
Editore: Bollati Boringhieri,
Anno: 2024
Pagine: 445
Dopo molta divulgazione “leggera”, dopo molti racconti di esperienze personali dei padri (utili e gradevoli, per carità), ecco un testo corposo e denso che ci riporta in ambito scientifico. L’autrice, docente emerita di Antropologia alla University of California (nel 2002 è stata inserita da “Discover” tra le 50 più influenti donne della scienza) è nota per i suoi studi sulla maternità. Questa volta affronta il versante dei padri e in particolare un aspetto nuovo, controverso e affascinante come quello dell’istinto maschile nella cura dei figli. Nel 1999, quando parlare di “istinto paterno” poteva suscitare ironia o addirittura ilarità, scrivevo sulle pagine di questo notiziario convinto che si dovesse ipotizzare un istinto alla paternità e suscitavo i commenti – favorevoli all’ipotesi – di due psicologhe dell’I.S.P., Maria Mirella D’Ippolito e Maria Elettra Cugini. E dunque mi sia consentita una certa soddisfazione nel leggere quanto afferma autorevolmente Hrdy, sulla base di molti studi e ricerche, ossia che la nuova concezione della paternità non è solo un fatto culturale ma implica una profonda trasformazione biologica che giustifica l’uso del termine “istinto”. La vicinanza intima e prolungata con i bambini – afferma Hrdy, confessando un grande stupore per la scoperta – attiva risposte a livello cerebrale, ormonale, neurologico … – molto simili a quelle delle madri. Viene così sconfessato un saldo e secolare stereotipo: i maschi sono biologicamente ed evolutivamente programmati per certe cose – competizione, lotta, procacciamento di risorse, dominio, autorità, carriera, successo… – le femmine per altre (gestazione, riproduzione, allevamento della prole, cure domestiche…).
Tutto il nocciolo del libro è in questa frase contenuta nell’Introduzione (dove, per inciso, si parla del “vacillare del patriarcato” e qui rimando all’Editoriale di questo numero): “La mia scoperta inattesa è che all’interno di ogni uomo si nasconde una ancestrale propensione alla cura che rende i maschi protettivi e autorevoli quanto la madre più devota”.
Un lungo e affascinante percorso, quello di Hrdy, che ha inizio nella preistoria e giunge fino ai “nuovi padri” con testimonianze etnografiche e con estese e documentate incursioni nel campo della primatologia, biologia (in particolare della nuova frontiera delle neuroscienze) psicologia e, naturalmente in quello della sua materia, l’antropologia.
Il linguaggio, come è tradizione di molte opere saggistiche americane, riveste un contenuto naturalmente rigoroso e documentato ma respinge quella verbosità accademica distaccata e magari un po’ supponente (quell’essere per “addetti ai lavori”, insomma) appannaggio, purtroppo, ancora di molti testi italiani, per affidarsi ad una familiarità che arriva a comprendere foto familiari dell’autrice e della sua famiglia.
Per concludere, un’opera di piacevole lettura che costituisce un importante aggiornamento scientifico su quanto credevamo di sapere sui padri e sulle loro potenzialità affettive.