di Gianluca Aresta *
La riforma del processo civile ha dato importante risalto alla figura del curatore speciale del minore, anche in attuazione di quanto previsto dalle convenzioni internazionali in materia.
È appena il caso di ricordare che l’art. 78 c.p.c. – rubricato “Curatore speciale” – aveva originariamente introdotto nel nostro ordinamento la figura del curatore speciale disponendo che: “Se manca la persona a cui spetta la rappresentanza o l’assistenza, e vi sono ragioni d’urgenza, può essere nominato all’incapace, alla persona giuridica o alla associazione non riconosciuta un curatore speciale che li rappresenti o assista finché subentri colui al quale spetta la rappresentanza o l’assistenza. Si procede, altresì, alla nomina di un curatore speciale al rappresentato, quando vi è conflitto di interessi col rappresentante …”. In origine, pertanto, l’ambito di applicazione dell’istituto non era necessariamente quello dei rapporti familiari, anche se poi, con il tempo, si è fatto sempre più spesso ricorso alla figura del curatore speciale nelle ipotesi di conflitto di interessi fra il minore e i genitori.
La Legge n. 149/2001 – rubricata “Modifiche alla legge 4 maggio 1983, n. 184, recante «Disciplina dell’adozione e dell’affidamento dei minori», nonché al titolo VIII del libro primo del codice civile” – aggiungeva all’articolo 336 cod. civ. il quarto comma, istituendo la difesa tecnica del minore e di tutti i soggetti coinvolti nei procedimenti relativi alla responsabilità genitoriale (decadenza e limitazione) e alla dichiarazione di adottabilità.
Già prima dell’introduzione, con la riforma cd. Cartabia (D. Lgs. 10/10/2022, n. 149), dell’art. 473 bis. – 8 c.p.c. (rubricato “Curatore speciale del minore”), la Convenzione di Strasburgo del 25/1/1996, ratificata dall’Italia con la L. n. 77 del 20/3/2003, aveva previsto che il Giudice, in caso di conflitto di interessi con i genitori o con il tutore, potesse nominare al minore un rappresentante che eventualmente avrebbe potuto essere anche un avvocato (art. 5, lett. b e art. 9, L. 20/3/2003, n. 77). Tali norme sono sempre state interpretate come aventi immediata valenza precettiva, sicché il Giudice, ricorrendo ipotesi di conflitto con i legali rappresentati, poteva procedere, anche ex officio, alla nomina del curatore speciale per il minore, anche senza necessità di istanza di parte o di iniziativa da parte del PM (Corte Costituzionale, ord. n. 301 del 10/11/2011).
Già l’art. 12 della Convenzione di New York del 1989 (ratificata dall’Italia con la L. 27/5/ 1991, n. 176) aveva previsto il diritto del minore ad essere ascoltato in ogni procedura giudiziaria o amministrativa che lo riguardasse, o personalmente o tramite un rappresentante o un organo appropriato. Recentemente anche la CEDU con sentenza del 7/9/2023 (ricorso n. 17791/2022), ha affermato il principio secondo cui il curatore speciale del minore, ove nominato in conformità alla normativa nazionale di riferimento, ha legittimazione ad agire e/o a resistere in giudizio rappresentando il minore quale soggetto titolare di autonomo e distinto interesse giuridico meritevole di tutela, in conflitto di interessi, anche solo potenziale, con la posizione processuale (e sostanziale) dei genitori.
L’importanza di garantire anche ai minori il contraddittorio processuale, attraverso l’eventuale nomina di un curatore speciale, veniva ribadita anche dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 1/2002, conformemente a quanto previsto dall’art. 12 comma 2 della Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza del 1989, ratificata dall’Italia con la Legge n. 176 del 1991.
Detto principio è stato poi ribadito dalla stessa Consulta con la sentenza n. 83/2011, laddove, richiamando espressamente la Convenzione ONU del 1989 e quella di Strasburgo sull’esercizio dei diritti dei minori adottata dal Consiglio d’Europa nel 1996 (ratificata dall’Italia con la Legge n. 77/2003), ha affermato che «qualora si prospettino situazioni di conflitto di interessi, anche in via potenziale, spetta al Giudice procedere alla nomina di un curatore speciale. Il che può avvenire su richiesta del pubblico ministero o di qualunque parte vi abbia interesse (art. 79 cod. proc. civ.), ma anche d’ufficio». La giurisprudenza di merito ha poi ammesso, seppur con un orientamento non uniforme, la nomina del curatore speciale in sede di procedimenti di separazione, divorzio e regolamentazione dei rapporti genitoriali.
È in questo contesto normativo che si è inserita la riforma del processo civile in materia di famiglia e minori, che se, da un lato, indubbiamente ha dato impulso e risalto alla figura del curatore speciale, prevedendo una disciplina più articolata e finalizzata a porre in primo piano la tutela del minore nel processo, dall’altro, ha lasciato lungo il percorso diversi interrogativi, allo stato non ancora chiariti, su importanti criticità e genericità della nuova disciplina normativa, soprattutto in ordine al compenso o alla formazione del curatore, alle modalità di ascolto del minore da parte del curatore speciale, nonché ai criteri di inserimento nei relativi elenchi presso gli uffici giudiziari.
