a cura di M. Mirella D’Ippolito *
(Seconda parte. La prima parte è stata pubblicata nel numero scorso di ISP notizie)
Un padre di fronte alla sua psicoterapeuta. Parla di sé e di suo figlio, del suo grande amore per lui. La psicoterapeuta – M. Mirella D’Ippolito, nostra socia da molti anni – registra due sedute poi, con il consenso del padre e con nomi di fantasia, decide di pubblicare il contenuto integrale sul nostro notiziario. Il testo è assai lungo, ma abbiamo pensato che la schiettezza, la spontaneità e il “colore” di chi parla non meritassero tagli. Per D’Ippolito, le due sedute “rappresentano uno stralcio dell’Odissea che un padre separato sta affrontando per raggiungere l’amore di suo figlio e riempirlo del proprio amore nel pochissimo tempo di frequentazione che in questo momento è a lui concesso. Esse parlano da sole. La seduta successiva a quelle registrate Ulisse viene da me con un grande senso di impotenza rispetto alla sua Odissea di amore per suo figlio. Mi propone, oltre a continuare la psicoterapia, di aiutarlo a scrivere un libro per suo figlio Gastòn, con la sua verità, i suoi vissuti, il suo punto di vista sulla storia della nascita di Gastòn, sulle origini dell’amore con sua madre, le difficoltà, la separazione, i mille sentimenti che circondano tutto ciò. Mi dice: ‘Penso di darglielo quando mi sentirò pronto, ma immagino verso i 22, 23 anni di Gastòn’”.
Seconda seduta registrata
Che mi racconti di nuovo?
Mah, ti racconto che… tu m’avevi detto da stà 15 giorni zitto, giusto?
Ti avevo proposto, poi non so (……………)
No, io prendo per buono quello che tu mi dici, e io prendo alla lettera quello che tu mi dici.
Addirittura!
Sì, sì, perché me fido de te, lo posso dì?
strong>Grazie, grazie. Ok.
Sò stato zitto tutti ‘sti giorni, però alla fine…
Hai fatto ‘na fatica…
‘Na fatica enorme, perché poi alla fine la cosa bella è che c’è stato qualcuno – che sicuramente esiste un Dio – che gli ha detto quello che gli avrei voluto dì io.
Ma non mi dire! Vedi che aspettare…
Ti spiego. Vuoi sapere perché Gastòn piangeva all’asilo? E oggi è stata penso… Oggi m’ha dato una soddisfazione che tu ‘n pòi capì, Mirè.
Gastòn?
Gastòn. Adesso te la racconto.
Dimmi.
Il giorno dopo che ci siamo visti, siamo andati all’asilo, e Gastòn dai lì che strillava, faceva, e tutto quanto. La mamma a me non m’aveva detto niente, quello che je diceva, mò ti spiego perché. Allora siamo andati all’asilo, e io zitto, zitto. Al che gli ho detto a Gastòn: “Gastò, me la fai ‘na promessa?” Perché è giusto… Io ho iniziato co ‘na promessa, poi me sò reso conto che ‘na promessa è troppo grossa per lui… Gli ho detto: “Sai che papà se tu cominci a piange’ all’asilo papà ci sta male, lavora tutto il giorno male, non vuole che tu fai ‘ste cose all’asilo, perché è ‘na cosa bella, perché uno gioca e tutto quanto, perché comunque l’ambiente è bello… Ti piace lo scivolo?” “Sì, mi piace lo scivolo” “Le maestre?” “Sì le maestre, […nome della maestra], bravissima, buona”, te dice così. Ho detto: “Va beh, Gastò, comunque sappi che a me se tu piangi mi fa male, ok?” La cosa bella sai qual’è stata, Mirè? – e io a ‘sta cosa c’ho fatto caso – che… Loro ci hanno una lavagnetta, prima che entri all’asilo, ci sta ‘na lavagnetta dove ci stanno tutti i nomi dei bambini che vengono attaccati ai giacchettini, pe’ riconosceli, per il posto loro dell’armadietto, e tutto quanto, no? Allora, uno prende ‘sta cosa e se l’attacca qua, e Gastòn c’ha il pulmino, ma è ‘na cosa carina, insomma, il pulmino con scritto Gastòn [cognome]. Allora io che faccio? Vado là e prendo un altro (……….), tipo Lucia (……….)
