Sessantanovesimo Festival di Sanremo all’insegna della paternità. Hanno molto colpito pubblico e Stampa da un lato il contenuto della canzone vincente, “Soldi”, cantata dal giovane Mahmood, dall’altro il monologo di Claudio Bisio che è servito a introdurre l’esibizione dell’ospite Anastasio, già vincitore di X Factor, con il brano “Correre”.
Entrambe le canzoni rimandano a un difficile rapporto con il padre. Mahmood, padre egiziano e madre sarda che vive con lui a Milano, non sa nulla del genitore, andatosene quando lui aveva sei anni. E nella sua canzone, al di là delle parole, si legge molta rabbia e molto rimpianto in un unico miscuglio. Rabbia per un padre che pensava “solo ai soldi, soldi”, mentiva a casa, con il figlio non riusciva a dialogare (“Ciò che devi dire non l’hai detto” e anche “Dimmi se ti manco o te ne fotti”) e che un giorno esce di casa senza più tornare. Ma anche nostalgia nel ricordo di un momento di tenerezza paterna (Waladi waladi habibi ta’ aleena, “Figlio mio, figlio mio, amore, vieni qua”, e “La voglia di tornare come prima”). Una canzone con un significato – anche per chi non ama troppo il rap – che naturalmente, visti i tempi, ha subito scatenato polemiche, con il sospetto di un voto “strumentalizzato” e politico (la sinistra radical-chic contro Salvini) e per il secondo posto di Ultimo, che il voto popolare aveva proclamato vincitore. Con usuale contorno di reciproci insulti e pattume vario.
Bello anche il brano di Anastasio, rapper ventunenne assai noto per via di X Factor, scritto in poco tempo per l’occasione e cantato dopo il monologo di Bisio. Quest’ultimo è tratto da Father and son, testo teatrale scritto da Michele Serra e ispirato al libro dello stesso autore, Gli sdraiati. Anche qui – bravi entrambi – la rabbia di un adolescente, con il peso di aspettative troppo grandi, forse paterne forse sociali: “Correre, tu devi correre, non devi domandare né rispondere, ti devi alimentare con compere/Scattare commentare scorrere…”. Una protesta generazionale che esprime l’incertezza del futuro e di una strada difficile: “Ci vogliamo affermare e sbattiamo nel muro”, “Siamo chiunque e non siamo nessuno/Io sono sicuro soltanto del fatto che sono insicuro”, “Vecchi come state? Vi state godendo la festa”.
Se è vero – e lo è senz’altro – che anche la musica interpreta la società e serve a “leggere” i giovani, allora queste due canzoni devono far riflettere un poco noi adulti.