Il convivente di fatto è come un familiare
La Corte Costituzionale non ha avuto dubbi: il convivente di fatto è a tutti gli effetti un familiare. E questo per “la convergente evoluzione sia della normativa nazionale, sia della giurisprudenza costituzionale, comune ed europea” in una società “profondamente mutata”. La Corte ha dichiarato pertanto l’illegittimità costituzionale dell’art. 230-bis, terzo comma, del Codice Civile, laddove esso non prevede tra i familiari – il coniuge, i parenti entro il terzo grado e gli affini entro il secondo – anche il convivente di fatto e come “impresa familiare” quella cui collabora anche il convivente di fatto. Di conseguenza, la Consulta ha dichiarato anche l’illegittimità costituzionale della Legge 76 del 2016 (la cosiddetta “Legge Cirinnà”) che, con l’art. 230-ter C.C. riconosceva al convivente certi benefici nell’impresa familiare, minori tuttavia rispetto a quelli del coniuge. La Corte ha osservato che “rimangono le differenze di disciplina rispetto alla famiglia fondata sul matrimonio, ma quando si tratta di diritti fondamentali, questi devono essere riconosciuti a tutti senza distinzioni”.
A Milano GdF nelle cause di separazione
Un militare della Guardia di Finanza con il compito di affiancare i giudici nelle cause di separazione e divorzio e indagare se un coniuge mente all’altro sulla consistenza del proprio matrimonio. E’ quanto avviene da circa tre mesi al Tribunale di Milano – nona sezione civile che si occupa di famiglia, separazioni e divorzi – con una iniziativa unica nel suo genere, fortemente voluta dal Presidente del Tribunale, Fabio Roia, e dal Comandante interregionale della GdF, gen. Fabrizio Carrarini. Il militare, in quanto polizia giudiziaria, può accedere anche a banche dati riservate e quindi individuare eventuali irregolarità e false dichiarazioni. Le indagini comprendono eventuali abusi o maltrattamenti in famiglia e da esse può derivare una autonoma indagine penale.
Bimbi positivi alla cocaina, condannato il padre
Avevano cinque anni e 18 mesi i due bambini che nel 2020 risultarono positivi alla cocaina. Il loro padre, un 45/enne di professione DJ, è stato condannato a due anni e due mesi di reclusione per lesioni personali colpose e abbandono di minore. L’uomo era separato dalla madre dei piccoli e aveva trascorso il fine settimana con i figli; quando la donna era andata a riprenderli li aveva trovati molto “agitati” e li aveva portati in ospedale per controlli. Qui erano risultati positivi alla cocaina. Scattate le indagini, l’uomo aveva ammesso di fare uso saltuario dello stupefacente. L’ipotesi è che i bambini possano aver toccato oggetti sui quali erano tracce di cocaina. Il DJ dovrà anche risarcire la sua compagna, che si era costituita parte civile.
“DNA emotivo”: così Stella Di Mare parla del padre adottivo
“Il DNA che mi ha lasciato non è biologico ma emotivo. E’ personale ed è fatto di film che vedevamo insieme. E’ fatto di delle storie scritte e lette bene”. E ancora: “Grazie della fiducia incondizionata che avevi in me. Delle mie possibilità non mi hai mai fatto dubitare”. Così Stella Di Mare, figlia di Franco Di Mare, il giornalista RAI scomparso nel maggio scorso a 68 anni, ha rivolto il suo ultimo saluto al padre. La bella storia di Franco di Mare e di Stella, la bimba che Di Mare incontrò nel 1992 in un orfanatrofio di Sarajevo appena bombardato e adottò assieme alla moglie Alessandra, è nota. La vicenda è stata raccontata dal giornalista nel libro Non chiedere perché e nella fiction RAI “L’angelo di Sarajevo”, interpretata da Fiorello nel 2015. Oggi Stella ha poco più di 30 anni, è laureata in economia ed è una giovane donna affermata e serena. Il giornalista e la moglie si sono poi separati, ma hanno continuato a fare i genitori con armonia e solidarietà.