Il Consiglio d’Europa nella “Strategia per i diritti dei minori 2022-2027” e la Commissione Europea nella “Strategia UE 2021-2024” ponevano in risalto la necessità di dare piena attuazione alle Convenzioni in materia di tutela dei minori e alle Linee guida del Consiglio d’Europa del 2010, garantendo la piena ed effettiva partecipazione dei minori nei procedimenti che li riguardano. In particolare, veniva sottolineata la necessità di assicurare ai minori la possibilità di essere ascoltati e di manifestare le proprie opinioni, nonché il rispetto del diritto dei bambini e degli adolescenti di ricevere, con linguaggio adeguato alla loro età, tutte le necessarie spiegazioni relative al procedimento, come veniva osservato anche nel documento della European Union Agency for Fundamental Rights (FRA) “Giustizia a misura di minore: prospettive ed esperienze di minori e professionisti” (2017).
Ora, per quanto previsto dal dettato normativo del (su richiamato) art. 78 c.p.c. per poter procedere alla nomina di un curatore speciale all’incapace, alla persona giuridica o ad un’associazione non riconosciuta occorre che si presenti una “situazione d’urgenza”, che si verifica a seguito del venir meno della persona a cui spetta la rappresentanza o l’assistenza in via ordinaria (la figura del curatore speciale, infatti, si contrappone, come vedremo in seguito, alla curatela ordinaria, disciplinata dal codice civile).
La nomina del curatore speciale ha durata temporanea, esplicando la sua efficacia finchè non subentri colui al quale spetta la rappresentanza e l’assistenza, ovvero finchè non venga meno quella situazione d’urgenza che ha reso necessaria la sua nomina; quest’ultima situazione può anche presentarsi in corso di giudizio e, in tal caso, l’istanza di nomina va proposta al Giudice della causa pendente.
Si potrebbero distinguere tre diversi profili di curatore speciale e precisamente:
- a) il curatore assistente: viene nominato per integrare la limitata capacità di agire di un soggetto per il compimento di determinati atti, nei casi in cui il curatore ordinario non possa o non voglia prestare la sua consueta assistenza;
- b) il curatore rappresentante: nel caso in cui vi sia un rapporto di rappresentanza tra due soggetti tra i quali viene a crearsi un conflitto di interessi a seguito del quale si rende necessario nominare al rappresentato un curatore speciale;
- c) il curatore gestore di beni o patrimoni: un esempio di questo profilo è il curatore dell’eredità nominato ex art. 780 cod. civ. .
Si ritiene che il decreto di nomina del curatore speciale non sia impugnabile con ricorso per Cassazione ex art. 111 Cost., in quanto tale provvedimento ha una funzione strumentale al singolo processo, destinata ad esaurirsi nell’ambito del processo medesimo (assicurare la rappresentanza processuale all’incapace che ne sia privo o al rappresentato che sia in conflitto d’interessi con il rappresentante), ma sia sempre revocabile o modificabile, anche d’ufficio, ad opera del Giudice che l’ha pronunciato.
È particolarmente discussa, sul punto, la possibilità di nominare un curatore speciale per un soggetto che si trovi in stato di incapacità naturale, ma che ancora non sia stato dichiarato tale da un punto di vista giuridico. Dottrina e giurisprudenza tendono ad escludere che si possa ricorrere alla nomina del curatore speciale per l’incapace naturale, rilevando che l’incapacità processuale è legata all’incapacità legale di agire di diritto sostanziale e non alla mera incapacità naturale e che la capacità processuale non dipende da un modo psicofisico del soggetto, ma sia correlata al libero esercizio dei diritti, ossia a quella nozione sostanziale di capacità giuridica che esclude ogni rilievo a valutazioni di carattere meramente naturalistico.
Di segno opposto il pensiero di parte della dottrina più recente, che è favorevole all’inclusione dell’incapacità naturale nell’ambito di applicazione soggettivo tradizionalmente riconosciuto alla norma in esame, sulla scorta della considerazione che il nostro ordinamento giuridico debba assicurare anche all’incapace naturale gli strumenti processuali idonei ad evitare che il suo stato soggettivo possa concretarsi in un motivo di pregiudizio per i suoi diritti o precludergli, in qualche modo, l’accesso alla tutela giurisdizionale.
La Corte Costituzionale, chiamata a pronunciarsi sull’argomento, ha ritenuto manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 78, censurato in riferimento agli artt. 3, 1 comma, e 24, 2 comma, Costituzione, nella parte in cui non prevede la nomina di un curatore speciale anche per l’incapace naturale.
Una diversa (e ulteriore) situazione normativamente tipizzata in cui è necessario procedere alla nomina di un curatore speciale è quella prevista dal secondo comma dell’art. 78 c.p.c., ossia il caso in cui il soggetto rappresentato venga a trovarsi in una situazione di conflitto di interessi con il rappresentante; a tal fine, si ritiene sufficiente che i rispettivi interessi di rappresentato e rappresentante siano anche solo potenzialmente antitetici, dovendosi compiere la relativa verifica in astratto ed ex ante in relazione alla oggettiva esistenza della materia del contendere.