[risata]
Ho fatto: “Gastò, è questo qua?” e lui già stava attaccato alla madre tipo piovra che non se ne voleva annà… S’è staccato dalla madre, è venuto llà: “No, papà, non è questo”: ha preso el suo… ho detto “Porco giuda, Gastò, scusame!” E questo qua ormai è diventato un gioco nostro.
Ok.
Guarda, ‘na cosa bellissima, Mirè, una cosa bellissima, perché lui aspetta, cioè non entra, se io prima non je faccio il gioco! Il giorno dopo io me sò scordato, insomma, avevo fatto lì, poi ho visto che stava lì fermo, non prendeva il coso…
Allora ti sei ricordato!
Mi sò subito ricordato, ho detto: “Eccolo!” “No questo, papà: quest’altro.”
[risata]
Guarda, m’ha dato un’emozione che tu ‘n pòi capì… Ma non è quella… Alla fine, tolto questo qua, tolto il nostro momento diciamo di…
… di gioco.
… di gioco, se riattacca alla madre. Incomincia a piange’, tutto quanto, allora io lo prendo, ie dico: “Ciao Gastò, ‘n bacio, da ‘n bacio a mamma” e ‘o do alla maestra: “Ciao Gastò, ci vediamo” e (……….). Scendendo le scale, incontriamo una signora, che io conosco perché è cliente mia, però era parecchio tempo che non la vedevo, e… – vabbè, in quell’occasione m’ha detto “Guarda, ci vediamo nel pomeriggio”, infatti è venuta nel pomeriggio, e abbiamo potuto condivide’ un pò quello che è successo – … A un certo punto, ‘sta signora se ferma e me fa: “Come va, Ulì, tutto bene?” e (……….) arriva pure la mamma. Allora gli ho detto: “Come se trova Gastòn con gli altri bambini?” Me fa: “Se trova bene”.
Perché, è un’insegnante di lì?
E’ una signora che aiuta la maestra, un’aiutante della maestra.
Ok.
“No, no, si trova bene…”, mentre che stava a arrivà lei, e se ne stava a andà, ho detto “Ste’, vieni a sentì tu’ figlio, forse è più importante che se te ne vai, no? Vieni qua a sentì quello che c’hanno da dì de tuo figlio”. Lei non me risponne, nel senso, quanno, quanno je dico ‘e cose, mò, non me risponne più… Pare strana come…, guarda che non so che cazzarola sta a succede’, ma s’è cambiato proprio da così a così… Allora io, gioco forza de ‘sta cosa, ho detto: “Allora, stavamo a parlà de Gastòn come…
… si trova…
… si trova” “Gastòn gioca, Gastòn gioca co’ tutti, condivide tutto quanto con gli altri bambini, è un bambino sano, un bambino formato, è un bambino generoso, amorevole, cioè è uno che proprio sta bene insieme alle altre persone, però a un certo punto s’affaccia alla finestra e io gli dico: “Gastò, ma che…?” e lei subito: “Sì, sì, se s’affaccia alla finestra, io gli dico che sto qua sotto”. Allora lei gli ha detto: “Mi fai il santo favore, gli dici che vai a fare la spesa, gli dici che vai in piscina, ma non gli dire più che stai qua sotto”. Lo sai io qui dentro che mi sò sentito, Mirè? Io me la sò guardata co’ un senso proprio de…
… la volevi abbraccià?
