di Maria Elettra Cugini *
Nel mio ultimo libro (Amare e lasciarsi amare, Franco Angeli editore) scrivevo – anche suffragata dalla mia esperienza professionale di psicoterapeuta – quanto sia difficile per l’essere umano amare, anche se l’amore è in fondo il dono più bello che la vita ci offre.
Ed infatti il bambino, dopo poche settimane dalla nascita, si apre in tenerissimi sorrisi verso i genitori, a riprova della sua apertura innata ad amare e ad essere amato. Ma successivamente spesso la persona si chiude in un guscio difensivo, a causa di esperienze poco gratificanti o addirittura gravemente frustranti, e comincia ad abbinare il concetto di amore a quello di rischio di sofferenza (paura di essere rifiutati, delusi, abbandonati, ignorati, traditi……). La chiusura all’amore peraltro genera un rischio anche maggiore,che è quello di inaridire il nostro cuore nel distacco emotivo difensivo
Se queste dinamiche si possono riscontrare nei rapporti con gli altri, con la vita, e perfino con se stessi, non sfugge a questo meccanismo nemmeno il rapporto con il padre, visto che anche la figura paterna può rifiutarci, deluderci, abbandonarci, ignorarci, tradirci ……E ciò si rivela particolarmente pericoloso per il benessere psicologico sia del figlio maschio ( a cui la figura paterna dovrebbe fungere da modello) sia della figlia femmina (visto che il padre è la prima figura maschile con cui ella viene a contatto e che quindi può contaminare le relazioni anche con le figure maschili successive, creando in lei sfiducia, ostilità o fuga)
Che dire poi del padre aggressivo, come quello che una mia cliente ricorda picchiare a sangue sua madre, fino al punto di avergli augurato di morire, pur di liberare entrambe da questa persecuzione?
Come si guarisce da questi gravi condizionamenti, o anche da apparentemente meno gravi manipolazioni, come quella di aver sentito soffocate le proprie effettive tendenze dall’essere obbligati a seguire strade/professioni/scelte che non erano dal figlio/a né desiderate né volute?
Si possono superare questi odi e rancori? Forse non si riuscirà mai ad amare padri siffatti, ma la mia esperienza di terapeuta mi dice che, liberandosi dai condizionamenti che questa figura ha causato in noi (nel ritrovare ad esempio graduale fiducia nel genere maschile, o nel realizzare se stessi poco a poco come avremmo desiderato) si potrà girare pagina e vedere anche questa figura negativa come una persona da cui prendere le distanze emotive, fino ad arrivare anche a volte a guardarla con la triste empatia che si può nutrire per una persona vittima, a sua volta, dei propri limiti, dei propri condizionamenti e di quelle problematiche che sono, a suo tempo, ricadute anche contro di lui, rovinandogli l’esistenza.
Come si vede, siamo ben lontani dal buonismo ipocrita,o dalla dote non sempre facile del perdono, ma il capire se stessi vuol dire molto spesso arrivare a capire anche gli altri, ed in questo la psicologia può esserci di grandissimo aiuto.
* psicologa e psicoterapeuta. ISP Roma