di Silvana Bisogni *
La popolazione studentesca universitaria è prevalentemente femminile. Come conferma l’USTAT, il portale dei dati dell’istruzione superiore, le statistiche relative alle immatricolazioni e le iscrizioni alle università italiane per l’anno accademico 2021-2022 indicano che le iscrizioni risultano 1.793.210, in diminuzione del 2,8%, rispetto all’anno accademico precedente, con una variazione che equivale a 9.400 studenti in meno. Le donne iscritte sono 1.009.109 (56%), gli immatricolati 330.898 (55,6% donne), i laureati 344.850 (60% donne). Gli studenti stranieri risultano in tutto 101.091.
La pubblicazione di questi dati è stata l’occasione per cercare eventuali conferme e per effettuare un giro d’orizzonte sulle università italiane e, in particolare sugli studenti e sulle differenze di genere nell’impegno speso per il raggiungimento della meta desiderata: la laurea.
IL SISTEMA DELLE UNIVERSITA’ IN ITALIA
La costituzione delle università in Italia risale al medioevo, prima tra tutte l’Alma Mater Studiorum a Bologna fondata nel 1088. Già prima del ‘500 le università sul territorio italiano erano 17, successivamente fino al secondo conflitto mondiale sono state fondate altre 18 università. Un vero e proprio fiorire si è registrato dal 1945 fino ai nostri giorni con la costituzione di 33 nuove università statali, 12 università non statali (promosse da Enti pubblici e privati) e 11 università private telematiche. A queste vanno aggiunti gli Istituti universitari referenti all’ AFAM come l’ISIA (Istituto superiore per le industrie artistiche, 5 istituti), Scuole superiori di alta formazione dottorale. Inoltre in Italia sono operative 9 istituzioni di diritto straniero e filiazioni di università europee o statunitensi.
Un caso particolare è rappresentato da numerose Università e Atenei di diritto pontificio attivi in Italia: 26 tra Istituti e facoltà pontificie, istituti collegati e/o annessi agli atenei romani. Solo a Roma sono presenti 7 Università pontificie, 2 Atenei pontifici, 4 Istituti pontifici di studi superiori, 4 Facoltà pontificie, 12 Istituti pontifici incorporati e/o collegati con altri Istituti. Si può, quindi, affermare che l’offerta formativa di livello terziario in Italia è ampia e distribuita sul tutto il territorio nazionale. Ma analizziamo qualche dato statistico.
LA POPOLAZIONE STUDENTESCA
Gli studenti si iscrivono in prevalenza nelle università statali per l’85% (56% donne); sceglie istituti non statali il 13,9%, mentre la popolazione studentesca iscritta agli istituti AFAM (Alta Formazione Artistica e Musicale)[1] è composta da 80.671 iscritti (57% donne).
Le facoltà che accolgono il maggior numero di iscritti sono: Economia, Ingegneria, Giurisprudenza, Lettere, Medicina, Scienze matematiche, fisiche e naturali, Scienze della Formazione, Scienze politiche, Architettura e Farmacia.
Sarebbe molto interessante inquadrare l’evoluzione storica delle iscrizioni, differenziate per genere, nei vari anni accademici. Per la necessaria sintesi dei dati, si riportano le iscrizioni alle varie discipline divise per sesso, nell’anno accademico 2021-2022.
DISCIPLINE | MASCHI | % | FEMMINE | % |
Agrario forestale e veterinario | 21.697 | 51,3 | 20.627 | 48,7 |
Architettura | 38,462 | 53,9 | 32.943 | 46,1 |
Arte e design | 18.909 | 30,5 | 43.256 | 69,5 |
Economia | 134.660 | 67,3 | 115.747 | 32,7 |
Educazione e formazione | 8.143 | 7,4 | 102.003 | 92,6 |
Giurisprudenza | 55.803 | 39 | 87.568 | 61 |
Informatica | 34.002 | 87,8 | 5.876 | 12.2 |
Ingegneria | 171.608 | 76,6 | 52.565 | 23,4 |
Lettere e filosofia | 34.411 | 38,1 | 56.056 | 61.9 |
Medicina sanitario e farmacia | 81.222 | 29 | 165.054 | 71 |
Politico sociale e comunicazione | 58,485 | 38,8 | 92.463 | 61,2 |
Psicologia | 17.544 | 21,7 | 63-546 | 78,3 |
Scienze motorie e sportive | 31.879 | 71,7 | 12.622 | 28,3 |
E’ innegabile che nella scelta delle facoltà vi sia una polarizzazione in base al genere. Sono a prevalente presenza maschile le facoltà di Economia, Informatica, Ingegneria, Lingue, Scienze motorie e sportive, mentre sono più femminilizzate le facoltà di Arte e design, Educazione e formazione, Lettere e filosofia, Scienze politiche e comunicazione, psicologia. Una divisione per genere più equilibrata si constata nelle facoltà di Agraria e Veterinaria e Architettura.