Alla nomina di tale figura processuale potrà farsi ricorso solo se manchi, in sede propria, una norma particolare diretta all’eliminazione del conflitto; infatti, se per una determinata materia l’ordinamento giuridico si preoccupa di apprestare un rimedio diverso per l’ipotesi di conflitto di interessi tra rappresentante e rappresentato, si dovrà fare ricorso a tale rimedio speciale, a seconda dei casi, in maniera esclusiva o concorrente.
Nelle ipotesi di conflitto d’interesse, l’omessa nomina del curatore speciale costituisce un vizio di costituzione del rapporto processuale, a cui consegue la nullità dell’intero giudizio per violazione del principio del contraddittorio e, più in particolare, della garanzia del diritto di difesa di cui all’art. 24 Costituzione.
Per effetto della riforma Cartabia, i commi 3 e 4 della norma in esame (art. 78 c.p.c.) sono stati soppressi, in quanto si è ritenuto opportuno trasporre all’interno delle nuove disposizioni sul rito unitario per le persone, per i minorenni e le famiglie anche le disposizioni relative al curatore speciale del minore, introdotte dalla Legge n. 206/2021 ai commi 30 e 31; l’abrogazione di questi commi è correlata alla trasposizione dei relativi contenuti nel disposto normativo di cui all’art. 473 bis – 8 c.p.c. .
Da un punto di vista squisitamente processuale la figura del curatore speciale del minore è oggi disciplinata, appunto, dall’art. 473 bis. – 8 c.p.c. (rubricato “Curatore speciale del minore”), a tenore del quale: “Il giudice provvede alla nomina del curatore speciale del minore, anche d’ufficio e a pena di nullità degli atti del procedimento: a) nei casi in cui il pubblico ministero abbia chiesto la decadenza dalla responsabilità genitoriale di entrambi i genitori, o in cui uno dei genitori abbia chiesto la decadenza dell’altro; b) in caso di adozione di provvedimenti ai sensi dell’articolo 403 del Codice Civile o di affidamento del minore ai sensi degli articoli 2 e seguenti della legge 4 maggio 1983, n. 184; c) nel caso in cui dai fatti emersi nel procedimento venga alla luce una situazione di pregiudizio per il minore tale da precluderne l’adeguata rappresentanza processuale da parte di entrambi i genitori; d) quando ne faccia richiesta il minore che abbia compiuto quattordici anni. In ogni caso il giudice può nominare un curatore speciale quando i genitori appaiono per gravi ragioni temporaneamente inadeguati a rappresentare gli interessi del minore. Il provvedimento di nomina del curatore deve essere succintamente motivato. Si applicano gli articoli 78, 79 e 80”.
Le ipotesi di grave pregiudizio per il minore sono rappresentate da grave inadeguatezza genitoriale correlata a condotte pregiudizievoli che possono sfociare in decadenza, limitazione e sospensione della responsabilità genitoriale. È bene rimarcare che l’ipotesi fa riferimento, in questo caso, non ad una valutazione ex ante e in astratto, ma ex post e in concreto, così “ammorbidendo” quella giurisprudenza che si era enucleata in particolare sui giudizi de potestate e che prevedeva la nomina di un curatore speciale in ogni procedimento de potestate (Cass. Civ., Sez . I, ord. n. 38720 del 6/12/2021).
Le ipotesi di temporanea inadeguatezza genitoriale sono, invece, rinvenibili in situazioni di elevata conflittualità familiare, soprattutto nei casi in cui il contrasto tra genitori non permette al Giudice una adeguata rappresentazione degli interessi dei minori coinvolti; questa ipotesi si è evidentemente modellata sulla giurisprudenza sviluppatasi nei procedimenti di separazione e divorzio (Cass. Civ., Sez. I, n. 12957 del 24/5/2018). È stato osservato, in realtà, che sarebbe necessario definire in maniera più puntuale proprio il concetto di inadeguatezza e che, in ogni caso, lo stesso presuppone, comunque, un’indagine ben più approfondita di quella relativa al conflitto di interessi.
Se ricorre una situazione di conflitto, la mancata nomina del curatore speciale rappresenta un vizio inerente alla costituzione del rapporto processuale, con violazione del principio del contraddittorio (Cass. Civ. n. 11786 del 5/5/2021; Cass. Civ. n. 40490 del 16/12/2021), con conseguente nullità insanabile ed assoluta di tutti gli atti compiuti nel procedimento, rilevabile dal Giudice anche d’ufficio, ancorché la giurisprudenza di legittimità non abbia mancato di temperare gli effetti più dirompenti di tale premessa, ad esempio ritenendo che, pur a fronte della nullità, non consegua la rimessione degli atti di causa al primo grado di giudizio, soprattutto nel caso di procedimenti volti all’adottabilità del minore, ove le esigenze di speditezza e celerità sono preminenti (Cass. Civ. n. 12020 del 7/5/2019).