Sì, per… pe’ dije quanto me fai tenerezza, pena, ma… sì forse pena, no a lei, a mia moglie eh, perché lei je diceva: “sì, è vero, perché io gli dico che sto qua sotto”, così Gastòn s’affacciava alla finestra, non vedeva la madre, e ricominciava a urlà. Hai capito come sta, (……………), era quello che se credevamo noi, l’abbandono totale, perché lei gli diceva ‘na cosa, Gastòn s’affacciava alla finestra o comunque diceva: “Fai vedere fuori? fai vedere fuori?”, e non capivano il perché, allora lo prendevano ‘n braccio, vedeva che la madre ‘n ce stava, e cominciava a piagne, capito? E lei gli ha detto: “Mi fai il santo favore di non dirgli più questo, perché Gastòn non è stupido, è un bambino che ha fatto, ha dimostrato che ha sceso le scale da solo, se ne voleva andà, quindi me fai il santo favore che noi stiamo facendo un lavoro diverso, proprio un lavoro di condivisione con gli altri bambini, il giusto distacco con la famiglia perché ci dovrà essere adesso (……….), e tu non gli puoi dì che stai qua sotto!” Lo sai come me sò sentito…
Prima hai detto che la volevi abbraccià…
Volevo abbraccià lei, e volevo abbraccià lei come a dije: “Non ti preoccupà che tanto prima o poi crescerai!” a mia mo…, alla mia ex moglie.
Eh! Eh!
Capito quale è stata la reazione mia? E da lì Gastòn… evidentemente lei ci parla molto di più, gli dice che non va… E’ lei che a ’sto punto s’è trovata… quello che noi l’altra volta pensavamo che cosa dovevamo dirgli, adesso è lei che gli dirà sicuramente che mamma fa altre cose, non so se… la bucia mò glie la sta a dì lei non glie la sto a dì io! Quindi il figlio, secondo me, Gastòn se renderà conto delle cazzate che je sta a raccontà, perché so tutte cazzate, o ‘a spesa, o andà a lavorà, o tutto quanto, perché non fa un cavolo tutto il giorno, scusa il francese. Però una cosa è stata così da stammattina… Stammattina je compro un (……….), che è un borzellino da 2 euro e 10, 2 euro e 50, è un borzellino con la faccia del (……….) co’ dentro le caramelle, dove io je dico: “Senti questo qua – gli ho detto – senti qua dentro ‘a tasca de papà!” Ha sentito dentro ‘a tasca, ha sentito qualcosa de diverso, (……….), e gli ho detto: “Però se tu stavolta entri e me prometti a papà che non fai un pianto, papà te lo regala”. Mirè, non so se è stato quello, o un’altra cosa. Io sò andato lì, ho rifatto il gioco mio de…
No! questo è un rito, un rito!
Sì, sì, è un rito, ormai… Mi sò sbagliato! Non ha fatto… E’ entrato da solo, ma io il gioco già gliel’avevo dato prima, cioè il gioco, ‘sto borzellino, l’avea fatto vedè subito alla maestra, gli ha detto: “Questo papà me l’ha regalato”, la maestra gliel’ha preso e gliel’ha messo da ‘na parte, lui è entrato dentro… Mirè, non me ne volevo più annà stamattina dall’asilo, perché ‘n me sembrava vero…
[risata]
Guarda, eh… Dopo ‘a madre giustamente m’ha ripreso, m’ha detto: “Va beh, però se fàmo così, insomma, mò tu, mò io, è normale che…”. Però era, ‘o sai come…
E che ogni volta gli dovete regalare qualcosa, dici?
No, no, a parte il regalo che mò…
In che senso lo diceva?
Perché io me riaffacciavo a vedè se era tutto a posto, perché non me sembrava vero, Mirè!
Ah, ok, ok,ok.
Stava seduto al banchetto, con 3 o 4 giocattoli, non so neanche come ha fatto a pianne in tre secondi 3-4 giocattoli, già stava a giocà tranquillo, m’ha visto, m’ha fatto un leggero soriso, e poi (……….). Mirè, io stammattina non me ne volevo annà!
Bellissima questa cosa.
Perché è stata una cosa bellissima, una cosa bellissima! E ti dico pure un’altra cosa, che…
Scusa, tu pensi che la mamma gli sta dicendo, sta seguendo quello che ha detto la maestra, il suo suggerimento?