Per le iscrizioni alle università giocano molti altri fattori: appare evidente che gli studenti maschi preferiscano facoltà che offrono sbocchi professionali immediatamente spendibili sul mercato del lavoro (ingegneria, informatica, ecc.), mentre per le ragazze permane una scelta delle facoltà ancora radicata al ruolo femminile che privilegia, oltre il lavoro, soprattutto la possibilità di conciliare vita professionale e ruolo familiare. Inoltre continua ad avere una forte attrattiva una prospettiva professionale che consenta di accudire, educare, ascoltare e comunicare.
Rispetto ai 7,6 milioni di italiani che hanno terminato gli studi accademici, le donne laureate in Italia sono 4.277.599, pari al 56%, negli ultimi cinque anni sono aumentate del 22,7%, più dei maschi (+16,8%). Le donne sono la maggioranza anche negli studi post-laurea (dottorato di ricerca, un corso di specializzazione o un master) con il 59,3% degli iscritti. Inoltre il 55,5% delle studentesse si laurea in corso, contro un numero più basso (il 50,9%) degli studenti maschi, il 24,9% si laurea con 110 e lode (contro il 19,6% dei maschi) e il voto medio conseguito alla laurea è pari a 103,7 per le donne e a 101,9 per i maschi.
Ma quali sono le cause di tali differenze? Le motivazioni possono essere diverse e spesso si moltiplicano fino a creare la situazione attuale. Certamente un ruolo importante è giocato dal livello di istruzione precedente l’iscrizione all’università. La Classifica CENSIS delle Università italiane: edizione 2022/2023 conferma dati già disponibili. Nell’anno scolastico 2021-2022 le ragazze sono il 48,5% del totale degli iscritti al primo anno delle scuole secondarie superiori, ma sono il 60,5% nei licei, il 42,8% negli istituti professionali e il 30% negli istituti tecnici. Le studentesse rappresentano la maggioranza degli iscritti al primo anno in tutti gli indirizzi liceali, con esclusione di quello scientifico. Nei licei delle scienze umane le ragazze sono l’88,6% degli studenti, nei linguistici il 78,3%, al liceo classico il 70,1% e al liceo artistico il 70%. Le donne studiano più degli uomini e ottengono risultati più brillanti in tutti i cicli scolastici.
Questo elemento incide notevolmente sul tasso di passaggio dal livello di istruzione secondario all’Università: sono circa il 50% i diplomati iscritti all’Università a fronte del 70% della Francia. I percorsi di provenienza dei diplomati favoriscono le iscrizioni all’università: i licei con circa il 73,8% contro il 33,1% dei tecnici e l’11,3% dei professionali. Sono soprattutto i giovani diplomati negli istituti tecnici e professionali a non iscriversi ad un livello terziario, non potendo contare, ancora, su un’offerta di percorsi di studi professionalizzante, adeguata al loro profilo ed alle loro aspettative.
I LAUREATI
I laureati nell’anno accademico 2020-2021 sono stati 344.850, di cui il 56,9% donne. Nel rapporto pubblicato da EUROSTAT 2020 In Italia solo il 29% dei giovani (fascia di età 25-34 anni) detiene un titolo di studio terziario rispetto ad una media UE del 41%. L’Italia occupa il penultimo posto (precede solo la Romania) per la quota di laureati. In Europa la popolazione laureata raggiunge il 61% in Lussemburgo e il 58% in Irlanda. Ma Paesi Bassi, Francia, Svezia, Belgio, Spagna, Danimarca, Slovenia e Svezia hanno raggiunto anticipatamente l’obiettivo fissato dall’Unione Europea per il 2030, vale a dire una media del 45% di laureati.