Il potere di rappresentanza processuale del minore che compete al curatore speciale comporta, in concreto, la possibilità che lo stesso svolga una serie di attività quali, in via esemplificativa: costituirsi in giudizio; prendere posizione sulle richieste dei genitori, dei Servizi sociali, del CTU nominato dal Giudice; formulare le proprie domande e avanzare istanze istruttorie sulle domande in cui sussiste un interesse del minore.
Per quanto la figura del curatore speciale del minore possa definirsi una figura tipicamente processuale, con la cd. riforma Cartabia (novella introdotta con il D. Lgs. n. 149 del 10/10/2022) vengono meglio definiti i contorni delle fattispecie in cui è prevista la nomina del curatore speciale del minore con attribuzione allo stesso di poteri (anche) di natura sostanziale, laddove la norma prevede, al terzo comma, l’espressa possibilità che il Giudice attribuisca al curatore speciale del minore, “con il provvedimento di nomina o con provvedimento non impugnabile adottato nel corso del giudizio” specifici poteri di rappresentanza sostanziale.
La norma ha destato preoccupazioni tra gli operatori del diritto per la eccessiva indeterminatezza dei poteri sostanziali che in concreto il Giudice può attribuire al curatore speciale del minore. Le raccomandazioni del CNF del 22/6/2022, al punto 4, prevedono che “il curatore speciale del minore al quale l’Autorità Giudiziaria procedente abbia attribuito poteri di rappresentanza sostanziale, qualora ciò non sia già avvenuto, deve attivarsi affinché il Giudice specifichi in concreto tali poteri e gli obiettivi specifici ai quali siano finalizzati”. I poteri di rappresentanza sostanziale da attribuirsi al curatore speciale, pertanto, dovrebbero presupporre statuizioni giudiziarie puntuali adottate all’interno di un progetto di intervento sul minore (il cosiddetto “piano genitoriale”).
In realtà, sono state sollevate importanti perplessità in ordine all’attribuzione in capo al curatore speciale di poteri di “rappresentanza sostanziale”, secondo il nuovo disposto normativo di cui all’art. 80 c.p.c. e all’art. 473 bis – 8 c.p.c.. Andrebbe chiarito e delimitato l’ambito della rappresentanza sostanziale, posto che, in ogni caso, comporta per l’avvocato-curatore speciale del minore l’assunzione di ulteriori responsabilità, che pur esulando dall’attività forense possono avere diretta rilevanza sia sotto il profilo deontologico sia sotto il profilo dell’obbligo di assicurazione professionale.
Nella prassi di alcuni Tribunali già da tempo vengono attribuiti agli avvocati-curatori speciali, soprattutto nei casi di conflitto dei genitori, poteri di rappresentanza sostanziale (confronta Tribunale di Treviso, Sez. I, del 26/4/2022), che in concreto consistono, ad esempio, nell’iscrizione del minore a scuola, nella sottoscrizione dei moduli per l’attività sportiva o nella scelta del medico o delle terapie. Il curatore speciale non ha, tuttavia, alcun potere di decidere o di adottare in autonomia delle scelte, dovendosi limitare a sollecitare semmai i Servizi Sociali: ne deriva la necessità che i Giudici siano precisi nell’individuare i poteri di rappresentanza sostanziale attribuiti al curatore speciale, fermo restando che, come innanzi sottolineato, rimane onere di quest’ultimo, in caso di formulazioni incerte, chiedere tutte le necessarie delucidazioni al Magistrato.
Si possono richiamano i casi nei quali, a fronte della temporanea impossibilità di affidare il minore ad uno dei genitori, il Giudice ricorre all’affidamento eterofamiliare ai sensi degli artt. 4 e 5 L. 184/1983 o all’affidamento ai servizi sociali ai sensi dell’art. 5 bis L. 184/1983, come dettagliatamente riformati dal D. Lgs. 149/2022.
Con il provvedimento che dispone l’affidamento familiare, ai genitori, di fatto, viene limitata o sottratta la responsabilità genitoriale. L’art. 5 bis L. 184/1983 prescrive al giudice di stabilire quali decisioni di maggiore interesse vengono assunte dall’ente affidatario, quali rimangono in capo ai genitori, quali vengono affidate al curatore speciale ove nominato.
“La norma si pone l’obiettivo di arginare i noti problemi e carenze conseguenti ai provvedimenti di affidamento dei minori ai servizi sociali, laddove accade che i responsabili dei servizi, anche a causa dell’elevata conflittualità dei genitori e dell’incapacità di arginarla, non sono in grado di compiere le scelte necessarie nell’interesse del minore, anche quando espressamente attribuite dal provvedimento, con frequente rimpallo di responsabilità fra autorità giudiziarie ed amministrative. … La riforma in pratica – pur non enunciandolo formalmente – è come se suggerisse in questi casi la nomina di un curatore speciale con compiti di rappresentanza processuale e contestuale attribuzione di specifici poteri sostanziali (in “Il nuovo statuto in tema di curatore speciale, tutore e curatore del minore. Artt. 473-bis.7 e 473-bis.8 cpc” di Cesare Fossati, Osservatorio Nazionale sul Diritto di Famiglia, www.osservatoriofamiglia.it/contenuti). Nella pratica, al curatore speciale andranno attribuiti poteri di rappresentanza sostanziale soprattutto con finalità esecutiva di decisioni già assunte con il provvedimento del Giudice.
