di Silvana Bisogni *
Un avviso pubblico “per il finanziamento dei progetti volti alla formazione personale delle casalinghe e dei casalinghi…” (il corsivo è nostro) è stato recentemente pubblicato dal Dipartimento per le Pari Opportunità (Presidenza del Consiglio dei Ministri). Inutile dire che questa insolita formulazione ha destato interesse e sorpresa. Nell’avviso si parla poi di “promozione di attività di formazione, svolte da enti pubblici e privati, di coloro che svolgono attività nell’ambito domestico, in via prioritaria delle donne, senza vincolo di subordinazione e a titolo gratuito, finalizzate alla cura delle persone e dell’ambiente domestico, iscritte e iscritti all’assicurazione obbligatoria con particolare riguardo all’acquisizione di competenze digitali, funzionali all’inserimento lavorativo e alla valorizzazione delle attività di cura” (il cosiddetto Bonus casalinghe 2022).
La sorpresa è determinata dal fatto che tra le persone destinatarie sono considerati anche i “casalinghi”, vale a dire uomini che sono stati costretti da vicende economiche e/o familiari o per scelta personale a dedicarsi in esclusiva al lavoro domestico.[1] E’ questo un fenomeno poco conosciuto, a cui si presta poca o nessuna attenzione, ma che è invece significativo per il cambiamento di cui è segnale. Da sempre, infatti, la casalinga è donna. Anzi, lo è per definizione: “Donna che attende in casa propria alle faccende domestiche e non ha altra professione” (Treccani). Dagli anni ’60 la figura della casalinga è spesso associata all’espressione idiomatica “Casalinga di Voghera”, di origine giornalistica, coniata dallo scrittore Alberto Arbasino, per indicare la caratteristica di una fascia della popolazione italiana piccolo-borghese, con un grado di scolarità particolarmente basso e con un’occupazione non presente o di livello umile[2].
La definizione di casalinga conferma l’immaginario collettivo sul ruolo della donna nella società in determinati epoche storiche. In realtà il ruolo esclusivo di casalinga nella gestione della vita familiare è un dato piuttosto recente. Almeno fino alla fine dell’Ottocento, soprattutto nella realtà del mondo agricolo, allora settore economico prevalente, le donne contribuivano attivamente al lavoro dei campi, anche per il supporto dato alla cura dei figli e della casa da parte dei vari componenti delle famiglie di tipo patriarcale, soprattutto se anziani. Anche durante il processo di industrializzazione il ruolo della donna prevedeva il suo contributo al reddito familiare, nelle industrie, come operaie, o nel settore dei servizi.
Con la lenta ma costante trasformazione della famiglia da patriarcale a nucleare, e quindi con la drastica riduzione del supporto dei vari componenti alla gestione della vita familiare, una vasta fascia di popolazione ha dovuto fare a meno del lavoro femminile retribuito ed ha concentrato l’attività della donna nella cura dei figli e nei lavori domestici. Così il ruolo di casalinga si è sviluppato nel corso del Novecento, soprattutto in alcuni Paesi (in primis in Italia) anche, ma non solo, per l’impulso dato da regimi, come il fascismo, alla valorizzazione della famiglia – e quindi della casalinga – quale principale “agenzia” della trasmissione dei valori dominanti ai giovani.
Nel secondo dopoguerra e, in particolare, dagli anni ’50 in poi il modello familiare, basato sul livello economico mono-reddito (entrate del marito) è andato progressivamente in crisi, in quanto molte donne hanno iniziato a rifiutare lo svolgimento dei lavori domestici e la cura dei figli come unica attività, anche grazie ad una maggiore diffusione dei livelli dell’istruzione e, di conseguenza, all’aspettativa di maggiori opportunità professionali, ma anche all’affermarsi di un nuovo modello culturale centrato sull’esigenza di un maggiore benessere, possibile soltanto con il lavoro retribuito della donna, fuori dalle mura domestiche.
Negli ultimi decenni la popolazione femminile dedita in forma esclusiva alla gestione della vita familiare ha subito varie fasi, spesso in contrasto tra loro, subordinate alle condizioni generali dell’economia e alle sue crisi, quindi, alle opportunità di ingresso e/o presenza nel mondo del lavoro, comprese varie di forme di discriminazione (difficoltà delle donne in stato di gravidanza e/o con figli) per il mantenimento del posto di lavoro o la scelta obbligata del lavoro part time. Condizione, questa, significativa per la conciliazione tra gli impegni di lavoro e la famiglia e condivisa anche nell’Ue (2019), in cui il 30 % delle donne occupate lavora part-time, contro il 8 % degli uomini, con variazioni tra gli Stati: nei Paesi Bassi (75 %), Austria e Germania (47 %) e Belgio (46 %)[3].