Penso di sì, penso di sì, perché Gastòn è molto più inserito all’interno dell’asilo.
No, anche il distacco migliore.
Sì, se sente molto meno, e non è una cosa che ho visto, diciamo che le lacrime…
uindi è ancora peggio di come ipotizzavamo noi, non era solo il fatto che lui nella sua testolina pensava: “ma perché devo andare all’asilo se mamma non fa niente?”, ma addirittura era un messaggio della madre: non mi voglio staccare da te, io madre, non mi voglio staccare da te, e tant’è vero che non mi voglio staccare da te che ti dico che sto qua sotto, e era pure, anche quella una bugia…
Esatto, esatto.
… ancora più grave…
Esatto.
… di quelle che al limite gli può dire adesso.
Io, perchè non lo sapevo, ecco perché me veniva d’abbracciarti e de dirti “prima o poi crescerai”, perché non sapevo tutto questo, se non me fossi messo a parlà co’ ‘sta signora.
Certo.
Capisci che a un certo punto… e però vedo, vedo – mò indipendentemente dal registratore, ma l’avrei detto comunque – vedo molto più attaccamento di Gastòn verso i confronti miei rispetto veramente a tempo fa, come se Gastòn me riconoscesse, me comincia a riconosce’ come ‘na figura importante. Ma perché? – può darsi che è ‘na scusa, eh! – : perché devo fa un lavoro di 3 ore, di 6 ore per 2 giorni, devo fa un enorme lavoro, a differenza della madre che ce l’ha tutto il tempo. Cioè ma tu te puoi immagginà se io ce l’avessi veramente 3-4 giorni (….……) che cazzarola poteva…
Senti, se vuoi spengiamo il registratore…
No, no, no.
… se vuoi spengiamo il registratore perché ti volevo chiedere a che punto è la messa a punto della sentenza nuova. Vuoi che lo fermiamo?
No, no, no, io parlo liberamente. La messa a punto della sentenza nuova è a febbraio, della fine della separazione, è a febbraio. Del pignoramento…
Eh no, aspetta aspetta, per capire: se a febbraio nella sentenza nuova si decidono dei diversi modi con cui tu vedi Gastòn…
Sì, a febbraio.
Capito, è quello che dicevo, perché 3 ore il martedì, 3 ore il giovedi, e domenica senza il pernottamento a 3 anni è proprio poco così. Questo volevo dire… Quindi a febbraio vedete tutta questa cosa?
No, a febbraio il giudice si esprimerà proprio su questa cosa, proprio sulla conclusione della separazione. Infatti io a febbraio…
Perché quindi adesso era provvisoria…
No, adesso era la sentenza che comunque sia lui non voleva cambiare.
No, dico, fino adesso era provvisoria, perché era piccolo Gastòn.
Sì, è la cosa mascherata che ha detto il giudice, sì, sì, provvisoria. Diciamo che lui non voleva altre beghe, tipo ricorsi e cose varie da parti nostre, allora ha stoppato da parte mia, ha stoppato qualsiasi…
… richiesta…
… istanza che noi facevamo. Quindi, in poche parole, ripeto: [nome del Giudice] è ‘na persona stronza fino alla morte, però posso pensare che oggi è ‘na persona validissima, quindi lo rispetto per il suo lavoro che fa, perché ha dato a tutt’e due veramente un’impostazione giusta, soprattutto quando disse: “Io ‘sto bambino ve lo tolgo, perché non siete degni tutti e due di averlo”. E effettivamente, c’era bisogno che ce lo diceva lui, perché da quel giorno le cose son cambiate. Io infatti [nome del Giudice] – ma lo farò a sentenza finita! – glie stringerò la mano, davanti a tutti, senza… in modo tale che non ci sia corruzione, sai, quelle cose, moine che fai e cose varie, corruzione verbale, glie dirò: “Lei è stata la persona fondamentale de ‘sta separazione”.
Aspettiamo di vedere che cosa dice a febbraio.
