di Silvana Bisogni *
Il 18 aprile 2003 è una data cruciale per la cultura dell’infanzia e dell’adolescenza in Italia. Si può, si deve parlare di un prima e un dopo questa data, per tutta una serie di decisioni politiche, di interventi, di coinvolgimento dei cittadini e delle istituzioni, che contrappongono il prima e il dopo.
Prima. I vari interventi legislativi in favore dell’infanzia e dell’adolescenza, fino al 1996, hanno avuto non sempre, ma prevalentemente, una caratteristica assistenzialistica mirando alla protezione e tutela dei bambini e degli adolescenti in quanto oggetti di tutela.
Il contesto in cui nasce la successiva approvazione di nuove normative deve essere spostato al 1991, quando viene varata la legge 216, “Primi interventi in favore dei minori soggetti a rischio di coinvolgimento in attività criminose”, che nasce per dare attuazione a tutte le misure previste dal nuovo Codice di procedura penale minorile del 1988. La legge apre spazi per la prevenzione primaria: infatti prevede l’attività di comunità di accoglienza dei minori temporaneamente allontanati dall’ambito familiare e l’attuazione di interventi a sostegno delle famiglie in particolare per l’assolvimento degli obblighi scolastici, nonché l’attività di centri di incontro e di iniziativa di presenza sociale nei quartieri a rischio (anche nelle scuole in orari extra didattici e nel periodo estivo).
Ma sarà la pubblicazione del “Rapporto sulla condizione dell’infanzia” (1996), curato dal prof. Alfredo Carlo Moro, a mettere impietosamente in evidenza la povertà che investe le generazioni più giovani, soprattutto nei territori meridionali, in cui un bambino su cinque è “povero”. La notizia è confermata, pochi mesi dopo, da un autorevole studio della Banca d’Italia. La denuncia scuote le forze politiche, la stampa e i cittadini. Emerge l’istanza di un intervento che colmi il vuoto di strategie protrattosi per decenni, intervento che riguardi tutti i bambini e tutti gli adolescenti, e non solo quelli che vivono una condizione di disagio socio-economico e/o psicofisico. Tutti cittadini “di oggi”, a tutti gli effetti.
Livia Turco, Ministro delle Politiche Sociali nel primo Governo Prodi, promuove una équipe multidisciplinare per la stesura di un testo che poi, approvato nell’agosto del 1997, diviene la legge 285 “Disposizioni per la promozione di diritti e di opportunità per l’infanzia e l’adolescenza”, che prevede l’istituzione del “Fondo Nazionale per l’Infanzia e l’Adolescenza”, con uno stanziamento di 117 miliardi di lire per il 1997 e di 312 miliardi a decorrere dal 1998. A partire dal 2000, gli importi saranno stabiliti annualmente nella legge finanziaria dello Stato, nell’ambito del Fondo Nazionale per le Politiche Sociali. La legge prevede che un riparto della maggior parte delle risorse finanziarie sia assegnato alle Regioni, ma riserva una quota del 30% a 15 città “riservatarie” (Venezia, Milano, Torino, Genova, Bologna, Firenze, Roma Capitale, Napoli, Bari, Brindisi, Taranto, Reggio Calabria, Catania, Palermo, Cagliari).
In attuazione dei principi della Convenzione sui diritti del fanciullo del 20 novembre 1989, la legge promuove i diritti individuali di ogni persona di età compresa tra 0 e 18 anni, la qualità della vita, lo sviluppo, la realizzazione individuale e la socializzazione dell’infanzia e dell’adolescenza, privilegiando la famiglia (naturale, adottiva o affidataria), perché possa sviluppare le sue potenzialità e raggiungere la piena realizzazione. Contrariamente a quanto sostenuto in passato, sono i bambini e gli adolescenti i protagonisti ed artefici del proprio benessere. E’ un cambio di paradigma straordinario: il bambino, il ragazzo non sono più oggetti di tutela, ma soggetti di diritto.
Per ampliare la diffusione degli obiettivi della legge 285, a Firenze, alla Fortezza da Basso, viene promossa la prima Conferenza Nazionale sull’Infanzia e sull’adolescenza (19-21 novembre 1998), denominata “In testa ai miei pensieri”, a cui partecipano esperti e operatori direttamente interessati ai temi dell’educazione, dei diritti e degli interventi a favore dei cittadini in età evolutiva: esponenti delle istituzioni e delle pubbliche Amministrazioni, della scuola, dei servizi sociali, degli educatori, della galassia dell’associazionismo e del Terzo settore, genitori.
