Condivido in toto la lettera dell’avvocatessa Paesano, mi capitano sempre più spesso casi di padri disperati perchè non riescono ad avere un rapporto sereno con i propri figli a causa dell’affido condiviso a parole ma non nei fatti. L’obiettivo, invece, deve essere quello dell’affido materialmente condiviso o paritetico (physical joint custody) già praticato in alcuni pasi europei: una forma di affido in cui il minore resta non meno di un terzo del tempo totale con ognuno dei genitori, considerando che l’optimum è – salvo casi particolari – il raggiungimento del 50% con l’uno e l’altro genitore.
Attualmente esistono enormi differenze tra i vari paesi europei sul tema della ripartizione media della coabitazione dei figli con i genitori e l’Italia si trova agli ultimi posti.
Uno studio di Bjarnason e Arnarsson pubblicato su Children & Society del 2012 che ha analizzato 184 496 minori di 11, 13 e 15 anni in 36 società occidentali, Italia compresa, ha evidenziato un più alto livello di soddisfazione di vita nei ragazzi in collocamento materialmente congiunto rispetto a ogni altra sistemazione di famiglia separata. Anche la comunicazione con i genitori è risultata migliore per i minori in affidamento materialmente condiviso e/o paritetico nel medesimo campione.
Mentre la tendenza europea va verso una lenta evoluzione nel senso di un affido paritetico non solo a parole ma anche nei fatti, nel nostro Paese la magistratura fa resistenza a recepire le nuove evidenze scientifiche. Tuttavia fa ben sperare il Tribunale di Perugia, nel quale il protocollo prevede che i genitori separandi si presentino con un piano genitoriale dettagliato a tempi equipollenti.
*Già ordinario di Psicologia dello sviluppo, Università di Roma “La Sapienza”