Accuse di molestie, braccialetto elettronico al padre e alla figlia 11/enne
Con l’accusa di molestie sessuali ai danni della figlia undicenne, un uomo di 60 anni è stato obbligato a indossare il braccialetto elettronico. Il giudice, però, ha disposto l’uso del braccialetto anche per la bambina. La vicenda, raccontata dal quotidiano La Nazione, si svolge in Versilia. L’avvocatessa che tutela la bambina ha spiegato che l’uso del dispositivo è previsto anche per la parte offesa, a fini di tutela: in questo caso, scatterebbe l’allarme alle forze di polizia se il padre le si dovesse avvicinare.
Secondo processo per donna che fuggì con i figli in Colombia
Davanti al Tribunale di Nola è cominciato il secondo processo nel quale è imputata la donna che molti anni fa abbandonò il marito, Gennaro Palumbo, e fuggì con i figli in Colombia. La donna è già stata condannata per sottrazione internazionale di minore. L’inizio del nuovo processo è stato commentato dall’avv. Sergio Pisani, che difende Palumbo, con queste parole: “La normativa attuale è assolutamente insufficiente a garantire il rientro dei minori sottratti dai genitori. Lo Stato dovrebbe mettere in campo tutte le sue forze per non consentire che i genitori perdano per sempre i propri figli. Invece assistiamo inermi alla perdita dei figli da parte di quei malcapitati che vivono un vero e proprio lutto, anche perché abbandonati totalmente dalle istituzioni”.
Padre riabbraccia figlia portata in Polonia dalla madre e istituisce ricompensa
Filippo Zanella, il cesenate che nel giugno scorso ha potuto riabbracciare la figlia di dieci anni che la madre aveva sottratto e portato in Polonia nel 2021, ha istituito una ricompensa di 20mila zloty (circa 5mila euro) per l’anonimo che con una lettera dette informazioni che permisero di rintracciare la bambina. Durissime le dichiarazioni fatte da Zanella: “In queste situazioni le istituzioni italiane sono inefficaci. Solo quando ci sarà una legge che equiparerà la sottrazione di minore al sequestro di persona le cose potranno cambiare. Al momento le istituzioni italiane sono fortissime nel restituire il minore sottratto e portato in Italia, mentre l’Italia non fa mai ‘la voce grossa’ con gli altri Stati. Ogni genitore alienato deve agire di iniziativa privata, con tempi e costi immaginabili, recarsi sul posto e iniziare la caccia con l’ausilio di investigatori privati e di onlus, come nel mio caso con ‘Lega uomini vittime di violenza’”. “A me è andata bene” – ha detto ancora Zanella – “anche se mia figlia aveva quasi perso l’uso dell’italiano e stentava a riconoscermi. Ma in certi casi la vicenda si trascina per molti anni e il minore, una volta ritrovato, è ormai un adolescente che, di fronte al quesito posto dal giudice locale, sceglie di rimanere nel contesto linguistico e culturale in cui si è adattato”.
Tolta figlia in Egitto a italiana accusata di adulterio
Ancora una notizia che riguarda matrimoni misti con esiti infelici. In Egitto l’italiana Nessy Guerra, di 25 anni, è stata accusata dal marito egiziano di adulterio e rischia di finire in carcere e di perdere la figlia di un anno e mezzo. La giovane si sta separando dal marito, che in Italia è stato condannato a tre anni di reclusione per violenza sessuale e stalking. L’accusa di adulterio da parte del marito ha fatto sì che nella sentenza di primo grado la figlia sia stata affidata all’uomo. La donna rischia inoltre il carcere, se l’accusa di adulterio dovesse risultare fondata. Della vicenda si è occupata anche la trasmissione di RAI 3 “Chi l’ha visto” mentre i senatori di Italia Viva Raffaella Paita e Ivan Scalfarotto hanno presentato una interrogazione al ministro degli Esteri, Antonio Tajani, nella quale chiedono al ministro “di attivarsi al più presto per avere notizie concrete sulla situazione” e per accertarsi che la giovane stia ricevendo il necessario supporto dalla nostra rappresentanza diplomatica. Infine, una dichiarazione di Agata Armanetti, l’avvocatessa che tutela Nessy, ancora una volta purtroppo critica: “Le autorità italiane si stanno disinteressando della situazione, mentre quelle egiziane non collaborano”.