Il “risveglio” dell’attenzione delle istituzioni sui cittadini in età evolutiva provoca la creazione di nuovi Organismi. La legge 285 è completata con la Legge 23 dicembre 1997, n. 451, che istituisce la Commissione parlamentare per l’Infanzia presso la Camera dei Deputati (con funzioni di indirizzo), l’Osservatorio Nazionale per l’Infanzia e il Centro nazionale di documentazione e di analisi per l’infanzia e l’adolescenza, presso l’Istituto degli Innocenti di Firenze. Il Centro ha avuto una notevole influenza nell’attuazione appropriata della legge 285 in tutto il Paese, accompagnando i processi mediante interventi di informazione, ricerca, formazione, monitoraggio e assistenza tecnica.
La legge 451 prevede inoltre un Piano nazionale di azione di interventi per la tutela dei diritti e lo sviluppo dei soggetti in età evolutiva con cadenza biennale. Il Piano, strumento di attuazione e implementazione della Convenzione del 1989, “è il programma di lavoro, ratificato al più alto livello che rappresenta l’esito del confronto tra istituzioni centrali, le Regioni, gli Enti locali, le formazioni sociali e tutti gli altri attori impegnati nella promozione del benessere dei bambini e dei ragazzi, per la formazione di interventi culturali, normativi ed amministrativi a favore dell’infanzia e dell’adolescenza, da realizzarsi a tutti i livelli di Governo con la partecipazione attiva della società civile e in stretto accordo con le istituzioni dell’Unione Europea” (Decreto del Presidente della Repubblica 21 gennaio 2011). In realtà i Piani nazionali non hanno mai rispettato la biennalità: ne sono stati pubblicati solo 4 in oltre 20 anni dalla loro promozione.
La convergenza di azioni promosse dai vari Organismi e l’ampia disponibilità economica per la realizzazione dei progetti ha favorito una vera e propria esplosione di iniziative, interventi, proposte su tutto il territorio nazionale, anche nei Comuni o comunità locali più piccoli: a titolo esemplificativo ma non esaustivo spazi e servizi ludico-ricreativi per l’infanzia (4-12 anni): educativa territoriale, lavoro di strada e centri di aggregazione per adolescenti finalizzati alla socializzazione, all’ espressione della creatività e allo sviluppo di interessi permanenti (13-18 anni); sostegno alla genitorialità; integrazione scolastica ed interventi di sostegno a bambini ed adolescenti con disagio psico-sociale, interventi di sostegno all’integrazione di minori stranieri, interventi in risposta a problemi di handicap fisico e psichico ed interventi per la prima infanzia da 0 a 3 anni; ed anche la promozione del collegamento della rete dei soggetti che intervengono nel territorio sugli adolescenti e sui giovani; la promozione di interventi professionali nei casi di presunta violenza mirati alla prevenzione con l’ausilio di spazi di ascolto per i genitori e per i figli, e alla valutazione delle competenze genitoriali.
Occorre sottolineare che, con tutta evidenza, non tutti i progetti sono stati significativi allo stesso livello; ci sono stati casi di scarsa incisività, forse anche casi di finanziamenti assegnati ad Enti più per motivi “politici” locali che per effettiva valenza delle proposte, ma nel complesso i progetti realizzati hanno risposto positivamente alle istanze del territorio e dei soggetti in età evolutiva.
L’ultimo intervento normativo di notevole importanza è l’istituzione del Garante per l’infanzia e l’adolescenza con la legge n. 112 del 12 luglio 2011. L’Autorità “promuove l’attuazione della Convenzione di New York e degli altri strumenti internazionali in materia di promozione e di tutela dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, la piena applicazione della normativa europea e nazionale vigente in materia di promozione della tutela dell’infanzia e dell’adolescenza, nonché del diritto della persona in età evolutiva ad essere accolta ed educata prioritariamente nella propria famiglia e, se necessario, in un altro ambito familiare di appoggio o sostitutivo”. Istituzione dotata di poteri autonomi di organizzazione e indipendenza amministrativa e senza vincoli di subordinazione gerarchica. Oltre all’Autorità Garante, sono stati istituite anche le figure di Garante a livello regionale e di Province Autonome: attualmente sono 16.