Ma a me pure se… ma comunque sia [nome dell’avvocato] m’ha detto: Ulì…
… nel senso che è importante il pernottamento, durante la settimana, è importante che aumenta il tempo in cui tu stai con Gastòn…
… con me, che scherzi!
Proprio per quello che tu dici: la fatica che tu fai in quelle 2 ore, 3 ore du’ volte a settimana per farti riconoscere da Gastòn come persona importante.
Esatto. Esatto.
Quello che dicevi prima.
Esatto. Lui per esempio, che te posso dì, è ‘na cosa buffa perché, Mirè, quando lui ariva ca ‘a macchina – lì ce stà ‘n baretto che ce devi per forza passà ca’a macchina davanti, io me fermo lì, soprattutto stammatina che faceva freddo – ma sempre l’ha fatto, dal primo giorno che ha iniziato l’asilo, lui in poche parole… è bello perché te riconosce e ride, non è che piange o che cosa, fa quei sorisini da regazzino e se nasconde!
Ah!
Come a dì “cercame”, perché noi giocamo parecchio a nascondino, e ‘o fa (……….), perchè lui sarebbe capace da prenne, mettese dietro a ‘sta sedia e contà, e io a ride, “papà conta” e io faccio: “ndo stà Gastòn, no ‘o vedo Gastòn”, magari esce tanto così fuori da ‘a sedia, no? “no lo vedo Gastòn, a eccolo!”: incomincia a ride’ come un pazzo…! cioè gli piacciono ‘sti giochi, gli piacciono, no? E quindi qualsiasi occasione, quando io me nascondevo dietro al cartellone del bar, te l’avo raccontato, quando me mettevo sopra all’alberi, oppure me mettevo a fa altre cose, lo mannavo quasi in estasi, lo mannavo, lo mannavo proprio fuori de testa, proprio.
Bello.
L’altro giorno stava al negozio, allora – e io poi la fortuna mia è che c’ho 3-4 ragazzi che sò eccezionali, dove non arrivo io arrivano loro, e loro se potrebbero fumà ‘na sigaretta in un momento de riposo, e invece giocano con Gastòn, me danno veramente una forte mano – l’altro giorno gli hanno detto, Gastò, dài, viecce a da ‘na mano a pulì le tazzine (le tazzine coi colori, ‘ste cose qua), allora gli hanno messo i guanti che gli andavano 5 volte (……………), 5 volte…
[risata]
Gli hanno messo ‘na parannanza che usamo noi pe’ i colori lunga fino ai piedi, c’ho un video che te lo devo fa vedè, l’hanno messo su un piedistallo, e si vedeva lui che lavava le cose… Fa delle cose, Mirè, che… l’altro giorno ha preso la pezzetta e s’è messo a pulì tutto il negozio, per dire, no? Fa delle cose che è proprio… è ‘n’amore! E viene riconosciuto bene, da chiunque, dai clienti, da persone che non lo vedono mai… E’ adorabile, è adorabile, adorabile!
Bellissimo.
Adorabile!
E mò vediamo come procede.
Adesso, però, credime Mirè…
Hai più fiducia.
Sì, (……….) in me stesso.
Allora ti vorrei chiedere una cosa, una cosa. Che cosa hai imparato da questo fermarti e aspettare, e non agire impulsivamente subito tu, e solo tu, perché solo tu potevi risolvere il problema?
Quello che ho imparato? quello che m’è stato insegnato, direi, perché imparare, da solo non avrei imparato nulla, se non ce fosse stato qualcuno che m’avesse aperto gli occhi, avrei sicuramente toppato ancora. E quello che io…
Cioè avresti agito impulsivamente…
Avrei sempre fatto cose troppo d’impulso. Quello che ho imparato è che sicuramente…
Quindi, non avendole fatte tu, perché non le hai fatte tu…
Non le ho fatte io, sì.
… che cosa hai imparato da te stesso?
Da me stesso che… un proverbio, diciamo che io parlo molto a proverbi, e dico che ‘a parola è d’argento e il silenzio è d’oro. Oggi come oggi, diciamo nella vita corente, faccio più parlare che rispondere. Faccio parlare gli altri. Poi ti dico due cose…
Quindi, anche quest’ultima esperienza ti conferma che il silenzio è d’oro… Questo già l’avevi cominciato a applicare.
