
Editore: FrancoAngeli
Anno: 2019
Pagine: 190
I lettori di questa Rubrica sanno che essa non prende in esame solo testi appena pubblicati, ma – rimediando il curatore della Rubrica stessa ad una disattenzione bibliografica, sempre possibile nel mare magnum delle pubblicazioni – “ripesca” anche opere non recentissime, purchè significative e – nell’auspicio del medesimo curatore distratto – utili al lettore. E’ il caso di questo lavoro a più mani, che opportunamente fa il punto sugli studi relativi alla paternità e ci aggiorna non con “scoperte” rivoluzionarie ma con ricerche, dati, riflessioni recenti. Il che periodicamente si rende quantomai opportuno a chi voglia seguire la materia.
Gli Autori – un folto gruppo fra psicologi, psicoterapeuti, psichiatri, educatori – si sono divisi il compito trattando l’ampio tema in otto capitoli. Tutti interessanti e proficui, ma naturalmente la mia attenzione è stata attratta da quei capitoli che hanno preso in esame aspetti in passato più trascurati dalle ricerche “classiche”. Come quello sulla transizione alla paternità con i suoi possibili risvolti patologici, suddivisi dagli Autori in acting della paternità, psicosi puerperali paterne e Depressione Perinatale Paterna. O come quello relativo alla paternità adottiva: una genitorialità molto specifica, solitamente poco studiata rispetto alla maternità. E ancora: essere padre di un figlio con disabilità; le trasformazioni della famiglia, con il padre nella famiglia monogenitoriale; la paternità nella separazione e nel divorzio (con l’ascolto del minore, i nuovi partner, la consulenza tecnica d’ufficio…,). Un altro capitolo esamina brevemente la nozione di padre in Freud e Lacan, trasferendo la prospettiva lacaniana nel lavoro clinico con i bambini. Il libro si era aperto con la evoluzione storica della paternità; si chiude con riflessioni sulla crisi del principio paterno (la lacaniana “evaporazione” del padre). Ogni intervento, nel suo specifico argomento, rileva la assoluta necessità di una figura paterna. A questo punto mi sia permessa un’osservazione: ho parlato, come solitamente si usa, di Autori del libro, ma in realtà dovrei scrivere Autori e Autrici. E queste ultime sono la grande maggioranza (16 rispetto a 6). Notazione che non dovrebbe avere alcun senso, trattandosi di un lavoro scientifico, eppure a volte la “presunzione di genere”, anche nei lavori scientifici, condiziona la ricerca e vizia le riflessioni (gli esempi non mancano).
Mi sembra che le opinioni di tutti/tutte possano riassumersi in quanto è scritto nelle Conclusioni del secondo capitolo (quello sulla transizione alla paternità), ad opera di Monica Tosto, Iolanda Raciti, Alessandra Salerno: “Alla luce di quanto trattato, si ritiene che la figura paterna ricopra un ruolo di fondamentale importanza per la crescita di ogni bambino; tale figura inoltre, si costituisce come fulcro della famiglia, non è secondaria e di sfondo, rappresenta l’essenza stessa del nucleo familiare inteso come triade relazionale (madre-padre-bambino), e ad essa si ricollegano la salute e il benessere degli altri componenti”.