Il 18 aprile 2003 Roberto Maroni (Ministro delle Politiche Sociali del II Governo Berlusconi) firma un decreto che di fatto dimezza il finanziamento per i progetti derivanti dalla Legge 285, e assegna ad altri ambiti le risorse. Da notare la peculiarità della data: un Venerdì Santo e l’intervento passa tra l’indifferenza generale dei cittadini troppo impegnati nell’organizzazione delle feste di Pasqua. Le risorse del Fondo Nazionale per l’Infanzia e l’Adolescenza, assorbito nel Fondo per le Politiche sociali, sono in parte dirottate verso altri settori, magari anche alle famiglie, ma non direttamente ai destinatari principali. I compiti di finanziamento sono appannaggio di Regioni e Comuni, lo Stato assicura il finanziamento di progetti solo per le 15 città riservatarie.
La Corte dei Conti (Sezione centrale di controllo sulla gestione delle Amministrazioni dello Stato) nella Deliberazione 3 agosto 2018 n. 15/2018/G, evidenzia come le risorse sono state progressivamente decurtate in modo sempre più drastico, in particolare negli anni più difficili della crisi economica. A partire dal 2012, in cui sono stati stanziati 39.950.000,00 euro il finanziamento è rapidamente sceso a 28.335.898.00 euro nel 2018. Inoltre la Corte dei Conti segnala che la confluenza del Fondo per l’Infanzia e l’Adolescenza nel Fondo delle Politiche Sociali è stata operata in modo indistinto e senza vincolo di destinazione, circostanza che di fatto ha limitato l’ambito di operatività del Fondo impedendone il perseguimento delle finalità.
Analizzando nello specifico le risorse attualmente a disposizione per l’applicazione della legge 285, emerge chiaramente che Regioni e Comuni hanno dovuto ridurre notevolmente gli interventi finanziari a favore delle organizzazioni promotrici di progetti: i vari tagli “lineari” sostenuti negli anni scorsi hanno notevolmente ridotto la capacità finanziaria di questi Enti pubblici. Ma anche le città riservatarie hanno avuto ed hanno tuttora gravi problemi.
Si riportano alcuni dati: sono numeri che danno il quadro complessivo della situazione. Prendiamo ad esempio 3 città riservatarie: Milano, Roma e Napoli, riportando la ripartizione delle risorse come previsto nel Decreto Interministeriale del 9 agosto 2018. I dati sui minorenni residenti sono stati raccolti su ISTAT, al 31 dicembre 2018.
MILANO: cittadini in età evolutiva 211.565 risorse assegnate € 2.802.420,00 disponibilità per ciascun minorenne – a livello annuale – € 13,24
ROMA: cittadini in età evolutiva 457.579 risorse assegnate € 6.148.889 disponibilità per ciascun minorenne – a livello annuale – € 13,43
NAPOLI: cittadini in età evolutiva 172.304 risorse assegnate € 4.613.084 disponibilità per ciascun minorenne – a livello annuale – € 26,77.
I numeri parlano da soli. Si può ragionevolmente pensare che in città in cui convivono diverse problematicità sia possibile intervenire significativamente con pochi euro a disposizione? E’ questa la risposta alle varie denunce a più voci, espresse negli ultimi anni sulla sempre più preoccupante situazione e condizione dei cittadini in età evolutiva che presentano povertà socio-economica, disagio, segni chiari di illegalità, violenza fino alla devianza, sempre maggiore distacco intergenerazionale, caduta di valori etici, sociali e culturali? E i recenti e drammatici casi di violenza non sono solo fatti episodici di attualità e cronaca.
Non è sufficiente dire che l’attuale situazione è figlia della crisi economica, che ha costretto molte famiglie a una vita di privazioni. Il malessere che permea le più giovani generazioni non è solo legato allo status economico. Sembra essere venuto meno il paradigma dell’educazione, a tutti i livelli, che coinvolge non solo le cosiddette agenzie educative tradizionali, ma la comunità intera, che sembra aver smarrito i legami, i valori portanti della convivenza civile e sociale. E’ un problema dai connotati fortemente culturali prima ancora che economici.
Se questa situazione di “povertà educativa”, più volte richiamata negli ultimi anni da esperti e studiosi, non viene affrontata con una visione olistica, di prospettiva, con strategie di intervento significative, i rischi dell’intera società saranno gravi, anche se per ora non facilmente percepiti.
Possiamo ragionevolmente pensare ad una nuova stagione di impegno “educativo” e non solo, che coinvolga tutti coloro che hanno a cuore la sorte e il futuro non solo dei propri figli e nipoti, ma di tutti cittadini in minore età?. Tra non molti anni saranno i protagonisti della futura vita nazionale ed europea.
Vogliamo proporre insieme una nuova linea culturale e civile? Di nuovo “In testa ai nostri Pensieri”?. Si può.
*Sociologa dell’educazione. Roma