L’OCSE nel rapporto Closing the Gender Gap e la Comunicazione UE “Un’ Unione dell’uguaglianza: la strategia per la parità di genere 2020-2025”[4] conferma che le donne continuano a essere percepite come le prime (se non uniche) responsabili per la cura della famiglia e della casa.
Attualmente, secondo le più recenti rilevazioni dell’ISTAT[5], su una popolazione di riferimento composta da 51.913.934 persone (età 15 anni e oltre) gli occupati sono il 45,6%, di cui il 37,4% donne e il 54,4% uomini, in cerca di occupazione il 6,7% delle donne e il 7,1% degli uomini. Studenti l’8% donne e 7,7% uomini, casalinghe il 20% delle donne e lo 0,9% degli uomini.
Con il variare dell’età varia anche la condizione professionale: tra i 15 e i 24 anni le casalinghe sono il 4,6% delle donne, mentre tra gli uomini è una condizione praticamente inesistente. Le donne studentesse costituiscono il 66,8% contro il 58,1% degli uomini. La situazione inizia a cambiare nella fascia di età tra i 25 e i 29 anni: le casalinghe salgono al 19,8% e i casalinghi all’1%. Tra i cinquanta-sessantaquattrenni gli occupati sono il 72,7% degli uomini e il 52,2% delle donne, ma le casalinghe salgono al 28,9% e i casalinghi all’1,5%.
Oltre alle casalinghe tout court, anche le donne lavoratrici dedicano alla cura dei figli, ai lavori domestici e alla cucina tempo maggiore rispetto agli uomini. Nella UE (dati Eurostat 2016) il 93 % delle donne tra i 25 e i 49 anni (con figli sotto i 18) si prendono cura dei propri figli quotidianamente, rispetto al 69 % degli uomini. Tra gli Stati membri, le differenze più ampie tra le donne e gli uomini si osservano in Grecia (95 % delle donne e 53 % degli uomini) e a Malta (93 % e 56 %), mentre quelle minori sono in Svezia (96 % delle donne e 90 % degli uomini) e in Slovenia (88 % e 82 %).
La ricerca commissionata dall’Assessorato al lavoro della Provincia di Firenze al Dipartimento di Scienze Politiche e Sociologia dell’Università di Firenze “Io lavoro a casa“, ha evidenziato che le casalinghe possono essere catalogate in quattro diversi profili di donne: le soddisfatte (sono forse quelle più in età, che rivendicano con forza la loro scelta), le temporanee (mediamente più giovani, sono in attesa di occasioni favorevoli per rientrare nel mercato del lavoro), le costrette (fanno le casalinghe ma la dimensione domestica ma malvolentieri) e le adattate (hanno una storia lavorativa alle spalle e si son trovate nella condizione di decidere di seguire attività domestiche ed educazione dei figli).
Nel corso degli anni, gli interventi normativi a favore delle persone “casalinghe” non sono certamente mancati, anche se hanno presentato notevoli elementi di criticità[6]
Quanto agli uomini, essi hanno cambiato nel tempo il proprio atteggiamento e comportamento nei confronti dei lavori e degli impegni domestici. In questo particolare caso non si tratta di uomini che “aiutano”, seppure con orari limitati: qui si tratta di una “professione” non retribuita, ma è un vero e proprio lavoro. Le statistiche sono limitate in merito. I pochi dati ufficiali sono forniti dall’INAIL, relativamente al numero delle polizze contro gli infortuni domestici: gli uomini che si dedicano alla cura della famiglia sono l’1,1% del totale degli assicurati: 22.631 persone. La ripartizione geografica di appartenenza dei titolari di assicurazioni, le regioni col maggior numero di iscritti sono Lombardia, Veneto, Lazio, Puglia e Sicilia. Il 95,7% delle assicurazioni interessa cittadini di nazionalità italiana, l’1,9% cittadini comunitari e il restante 2,4% da cittadini extracomunitari.
Secondo L’ISTAT, il numero è quadruplicato nel corso degli ultimi 12 anni, compresi gli uomini oltre i 65 anni: 132 mila (2019) contro i 38 mila del 2007. Gli under 35 sono, invece, 20 mila. Tra le motivazioni emerse, risulta che, probabilmente, la scelta verso la cura della famiglia è stata “obbligata” dalla perdita del posto di lavoro e dalla mancata possibilità di reinserimento lavorativo, a cui va aggiunto il grave problema economico emerso durante la pandemia da COVID 19.