Si tratta, come è evidente, di un modo di intendere il curatore speciale non come avvocato del minore, quanto, semmai, come il professionista che assiste il minore in tutti gli ambiti che possano essere attinenti alla sua tutela processuale, svolgendo, quindi, compiti che non rientrano strettamente nel ruolo del difensore, ma che sono, comunque, funzionali alla salvaguardia del benessere del minore. Un ruolo che, tuttavia, necessita di chiarimenti, posto che il curatore speciale del minore non può essere considerato un ausiliario del Giudice, neppure alla luce della recente riforma e, in tal senso, sarebbe oggettivamente apprezzabile (oltre che evidentemente auspicabile) la collaborazione fra Giudici e curatori speciali, così come fra tutti gli attori del processo.
Proprio al fine di ottimizzare il risultato di tale collaborazione è quanto mai necessario che vi sia chiarezza nell’individuazione dei diversi compiti: Giudici, avvocati, consulenti tecnici, curatori speciali, assistenti sociali possono collaborare in maniera efficace – e quindi tutelare gli interessi dei singoli minori coinvolti – soltanto laddove ne siano ben definiti i ruoli, i compiti, i doveri e i limiti delle attribuzioni di ciascuno.
La attuale vacatio normativa in materia ha permesso il proliferare di prassi diverse e opinioni divergenti anche sulle stesse modalità di esecuzione dell’incarico, soprattutto in ordine all’ascolto del minore. L’art. 473 bis – 8 c.p.c. precisa, al comma 3, che: “…il curatore speciale del minore procede al suo ascolto ai sensi del terzo comma dell’art. 315 bis del c.p.c. in tutte le questioni e le procedure che lo riguardano, nel rispetto dei limiti di cui all’art. 473 bis 4 del c.p.c.”.
Nel caso di ascolto da parte del curatore speciale, le finalità dell’incombente avranno ricadute anche nel processo e, per tale ragione, è necessario che il curatore speciale informi sempre il minore della natura del procedimento in corso, del suo ruolo e di come egli assicurerà la sua partecipazione nel corso del giudizio; indicazioni – queste – previste espressamente, peraltro, dalla Convenzione di Strasburgo del 25/1/1996 (Convenzione europea sull’esercizio dei diritti dei minori), in particolar modo con riferimento all’art. 3 di tale strumento sovranazionale.
Così come restano discusse le modalità concrete di ascolto del minore da parte del curatore speciale: infatti, mentre un orientamento ritiene che il curatore speciale potrebbe ascoltare il minore esclusivamente alla presenza dei genitori, degli assistenti sociali o degli affidatari, altri ritengono, invece, che il curatore possa ascoltare il minore anche da solo.
Le ipotesi di “non ascolto” da parte del curatore speciale sono, poi, disciplinate dal disposto normativo di cui all’art. 473 bis. – 4 c.p.c. (rubricato “Ascolto del minore”), espressamente richiamato dal più volte citato art. 473 bis. – 8 c.p.c.: non si procederà all’ascolto quando risulti in contrasto con l’interesse del minore stesso o quando l’incombente si riveli manifestamente superfluo o, ancora, allorché ci si trovi di fronte all’impossibilità fisica o psichica del minore rispetto all’ascolto; infine, valorizzando la rinnovata centralità del minore che la riforma ha inteso attribuirgli, non si procederà all’ascolto se il minore stesso manifesta la volontà di non essere ascoltato.
La dottrina e la giurisprudenza si interrogano, inoltre, su come, in concreto, il minore ultraquattordicenne possa fare richiesta di nomina del curatore (art. 473 bis – 8, lett. d). Dai primi confronti sul tema, è stata ipotizzata la previsione di un’udienza ad hoc per offrire al minore tutte le informazioni e spiegazioni necessarie ed è stato anche ipotizzato di inserire sui siti web dei Tribunali delle schede informative per i minori o di darne, comunque, notizia sui social o nei luoghi frequentati dagli adolescenti (scuole, palestre, teatri). In ogni caso, in attuazione di quanto previsto dalla riforma, bisognerebbe garantire al minore la possibilità di manifestare al Tribunale la sua volontà di essere rappresentato da un curatore speciale e stabilire le modalità concrete dell’esercizio di questo diritto, posto che gli avvocati dei genitori non possono interloquire con il minore e che laddove lo facessero andrebbero incontro alla sanzione prevista dall’art. 56 comma 4 del codice deontologico forense (sospensione dall’esercizio dell’attività professionale da sei mesi ad un anno).
Il comma quarto della norma in questione ha esplicitamente introdotto e proceduralizzato anche la facoltà per il minore ultraquattordicenne, per i genitori esercenti la responsabilità genitoriale, per il tutore e per il pubblico ministero, con istanza motivata, di chiedere la revoca del curatore speciale per gravi inadempienze o perché sono venuti meno i presupposti che hanno condotto alla nomina.
