Girolamo Grammatico,
Padri e figlie,
Ultra, Roma 2020,
pp. 124, € 14,00
Dopo #esserepadrioggi. Manifesto del papa imperfetto (vedi recensione in ISP notizie n. 4/2021), Girolamo Grammatico torna sul tema della paternità con un libro più specifico, dedicato al particolare rapporto che lega un padre ad una figlia. Diciamo subito, però, che la relazione tra padre e figlia femmina offfre a Grammatico un ottimo spunto per spaziare su molti argomenti di più ampio respire: il patriarcato, il sessismo, gli stereotipi di genere… Il tutto inquadrato in una cornice che è la cultura in cui cresciamo: cultura, ahimé, ancora fortemente maschilista, impregnata di prevaricazione (più o meno smaccata) e dominio. Da qui l’obiettivo di una “cultura della parità”, che ponga rimedio alla violenza degli uomini sulle donne (e viceversa: versante, questo, appena sfiorato dall’Autore) e ristabilisca un sano equilibrio di genere, a tutto vantaggio dei figli e dunque delle nuove generazioni. Pertanto il libro non si rivolge ai soli padri di bambine e ragazze, ma anche – come è giusto – ai padri di figli maschi, perché quei figli “saranno lavoratori, datori di lavoro, insegnanti, compagni di vita e padri di domani”.
Stretti in coordinate culturali rigide e stereotipate, i padri di una figlia non hanno un compito facile, e tuttavia possono e debbono svolgere la loro funzione paterna non già eliminando gli ostacoli materiali che sorgeranno sul cammino della figlia, ma – operazione ben più significativa – additando e scardinando i legami, i laccioli, le trappole che insidiano una femmina in quanto tale e favorendo nella figlia la consapevolezza della propria individualità, dei propri diritti, della propria dignità. Perché, ci ricorda Grammatico citando Simone de Beauvoire, “Donna non si nasce, si diventa” (lo stesso, naturalmente, vale per gli uomini).
La struttura del libro è analoga a quella della precedente opera dello stesso Autore, che in quanto life coach, scandisce il testo con una serie di workout, veri e propri esercizi atti ad allenare ad una paternità responsabile. Perché per il coaching – ci ricorda l’Autore – “la genitorialità è una competenza da allenare attraverso la conoscenza e la pratica”.
Giorgia Tribuiani,
Padri,
Fazi Editore, Roma 2022,
pp. 194, € 16,00
Un padre inconsapevolmente “risorto” si trova faccia a faccia con suo figlio, lasciato bambino. Lui, Oscar, il figlio, ha 54 anni, suo padre, Diego, … 40. Un figlio ormai sposato, professore di chimica poco generoso con i suoi studenti, e con una figlia che non ha mai conosciuto suo nonno.
Da questo surreale pasticcio scaturisce una vicenda che mette a nudo molti aspetti del rapporto padri-figli, e non solo. Tra Diego (il padre) e Gaia (la figlia) il rapporto è stato sempre carente: perfezionista, esigente, disattento il genitore, che voleva una figlia sempre prima su tutti, sempre la migliore (e a Natale, mentre lei chiedeva nelle letterine a Babbo Natale Barbie e peluche trovava sotto l’albero tute e mappamondi). Ora l’inatteso arrivo del nonno mai conosciuto suscita in lei una nuova tenerezza e solidarietà, forse qualcosa che aveva sempre cercato nel padre e mai ricevuto: una dolcezza, una complicità, una accettazione per quello che sei. Gaia dedica al nonno le attenzioni che avrebbe volute dare al padre, se lui lo avesse permesso, suscitando in Oscar riflessioni amare: “Non aveva mai trovato (l’aveva mai cercata?) così tanta premura nei gesti di sua figlia, e quell’ imprevedibile solerzia…”. Nelle premure di Gaia per il nonno c’è anche una speranza nascosta: “…io speravo che questa strana storia ci avrebbe avvicinati, me e papà, che avremmo potuto condividere qualcosa. Conoscerci, e magari gli sarei pure piaciuta”.
Questa reazione chimica dei sentimenti attiva altri meccanismi nefasti: Clara, moglie di Oscar e madre di Gaia, non ha mai creduto nella “resurrezione” di Diego, che lei difinisce “il barbone”, si trova su uno schieramento opposto rispetto a marito e figlia, si sente “sostituita” negli affetti, esce di casa, abbandona la famiglia, chiede la separazione. E Gaia si trova nel difficile (e usuale in questi casi) ruolo di mediatore fra I genitori.
Poi un giorno il nonno scompare. Ha svuotato la sua stanza, l’armadio, il frigorifero… Gaia è sconcertata, preoccupata, addolorata. Corre dal padre, che sta guardando un vecchio video con lui, Clara e Gaia bambina, ma l’uomo non dà alcuna importanza alla scomparsa del padre “ritrovato”, intento a ripercorrere momenti passati sorseggiando whiskey e mangiando due fette di pane e marmellata. Le ultime battute fra padre e figlia lasciano il dubbio di un possibile soluzione. “Ti sei sbriciolato tutto, papa” è una frase a doppio senso: allude alle briciole del pane e marmellata, ma anche a qualcosa di più profondo e doloroso. E però… “Quale che fu il motive, d’altra parte, per la prima volta quel vecchio stupido video rimasero a guardarlo insieme”.
Libro del non detto, del rimosso, del nascosto, delle occasioni perdute, del rimpianto. Come in tutti i giovani scrittori contemporani (la scrittrice è nata nel 1985), la prosa di Tribuiani può lasciare interdetti. Non conosce distanze fra discorso diretto e indiretto, i dialoghi non hanno virgolette (o trattino), descrizioni, domande, pensieri si mescolano in una uniformità grafica… All’inizio si fa fatica a seguire. Ma forse è solo colpa della distanza generazionale tra l’Autore e il recensore.