Le casalinghe sono rappresentate, in Italia dall’Associazione Obiettivo Famiglia/Federcasalinghe e dal MOICA Movimento Italiano Casalinghe, che hanno come obiettivo il riconoscimento culturale, giuridico, economico del lavoro familiare; e la tutela delle persone che si dedicano a tempo pieno, “con generosità e professionalità, alla cura del proprio nucleo familiare”. Anche gli uomini casalinghi hanno fondato un Ente specifico, l’Associazione Uomini Casalinghi, che ha sede a Pietrasanta (LU), ha gli stessi obiettivi e tra le varie attività vanno annoverati vari interventi di sensibilizzazione, diffusione, e promozione di una scelta che – come afferma il presidente – “non è un sintomo di ‘uomo non macho’ ma, al contrario è sinonimo di grande intelligenza, sensibilità e di notevole dignità. Significa essere persone moderne, libere, rispettose e tolleranti che guardano al futuro anche con grembiuli e ramazze”. L’Associazione toscana ha anche svolto il primo Congresso che ha suscitato interesse e curiosità.
I casalinghi prendono molto sul serio la loro condizione. Si sono organizzati e ed hanno promosso corsi di cucina, lezioni dal vivo e online su come fare il cambio di stagione negli armadi, pulire le moquette, stirare camicie complicate, come acquistare elettrodomestici, usare padelle antiaderenti, lavare un capo d’angora, come ridurre lo spreco alimentare. Hanno anche assegnato un valore “filosofico” ai loro corsi. Si ha quindi il tema “epistemologia del bucato” o il tema della “stirologia”. Un vero e proprio recupero della vecchia “economia domestica”, o la riscoperta dei “segreti della nonna”, attualizzati. Sono stati anche pubblicati alcuni libri, tra cui Pulire al naturale (Terra Nuova Edizioni), leggero e divertente, e Il casalingo. Una giornata del maschio moderno (edizioni GCE) divertente e ironico resoconto della giornata tipo di un uomo che ha scelto di invertire i classici ruoli all’interno della famiglia.
Uomo o donna che sia, la persona che svolge il lavoro casalingo ha diritto al riconoscimento del valore culturale, sociale ed economico dei compiti che svolge nella famiglia. E vi sono stati interventi significativi in tal senso. La legge n. 389 del 1963 ha riconosciuto la “mutualità pensioni” per le casalinghe tra i 15 e i 50 anni dedite esclusivamente all’attività domestica e di cura della famiglia Nel 1995, la Corte Costituzionale ha riconosciuto il lavoro delle casalinghe come un’attività lavorativa a tutti gli effetti: perché ha un elevato valore sociale ed economico e può quindi essere ricompreso nella norma costituzionale che tutela il lavoro “in tutte le sue forme” (art. 35). Nel 1997 è stato istituito del “Fondo di previdenza per le persone che svolgono lavori di cura non retribuiti derivanti da responsabilità familiari”. Nel 1999 è stato introdotto un fondo speciale per l’assicurazione delle casalinghe contro gli infortuni domestici.
Negli anni ’20 del nuovo secolo è giunto il momento di aggiornare gli interventi normativi sulle nuove condizioni e trasformazioni sopraggiunte, assegnando ulteriore dignità e valore sociale alla professione “casalinga”.
* Sociologa dell’educazione. ISP Roma
[2] Nel 1966 il Servizio Opinioni della Rai avviò un’inchiesta volta ad accertare quante parole, tra quelle usate nei resoconti di attualità politica, fossero pienamente comprensibili dall’italiano medio. Furono raccolte interviste in varie regioni d’Italia: gli intervistati dovevano dare la definizione di termini come “scrutinio”, leader, ecc. Il gruppo che, fra quelli interrogati per l’inchiesta, dimostrò il tasso di comprensione meno elevato era composto da casalinghe di Voghera (PV)
[3] ISTAT – EUROSTAT, La vita delle donne e degli uomini in Europa. Un ritratto statistico, Edizione 2020
[4] Comunicazione della Commissione al Parlamento Europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle Regioni, 2020.
[5] ISTAT, Censimenti permanenti: Condizione professionale della popolazione residente, 2021
[6] Il Fondo Casalinghe è un fondo di previdenza, istituito il 1° gennaio 1997, rivolto alle persone che svolgono lavori di cura non retribuiti e derivanti da responsabilità familiari.