Nei molti anni trascorsi dalla nascita di questa Rubrica i libri recensiti venivano solitamente chiesti all’editore, che gentilmente ne inviava una copia per recensione. Il testo recensito andava poi ad arricchire la Biblioteca dell’Istituto. Da qualche tempo anche questo va cambiando. Per motivi economici e organizzativi – si sostiene – molti editori non inviano più la copia richiesta (talvolta, con poca correttezza, non rispondendo neppure alla mail che inviamo) o nella migliore delle ipotesi inviano il testo in forma digitale. Sono soprattutto i grandi editori, quelli più affermati e prestigiosi, ad aver adottato il nuovo sistema. E’ stato così anche nel caso del libro qui sotto recensito, dopo lungo silenzio dell’editore e molte sollecitazioni da parte del curatore di questa Rubrica. Che alla fine ha ordinato il libro a spese proprie.
Il tempo dei padri
Bollati Boringhieri,
Torino 2024,
pp. 445, € 32,00
Dopo molta divulgazione “leggera”, dopo molti racconti di esperienze personali dei padri (utili e gradevoli, per carità), ecco un testo corposo e denso che ci riporta in ambito scientifico. L’autrice, docente emerita di Antropologia alla University of California (nel 2002 è stata inserita da “Discover” tra le 50 più influenti donne della scienza) è nota per i suoi studi sulla maternità. Questa volta affronta il versante dei padri e in particolare un aspetto nuovo, controverso e affascinante come quello dell’istinto maschile nella cura dei figli. Nel 1999, quando parlare di “istinto paterno” poteva suscitare ironia o addirittura ilarità, scrivevo sulle pagine di questo notiziario convinto che si dovesse ipotizzare un istinto alla paternità e suscitavo i commenti – favorevoli all’ipotesi – di due psicologhe dell’I.S.P., Maria Mirella D’Ippolito e Maria Elettra Cugini. E dunque mi sia consentita una certa soddisfazione nel leggere quanto afferma autorevolmente Hrdy, sulla base di molti studi e ricerche, ossia che la nuova concezione della paternità non è solo un fatto culturale ma implica una profonda trasformazione biologica che giustifica l’uso del termine “istinto”. La vicinanza intima e prolungata con i bambini – afferma Hrdy, confessando un grande stupore per la scoperta – attiva risposte a livello cerebrale, ormonale, neurologico … – molto simili a quelle delle madri. Viene così sconfessato un saldo e secolare stereotipo: i maschi sono biologicamente ed evolutivamente programmati per certe cose – competizione, lotta, procacciamento di risorse, dominio, autorità, carriera, successo… – le femmine per altre (gestazione, riproduzione, allevamento della prole, cure domestiche…).
Tutto il nocciolo del libro è in questa frase contenuta nell’Introduzione (dove, per inciso, si parla del “vacillare del patriarcato” e qui rimando all’Editoriale di questo numero): “La mia scoperta inattesa è che all’interno di ogni uomo si nasconde una ancestrale propensione alla cura che rende i maschi protettivi e autorevoli quanto la madre più devota”.
Un lungo e affascinante percorso, quello di Hrdy, che ha inizio nella preistoria e giunge fino ai “nuovi padri” con testimonianze etnografiche e con estese e documentate incursioni nel campo della primatologia, biologia (in particolare della nuova frontiera delle neuroscienze) psicologia e, naturalmente in quello della sua materia, l’antropologia.
Il linguaggio, come è tradizione di molte opere saggistiche americane, riveste un contenuto naturalmente rigoroso e documentato ma respinge quella verbosità accademica distaccata e magari un po’ supponente (quell’essere per “addetti ai lavori”, insomma) appannaggio, purtroppo, ancora di molti testi italiani, per affidarsi ad una familiarità che arriva a comprendere foto familiari dell’autrice e della sua famiglia.
Per concludere, un’opera di piacevole lettura che costituisce un importante aggiornamento scientifico su quanto credevamo di sapere sui padri e sulle loro potenzialità affettive.