Sì, però l’ho consolidato. Qui vale la legge dei passi, dei piccoli passi: vai, consolidi e vai avanti, e lo trovo molto, molto utile. Per i clienti, nei reclami, nelle discussioni, trovo che sia la cosa migliore, perché quando non parli fai meno danni, non apri altri capitoli, pure con mio fratello…
Aspetta, spengiamo così, che stiamo parlando di altri.
Sì, spengiamo.
Vai! Pure con Gastòn?
Pure con Gastòn, il fatto di parlare come m’hai insegnato, o comunque come hai cercato de insegnamme, mai parlà…
… di proporti, di proporti, poi tu l’hai fatto tuo, poi tu l’hai fatto tuo. Perché, vedi, io dico sempre: se tu fossi stato un sasso, e io avessi annaffiato, non sarebbe nata una pianta, ok? Quindi, in realtà, io ho proposto, e tu hai raccolto.
Certo.
Quindi, diciamo, fino a un certo punto ti ho insegnato, è anche tu che hai imparato.
Sì, per carità. Però una cosa tipo: “Che ne pensi, Gastò? Che facciamo, Gastò? A che vuoi giocare oggi, Gastò?”… io è ‘na cosa che quando lo vado a prenne glie lo dico sempre: “Che gioco te piacerebbe fa, Gastò?”
Quindi lo fai scegliere.
Sì, lo faccio scegliere.
Quella è una cosa tua, no?
No, il fatto… Io prima, che te posso dì: “Giocamo a palla!”, poi “Giocamo co’ le carte!”
Ah, ho capito, ho capito.
“Che te piacerebbe fa, Gastò?”, o per esempio l’altro giorno: “Che t’aspetti da ‘sta giornata?”
Ah, ok.
Che poi la parola ‘che ti aspetti’ forse ancora non…
No, eh! lo capisce col non-verbale, lo capisce col non-verbale.
Non lo so, non lo so. Però è cambiato anche forse il mio non-verbale, ma perché sono più positivo.
Più rispettoso, anche.
Anche, non invado più il suo spazio.
Esatto, esatto, più paritario…
Penso di sì. Sì, sì.
Prima eri tu che conducevi, adesso…
… e me sò reso conto d’avè fatto tante stronzate, tipo lo scivolo, e tutto quanto. E poi quello lì, domenica, io vojo, vorrei riportarlo giù, dicendogli: “Che ne pensi, vogliamo andà ai scivoli, te ricordi papà… però papà te fa fa le cose giuste (……….) e l’altra volta ho sbagliato. Vediamo come la prende. Cioè, comunque è un… praticamente adesso…
E’ molto importante, questo, perché fa fin da subito, fin da 3 anni fa vedere a Gastòn come non sei un Dio, cioè puoi anche sbagliare, e questo per un bambino è molto importante.
Sì.
Da una parte perché appunto relativizza il fatto che tu non sei onnipotente, dall’altro anche perché da più spazio a se stesso, e anche si perdona di più, cioè, come tu sbagli, figurati se non può sbagliare lui!
Certo.
Quindi, è come se entrasse una maggiore tolleranza.
Però te posso dire una cosa, Mirè? Sto regazzino, e a me tante volte me fa pensà, sto regazzino non sbaglia!
Non sbaglia…
Non ci credi che non sbaglia? Ci credi che è un bambino che è talmente gioioso, è gioviale, c’ha… posso utilizzare tutti gli aggettivi di felicità…
… che poi son quelli che ha usato la maestra, la coordinatrice, l’aiuto della maestra.
Esatto, esatto… che non sbaglia ‘sto regazzino. Gli avessi mai detto una volta ‘fai quello’, o ‘non fare quello’. Non sbaglia. Oh, è ‘na cosa, guarda… Giusto quella volta dello schiaffo, che glie diedi uno schiaffo, che io poi me sò sentito la peggio cosa che… Solamente lì ha sbagliato.