Una delle problematiche più discusse della quotidianità pratica riguarda la possibilità per il curatore speciale di ricevere i genitori del minore in studio: è diffusa la convinzione che tanto possa avvenire solo alla presenza dei rispettivi avvocati, in quanto diversamente il comportamento del curatore integrerebbe i profili di un illecito deontologico; questa convinzione è avversata da chi sottolinea che il mandato del curatore speciale è, comunque, svolto nell’interesse superiore del minore per cui non sarebbe necessaria la presenza “garantista” degli avvocati dei genitori.
Altra problematica discussa è quella relativa al pagamento del curatore speciale: da un lato, si ritiene che vi debbano provvedere i genitori del minore (come avviene per il Consulente Tecnico d’Ufficio), d’altro lato, secondo un diverso orientamento – conformemente, peraltro, ad una prassi già diffusa – si ritiene preferibile (e giusto) optare per il patrocinio a spese dello Stato.
Nel complesso quadro descritto, sicuramente ancora tutto in divenire, il curatore speciale del minore non deve sicuramente essere visto come un antagonista dei genitori, ma come colui che deve far emergere nel giudizio il punto di vista del minore e tutelare i suoi diritti: affinché questo si realizzi è necessario che i professionisti che operano nel processo abbiano adeguate competenze multidisciplinari, empatia e capacità di ascolto.
Il Consiglio Nazionale Forense in data 22/6/2022 ha pubblicato un documento intitolato “Raccomandazioni per gli avvocati curatori speciali di minori” in cui ha messo in evidenza la necessità che l’incarico sia svolto nel rispetto dei principi di indipendenza, competenza, correttezza e lealtà. D’altro canto, a dispetto del rilievo della figura del curatore speciale del minore, la riforma, come innanzi detto, non ha dato alcuna indicazione in ordine alla formazione dei curatori, né ai requisiti per poter essere inseriti negli elenchi messi a disposizione dei giudici. A tal proposito, sono diversi gli Ordini degli Avvocati che si sono attivati, stabilendo alcuni requisiti per l’inserimento negli elenchi (come, ad esempio, la partecipazione a corsi di formazione, l’aver patrocinato nell’ultimo anno un numero determinato di procedimenti in materia di famiglia e minori); alcuni Ordini degli Avvocati, nel rispetto della trasparenza, hanno reso accessibile l’elenco, mentre altri hanno preferito non pubblicarlo.
È evidente, pertanto, che sul territorio nazionale resta marcata una disomogeneità di orientamenti che rende quantomai opportuno un immediato intervento teso ad uniformare la disciplina, attraverso una normazione di quelle prassi territoriali che valorizzano la formazione e la competenza dei curatori speciali del minore, nonché la trasparenza nella tenuta dei relativi elenchi, al fine di colmare una grave lacuna del sistema, soprattutto nell’interesse superiore del minore stesso.
Il profilo nevralgico del curatore speciale del minore rileva con specifico riferimento alle azioni di stato e appare interessante riportare, pur se a titolo meramente esemplificativo, alcuni esempi al fine di evidenziarne il ruolo in tali procedimenti.
Nell’azione per il disconoscimento della paternità, ai sensi e per gli effetti del dettato normativo di cui all’art. 244, comma 6, cod. civ., se il figlio è minorenne l’azione può essere promossa da un curatore speciale, che viene nominato su istanza del figlio stesso se egli è ultraquattordicenne, ovvero su istanza della madre o del PM se il figlio è infraquattordicenne. Quanto alla legittimazione passiva, l’art. 247, comma 2, cod. civ., prevede che il genitore deve chiedere la nomina di un curatore speciale per il figlio minorenne convenuto in giudizio.
La disciplina legislativa dell’azione di disconoscimento della paternità prevede che si faccia sempre luogo alla nomina del curatore speciale in favore del figlio minorenne, sia che questi assuma la veste di attore, sia che lo stesso sia convenuto in giudizio; e ciò in quanto sussiste sempre un conflitto, anche solo potenziale, tra il figlio ed entrambi i genitori.
L’azione per il reclamo dello stato di figlio (art. 239 cod. civ.) può essere proposta unicamente dal figlio, che, se minorenne, sarà rappresentato da un curatore speciale. Se, diversamente, l’azione è proposta nei confronti del figlio minorenne, questi può essere convenuto in giudizio unicamente se rappresentato dal curatore, così come nella azione di contestazione dello stato di figlio.
Con riferimento, poi, all’azione di impugnazione del riconoscimento per difetto di veridicità, l’art. 264 cod. civ. prevede che se attore è il figlio riconosciuto contra verum l’azione può essere promossa da un curatore speciale nominato dal Giudice su istanza del figlio minore che abbia compiuto quattordici anni oppure del Pubblico Ministero o dell’altro genitore che abbia validamente riconosciuto il figlio, quando si tratti di figlio di età inferiore.
Nel caso di azione per la dichiarazione giudiziale della paternità o della maternità (art. 269 cod. civ.), il legittimato attivo è il figlio, che, se minore, è rappresentato dal genitore esercente la responsabilità genitoriale, presumendo che questi agisca nell’esclusivo interesse del figlio e non sussista conflitto di interessi (Cass. Civ. n. 15158 del 11/9/2012).
