pavese di 59 anni, individuato il presunto padre biologico – nel frattempo morto – attraverso una foto trovata fra gli oggetti della madre, ha chiesto e ottenuto la riesumazione della salma per far eseguire il test del DNA. L’esame ha confermato che si trattava effettivamente del padre. A questo punto l’uomo ha chiesto e ottenuto dal Tribunale di Pavia il cambio del proprio cognome.
Assoluzione piena per nonno accusato di abusi sulla nipotina
Cinque anni di processo e di indicibili sofferenze, ma alla fine il Tribunale di Napoli lo ha assolto, “perché il fatto non sussiste”, dalla infamante accusa di aver abusato della nipotina – figlia di una delle due sue figlie adottive – quando questa aveva meno di dieci anni. L’uomo, 84 anni, una vita di lavoro nella Croce Rossa, era stato accusato della violenza sulla base di alcune di dichiarazioni fatte dalla bambina durante un ascolto protetto. L’uomo si era sempre dichiarato innocente, sostenuto anche dalla mamma e dalla zia della bambina, ascoltate come testimoni.
Si spara con pistola a salve, choc per la figlia dodicenne
Al termine di una lite con la moglie non ha trovato di meglio che afferrare una pistola scacciacani, puntarsela alla tempia e sparare. Al gesto era presente la figlia dodicenne, che in preda a choc ha avuto un malore ed è stata ricoverata in ospedale per una serie di controlli. L’episodio è avvenuto a Stradella, in provincia di Pavia. Mentre i carabinieri hanno avviato indagini sull’episodio, l’uomo è stato accompagnato al Policlinico San Matteo per un controllo psichiatrico.
Genitori che si separano, sì a foto figli sui social (a certe condizioni)
Genitori in fase di separazione possono pubblicare le foto dei figli piccoli sui social, ma solo a certe condizioni. Lo ha deciso la magistratura torinese dopo aver esaminato due casi – i primi presentati ai giudici torinesi – di genitori in corso di separazione. I giudici (del Tribunale nel primo caso, della Procura nel secondo) hanno ammesso la pubblicazione, purché i genitori si accordino con un consenso reciproco e vengano rigorosamente rispettati i diritti e gli interessi del bambino.
Affido condiviso: Maglietta, serve nuovo intervento
Un nuovo intervento in sede legislativa per rendere “ineludibili” le norme sull’affido condiviso. Lo chiede Marino Maglietta, Presidente dell’associazione Crescere Insieme, al termine di un articolo pubblicato sul sito dello Studio Cataldi (www.studiocataldi.it). In esso Maglietta commenta una sentenza della Corte di Appello di Roma in materia di separazione rilevandone aspetti “illuminati” ma anche “inequivoche tracce” di affezione per il precedente modello monogenitoriale. Fra i primi, la frequentazione secondo tempi paritetici, come richiesto dal figlio 13/enne durante l’ascolto; fra le seconde, il rifiuto del mantenimento diretto ponendo come pre-requisito a questa soluzione la parità di risorse economiche dei coniugi. Da qui la conclusione di Maglietta: dopo 17 anni dall’introduzione dell’affido condiviso, “ancora una volta si è indotti a caldeggiare un nuovo intervento legislativo che renda ineludibili le norme già in vigore”.