(……….)
Te ricordi che me sputò, Gastòn…
Ah!
Magari l’aveva preso pe’ gioco, me sputò e me partì uno schiaffo, ma solo quello, in 3 anni, non sbaglia, proprio non sbaglia, Mirè.
Cioè dici che non è aggressivo, non è iperattivo, non è…
E’ iperattivo…
… ma in senso positivo!
Positivo! “Dài, facciamo questo! dài facciamo quell’altro!”, “Papà, dice ‘na cosa” lui dice sempre: “Te devo dì ‘na cosa”…
Non può essere che – perché non sbaglia, con te, non sappiamo cosa fa con la madre…
… co’ la madre, certo.
Non può essere che in realtà non sbaglia con te perché tu stai al passo con lui? Quindi, in realtà, siccome tu sei così bravo… – riconosciti anche questo!
Potrebbe essere.
Datti questo merito!
Sì.
Cioè, siccome tu stai al passo con lui, lui non ha bisogno di andare oltre, non so se riesco…
Sì, sì. Io, per esempio, io gli faccio fa le cose che lui vuole fare.
Appunto, quindi: lo rispetti.
Che te voglio dì… per esempio lui gioca… – gioca! – tira la palla con i piedi, no? Allora adesso ci siamo inventati il ‘batti piedi’: lui ad esempio me fa, che te posso dì, prende ‘a palla, quando la tira bene glie dico: “Mazza che bel tiro!” e lui fa: “Bel tiro, eh, papà?” “Sì, bel tiro!” Poi quanno la manna fòri, cioè da un’altra parte, faccio: “Mazza che brutto tiro, Gastò!” “No, no, bel tiro!” “No, per me è brutto!” “No, no, bel tiro, papà!” “Guarda che è brutto!” “Guarda che è bello!” Però te ‘o dice… ridendo, che tu glie dici: “Sì, va beh, è ‘n bel tiro, va beh, lascia perde’ perché è un bel tiro!”
[risata]
Cioè, non, che te posso dì, non te dice cose… inappropriate, cioè, per la sua età, te dice: “Papà, posso dire ‘na cosa?” No, non te dice… “Dice ‘na cosa” , lui dice: “Dice ‘na cosa, papà” come a dì: “Te posso dì ‘na cosa?” “Sì, dimme che…”, Questo fa, pure che te posso dì, l’altro giorno io glie dico: “Dài, adesso ruba la palla a papà!”, non glie la faccio mai prende’, a un certo punto te fa: “Papà, dice ‘na cosa” mentre stava a cercà de rubamme ‘a palla, me fa: “Dice ‘na cosa: posso far vedere il tiro quello potente che faccio io?” come a dì: mò te devi fermà, perché la palla la devo pijà io, perché se te devo fa vede’!
[risata]
Allora, io me fermo, e lui, capito? Non vedo, che te posso dì: non me dài la palla, te pijo a calci, oppure…
… faccio i capricci
… faccio i capricci, me metto a piange’, urlo, strillo, no: “Dice ‘na cosa, papà? Faccio vedè il tiro potente?” E tu lì… caschi…
Te sciogli!
… caschi come ‘n cretino, tiè eccote la palla, te metti pure per terra, non lo so, faresti qualsiasi cosa… Ecco, questo qua è quello che vedo in Gastòn. E la cosa, devo esse’ sincero, non me disturba affatto.
Eh beh, direi.