Sempre secondo i dati dell’EUROSTAT, si conferma un gap di genere tra i laureati europei. La percentuale di donne laureate risulta essere del 46%, mentre quella degli uomini si ferma al 35%.
RINUNCIA AGLI STUDI
Sono di più i maschi (-3,2%) delle femmine (-2,6%) a decidere di non proseguire gli studi. E sono gli atenei del Sud a registrare la variazione negativa più marcata: -5,1%, equivalente a oltre 4.900 immatricolati in meno. Seguono gli atenei delle regioni del Centro (-2,9%) e del Nord-Ovest (-2,3%), mentre si registra la stabilità di nuove iscrizione nell’area del Nord-Est (-0,1%). Comunque, indipendentemente dai territori, i corsi afferenti alle discipline Stem (Science, technology, engineering and mathematics) registrano una minore riduzione di nuovi iscritti (-0,9%).
Un ultimo dato importante, che riprende il dato iniziale della riduzione delle iscrizioni e delle immatricolazioni alle università italiane, e che riguarda entrambi i generi. E’ significativo esporlo, sia pure in forte sintesi, perché incide negativamente sull’entrata dei giovani nel mondo del lavoro ed è anche una delle cause di fenomeni preoccupanti per la condizione giovanile.
Tra le cause del basso livello di iscrizioni alle università in Italia sono annoverati vari elementi di criticità: a parte la recente crisi dovuta alla situazione pandemica, le condizioni congiunturali, problemi economici per l’accesso alla formazione universitaria, tasse elevate[2], alloggi limitati e borse di studio modeste. Solo il 33% degli studenti nei corsi di laurea ha l’esonero totale dalla contribuzione e il 14,3% a livello parziale
Va considerato anche un ulteriore aspetto: un contributo negativo alla dinamica delle immatricolazioni è venuto dalla crescita dell’incidenza della popolazione di cittadinanza non italiana, passata da circa il 2% all’inizio dello scorso decennio al 9%. Tale fascia di popolazione ha una minor probabilità di completare gli studi superiori e una più bassa probabilità di iscriversi all’università.
L’ANVUR[3] riporta una valutazione della Banca di Italia[4] sulle cause del ritardo di scolarizzazione terziaria nel nostro Paese: “Il ritardo di scolarizzazione terziaria dell’Italia dipende pertanto in misura pressoché identica dai fattori: un minore tasso di immatricolazione dei neo-diplomati; un più basso tasso di immatricolazione degli adulti; un più elevato tasso di abbandono”.
L’insieme di questi fattori e la difficoltà dei giovani nel trovare lavoro, aggravata dal contesto della crisi economica, contribuisce ad inserire l’Italia nella lista dei paesi con il maggior numero di NEET (giovani che non studiano, non lavorano e non sono inseriti in corsi formazione): sono il 33,85% della popolazione tra i 20 e i 24 anni mentre in Germania sono il 9,27%, il 20,9% in Francia, il 27,2% in Spagna e il 15,64% nel Regno Unito. Dato preoccupante non solo per il livello raggiunto ma anche perché si tratta di un fenomeno in costante crescita: nel 2020 sono più di 3 milioni, con una prevalenza femminile di 1,7 milioni. Una situazione su cui riflettere.
* Sociologa della educazione. ISP Roma
[1] Conservatori statali, Accademie di Belle Arti (statali e non statali), Istituti musicali ex pareggiati promossi dagli enti locali, Accademie statali di Danza e di Arte Drammatica, dagli Istituti Statali Superiori per le Industrie Artistiche, nonché da ulteriori istituzioni private autorizzate dal Ministero al rilascio di titoli aventi valore legale (dal sito del MIUR).
[2] Secondo l’OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico) negli ultimi dieci anni le tasse universitarie sono aumentate in Italia del 60%, portando al terzo posto della classifica dei più cari d’Europa dopo Olanda e Regno Unito.
[3] ANVUR Agenzia Nazionale di Valutazione del sistema universitario e della ricerca. Rapporto di sintesi.
[4] Banca d’Italia. Questioni di Economia e finanza. Il sistema universitario : un confronto tra Centro-Nord e Mezzogiorno, 2022