In particolare, l’art. 273 cod. civ. prevede che l’azione per la dichiarazione giudiziale di paternità o maternità possa essere promossa dal genitore esercente la responsabilità genitoriale nell’interesse del minore; l’azione può anche essere promossa dal tutore, il quale, però, deve chiedere l’autorizzazione del Giudice. Il Giudice può nominare un curatore speciale ove ritenga sussistente il conflitto di interessi (Cass. Civ. n. 16551 del 14/7/2010).
In tema di riconoscimento del figlio nato fuori dal matrimonio, poi, l’art. 250 cod. civ., prevede che si instauri un procedimento contenzioso dinanzi al Tribunale ordinario allorché il genitore che per primo ha riconosciuto il figlio non presti il proprio consenso affinché l’altro genitore proceda successivamente, a sua volta, al riconoscimento.
È noto come il minore abbia diritto a conservare e coltivare un rapporto con entrambi i genitori: sussiste il conflitto di interessi tra il genitore che si oppone al riconoscimento del figlio da parte dell’altro genitore ed il figlio stesso, perciò dovrà farsi luogo alla nomina di un curatore speciale; nel procedimento il minore è parte necessaria (Corte Cost. n. 83 del 11/3/2011; Tribunale di Milano, Decreto del 20/1/2014).
Nella procedura di adottabilità del minore il conflitto di interessi tra quest’ultimo ed i genitori è in re ipsa (Cass. Civ. n. 14063 del 11/6/2010). Tale procedimento deve svolgersi, sin dall’inizio, con l’assistenza legale del figlio minore, dei genitori o degli altri parenti entro il quarto grado che abbiano rapporti significativi con il minore stesso (art. 8 Legge adozione).
Ai sensi degli artt. 15 e 16 Legge adozione la sentenza che dichiari lo stato di adottabilità del minore, così come quella che pronunci il non luogo a provvedere, devono essere notificate anche al tutore e al curatore speciale, ove esistano. Si tratta, in effetti, degli unici richiami che la legge sull’adozione compie con riferimento alla figura del curatore speciale.
Può, altresì, accadere che il tutore versi in conflitto di interessi con il minore, oppure che egli non nomini un difensore per il minore; in tali ipotesi, si procede con la nomina di un curatore speciale (Cass. Civ. n. 3804 del 17/2/2010; Cass. Civ. n. 3805 del 17/2/2010).
Diversamente dalla figura finora delineata del curatore speciale del minore, l’art. 473 bis. – 7 c.p.c. (rubricato “Nomina del tutore e del curatore del minore”), statuisce che: “Il giudice nomina il tutore del minore quando dispone, anche con provvedimento temporaneo, la sospensione o la decadenza dalla responsabilità genitoriale di entrambi i genitori. Copia del provvedimento è trasmessa al giudice tutelare per le prescritte annotazioni sul registro delle tutele. Sino alla definizione del procedimento, le funzioni del giudice tutelare sono esercitate dal giudice che procede. Il giudice può nominare il curatore del minore quando dispone, all’esito del procedimento, limitazioni della responsabilità genitoriale. Il provvedimento di nomina del curatore deve contenere l’indicazione: a) della persona presso cui il minore ha la residenza abituale; b) degli atti che il curatore ha il potere di compiere nell’interesse del minore, e di quelli per i quali è necessaria l’autorizzazione del giudice tutelare; c) degli atti che possono compiere i genitori, congiuntamente o disgiuntamente; d) degli atti che può compiere la persona presso cui il minore ha la residenza abituale; e) della periodicità con cui il curatore riferisce al giudice tutelare circa l’andamento degli interventi, i rapporti mantenuti dal minore con i genitori, l’attuazione del progetto eventualmente predisposto dal Tribunale”.
Il tenore letterale della norma permette di individuare, allora, altre due fondamentali figure di riferimento, ossia il tutore e il curatore del minore.
Con la norma in esame il legislatore, nell’intento di dettare principi uniformi, ha introdotto la differenza tra le ipotesi di procedimenti aventi ad oggetto domande di decadenza dalla responsabilità genitoriale (per le quali si prevede la nomina di un tutore) e domande di cui all’art. 333 cod. civ. (rubricato “Condotta del genitore pregiudizievole ai figli”) per le quali si prevede la nomina di un curatore.
In particolare, in considerazione del fatto che all’apertura della tutela si fa ricorso, ex art. 343 cod. civ., qualora entrambi i genitori siano morti ovvero se, per cause diverse, non possano esercitare la responsabilità genitoriale, si è preferito, in caso di limitazioni della responsabilità genitoriale, adottate ex art. 333 cod. civ., non prevedere la possibilità di nomina di un tutore, ma prevedere la nomina di un curatore del minore, figura alla quale vengono riconosciuti poteri più limitati di quelli del tutore.
Così, il primo comma di questa norma prevede che il Giudice possa procedere all’apertura della tutela ed alla nomina del tutore del minore sia nel corso del procedimento (allorchè siano adottati provvedimenti provvisori di sospensione della responsabilità genitoriale in funzione della successiva pronuncia di decadenza), nominando, in tal caso, un tutore provvisorio, sia all’esito del procedimento ex art. 330 cod. civ., qualora la decadenza venga disposta nei confronti di entrambi i genitori.
