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Lancellotti, Alessandra


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Titolo: Cambiamente
Editore: Itaca, Castel Bolognese (RA)
Anno: 2018
Prezzo: € 16
Pagine: 198

Alessandra Lancellotti è una psicologa che da molti anni si occupa di relazioni familiari e divorzi. Forse qualcuno fra i soci I.S.P. di più antica data la ricorderà: Alessandra fu infatti tra i primi ad iscriversi all’I.S.P. e divenne Fiduciario della Sezione di Genova. Il sottoscritto ha avuto piacere di incontrarla di nuovo, dopo molti anni, a Roma, in occasione della presentazione di questo libro. Non si tratta di un libro sui padri, ma sul “cambiamento”, inteso come “possibilità di trovare strade nuove, alternative di vita, modi di ‘vedere’ i bisogni in funzione dei desideri”. Cambiamento come strategia per le persone che cercano la felicità e per le imprese che cercano di sopravvivere. E tuttavia i padri sono inevitabilmente presenti. Un intero capitolo è dedicato a “Genitori e figli”, altri riguardano la famiglia (famiglia “anarchica” e famiglia sliding doors).

Presupposto del libro (e del lavoro terapeutico che l’autrice svolge) un caposaldo della psiconeuroimmunologia, giovane e promettente scienza che mette in relazione mente e corpo, o, per essere più precisi, il sistema psichico con quello immunologico e nervoso. Un nesso – quello fra corpo e mente – intuito fin da tempi antichi e che la psicoanalisi prima e la moderna psicologia poi (che cominciò a parlare di “disturbi psicosomatici”) hanno chiaramente messo in luce. Dunque quando l’infelicità si fa strada si trasforma regolarmente in ansia, depressione, in un disturbo fisico, in una malattia. “Star male” – scrive Lancellotti – “è il primo segno di una strategia globale di cambiamento (cambia-mente) della vita”. E “se i sintomi sono la scrittura criptica di una comunicazione che ci vuole segnalare che dobbiamo cambiare, bisogna imparare a interpretarli”. Oggi sono davvero in tanti a star male, “una nebbia psicologica sembra incombere sul mondo” e la globalizzazione del pianeta si è tradotta anche in “ansia globalizzata”.

Qua e là nelle pagine emergono quelle che per l’autrice sono le cause: “assenza di limiti e di fermezza di scuola e famiglia”; “confusione tra avere ed essere”; città e territorio sviliti e trascurati laddove la moderna psicologia li considera modelli di comportamento che suscitano imitazione; genitori che non hanno tempo per l’universo emotivo dei figli e nemmeno del partner (come non condividere l’affermazione che “la qualità del tempo in sostituzione della presenza costante è stata una bella favola consolatoria”?); una certa cultura nata con i “figli dei fiori” e con i miti del ’68 (che però, va detto, non fu solo permissività, “tutto e subito” e principio del piacere in opposizione a quello del dovere. Vecchia diatriba, quella delle responsabilità del ’68, che non è qui il caso di riprendere). Tra le cause, per Lancellotti, anche la mancanza di nostalgia, “che rimanda di continuo a Colui che ce l’ha infusa, come ingrediente principale, senza il quale non potremmo chiamarci figli di Dio”.

Non è un quadro idillico, quello tratteggiato dalla psicoterapeuta attraverso numerosi casi clinici di tutta evidenza e relative considerazioni, tuttavia la passione e la fiducia, l’entusiasmo (tutte qualità atte a sconfiggere il male psichico per guarire quello fisico) sono proprie dell’autrice. Non è un caso che in questo libro ricorra tante volte la parola “futuro”: “Ci faremo adottare dal futuro”, “Se siete figli a padri del futuro non avrete paura”, “Il futuro è in movimento”, “L’amore per il futuro”…

Per finire, l’antico interesse di Alessandra – all’I.S.P. possiamo permetterci di chiamarla per nome – per le questioni paterne non è sopito. Non lo è, se scrive che i padri “vanno in tribunale, per anni, poiché gli affidi a loro, i padri, sono considerati ancora una soluzione inconcepibile per i più” e che “è’ tempo di un recupero, rivisitato, competente e allertato, del registro paterno. Le madri lascino il posto ai padri, per educare assieme i figli”. Dove il corsivo è nostro.

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