Qualora, infatti, la sospensione provvisoria e la successiva decadenza dovessero riguardare un solo genitore, non vi è necessità di nomina del tutore o del curatore, in quanto la titolarità o l’esercizio della responsabilità genitoriale si viene a concentrare sull’unico genitore ritenuto idoneo.
Occorre porre in evidenza che la nomina del tutore nelle due ipotesi previste da questa norma ha natura normativamente obbligatoria, configurando la sua mancanza motivo di nullità con effetti non irrilevanti sia nel giudizio di primo grado sia nelle fasi successive di impugnazione.
Il curatore del minore, invece, è figura, disciplinata sempre dall’art. 473 bis. – 7 c.p.c., che appartiene all’ambito sostanziale, del tutto analoga a quella del tutore e difatti contemplata nella stessa norma, ma con poteri più limitati e specificati nel provvedimento di nomina, in corrispondenza con situazioni nelle quali siano state adottate misure limitative (non ablative) della responsabilità genitoriale. Nella prassi si è riscontrata una casistica in cui ai genitori era stato conservato l’esercizio della responsabilità per quanto concerneva la gestione di questioni di ordinaria amministrazione, attribuendo invece a soggetto terzo il compimento di atti di straordinaria amministrazione, ovvero la decisione su questioni di maggiore rilevanza. L’attribuzione di questi compiti può essere conferita al curatore, ma solo a conclusione del procedimento, quando le limitazioni ai genitori non siano tali da dar luogo alla nomina di un tutore.
In sostanza, il curatore si sostituisce almeno parzialmente nell’esercizio dei poteri genitoriali allo scopo di garantire che, terminato il giudizio, le difficoltà dei genitori o la loro persistente conflittualità non rendano inattuati i provvedimenti assunti dall’autorità giudiziaria o non pregiudichino lo sviluppo e le esigenze dei figli.
Il Decreto Legislativo 149/2022, ha inciso, fra l’altro, modificandoli, anche sugli articoli 47, 49 e 51 delle Disposizioni per l’attuazione del codice civile e disposizioni transitorie, che disciplinano i registri delle tutele e delle curatele tenuti presso l’Ufficio del giudice tutelare, per coordinarne il contenuto con le nuove disposizioni concernenti la possibilità di nomina di un tutore del minore, anche d’ufficio, nel corso ed all’esito dei procedimenti relativi allo stato delle persone, ai minorenni e alle famiglie ed in caso di adozione di provvedimenti de responsabilitate.
Nello specifico, l’articolo 47 disp. att. cod. civ., che disciplina la tenuta presso l’Ufficio del giudice tutelare del registro delle tutele e delle curatele, è stato integrato con l’inserimento nel registro delle curatele, che era destinato a registrare le sole curatele dei minori emancipati, anche delle curatele dei minori, inserendo nel registro i provvedimenti con i quali, all’esito di procedimenti di limitazione della responsabilità genitoriale, sia stato nominato un curatore del minore; l’art. 51 delle medesime Disposizioni è stato modificato con la previsione che nel registro delle tutele e delle curatele devono essere annotati, in capitoli speciali per ciascun minore, non solo i provvedimenti emanati dal Tribunale per i minorenni, ma anche quelli emanati dal Tribunale ordinario, tra cui i provvedimenti che riguardano la responsabilità genitoriale, i rapporti dei minori con i nonni e tutti i provvedimenti limitativi o ablativi della responsabilità genitoriale.
Orbene, il legislatore ha disciplinato tre figure fondamentali nel nostro ordinamento (tutore, curatore e curatore speciale) per “affiancare” o “rappresentare” il minore sia sul piano sostanziale, sia sul piano processuale; purtuttavia, non può non evidenziarsi come, allo stato, sembrano sussistere ancora molteplici criticità che meriterebbero di essere prontamente risolte, con un immediato intervento normativo chiarificatore, al fine di delineare e delimitare i confini delle facoltà e dei poteri conferiti a dette figure nelle loro specifiche attribuzioni, per evitare quelle incertezze interpretative che, soprattutto sul piano sostanziale, potrebbero generare (meglio, generano) una evidente “confusione di ruoli” con effetti negativi sulla figura preminente cui gli stessi sono preposti, ossia il minore.
Sicuramente le figure in esame dovranno essere caratterizzate da una formazione specifica che garantisca la loro indipendenza e terzietà nello svolgimento del ruolo assegnato, che sia di rappresentanza processuale o di assistenza sostanziale, ma anche specifica esperienza, competenza (anche interdisciplinare nelle tecniche di comunicazione con i minori) e sensibilità che li rendano idonei a comprendere il punto di vista dei minori, il contesto di vita degli stessi e le soluzioni più opportune.
La condotta di tutte le figure esaminate non potrà non essere improntata al raggiungimento del superiore interesse del minore e, proprio per questo, al principio della minore offensività, ovvero protesa alla soluzione maggiormente pacificante e più idonea alla riduzione della conflittualità nel processo e al di fuori di esso.
- Avvocato. ISP Bari