Soprattutto su bambini, io vedo che, quando vengono al negozio, non so…, sò irrequieti, me sfasciano il negozio, fanno come glie pare… Non c’è educazione. Perché Gastòn, ad esempio, a differenza che co’ la madre…
Quindi, quando tu dici ‘non sbaglia mai’ intendi anche dal punto di vista educativo, cioè della capacità del rispetto degli altri…
Sì, sì, è vero, non è… come, che te posso dì, quello che io t’ho detto prima, che la parola è d’argento e il silenzio è d’oro, è come se lui lo facesse già a 3 anni. Lui per esempio, vede i bambini – te l’avevo detto tanto tempo fa – lui vede i bambini come persone strane, perché ancora piano piano se deve amalgamà, no? Quando vengono al negozio, lui non è che perché sta a negozio si sente il padrone, oppure sta dentro la sua (……….), no? Ma, che te posso dì, li ammira, li fa giocare, glie dà la roba sua, cioè non è uno che…
E’ mio, è mio, è mio, è mio …
Brava, no! Li fa giocare, poi se mette là piano piano, piano piano, piano piano, lo vedi che gioca co’ tutti… Però in una maniera rispettosa. Tu entri, sei un po’ arrogante, magari più grande e tutto quanto… “’mmazza che bella spada!”, magari un regazzino de cinqu’anni, sei anni… Lui glie la dà. Poi magari questo qua si mette sulla poltrona a giocare, lui s’avvicina e glie fa: “Questa Spiderman, questo qua, questo là…” e comincia a parlà. Capisci quello che te vojo dì, Mirè?
Sì, sì, quindi una capacità di entrare in relazione molto buona?
Sì.
Che poi è quello che, in realtà, dei bambini non castrati hanno sempre…
Mmh, sì…
… dei bambini non uccisi nella loro spontaneità…
Sì.
… hanno, hanno perché i bambini sono così. E purtroppo sono le distorsioni di una educazione magari o troppo forzata, o troppo, anche spesso, isterica… Oggi c’è molto spesso una educazione isterica, cioè che dài troppo, dài troppo, dài troppo magari perché ti senti in colpa perché lavori, e non ci stai appresso… non te!
No, no, in generale, in generale.
In generale, e molto questo da parte delle madri, eccetera eccetera, e poi siccome dài troppo diventi tappeto – si chiamano oggi spesso i bambini tiranni – e improvvisamente esplodi e il bambino non capisce più niente! Perché prima m’hai dato tutto fino a ieri, anzi fino a un minuto fa, e mò esci fuori con ‘na crisi isterica! Per dire no? E questo sia padri che madri. Un tipo di educazione proprio (……………) agli estremi, da un estremo all’altro, capito?
Sì, sì, sì. No, io su quello, guarda, ho sempre spezzato una lancia in favore della mia ex-moglie, perché ho sempre detto che, comunque, anche nella situazione dello schiaffo, non c’è stata una reazione da parte de ‘a madre verso i confronti miei dicendo: “Tu questo non lo devi fa” davanti a Gastòn, assolutamente, come io non farei mai ‘na cosa al contrario di quello che dice ‘a madre. Poi, lei l’ha fatto salì sull’ascensore, “mi sa che ho esagerato” al che io gli ho proprio detto davanti a Gastòn “Ma, secondo me sì”. Cioè, questa forma di rispetto, devo esse’ sincero, lì c’è il rispetto.
Tra voi due? Tra voi due?
Sì, sì, perché è la prima cosa che…
Perché mi sembra che, da un lato è importante non fare troppo fronte comune, padre-madre, perché poi il ragazzino è solo, di fronte a un fronte comune di due adulti; dall’altro, però, è come se voi, in separata sede, vi dite le cose che per l’uno o per l’altro non vanno troppo bene.
Sì, però negli atteggiamenti nostri.
Eh, appunto.
Lei, per esempio, m’ha detto “Lo sai… sai oggi che ha detto la maestra a Gastòn? che è stato proprio bravo!” “Benissimo! bravo Gastòn, bravo” “Sai che oggi Gastòn s’è comportato male?” e allora io: “Perché ti sei comportato male? Non è giusto. Perché hai dato un calcio a mamma? Non te devi permette’. Cioè, i calci non se danno. Al limite glie dici: mamma, ho sbagliato, scusame, …, ma non te devi assolutamente… perché se io te vedo che tu dài un calcio a mamma, io te dò uno schiaffone, perché tu non te devi permette’ de dà un calcio a nessuno”. E’ successo. E io gli ho detto tranquillamente davanti alla madre…
Quindi, tu pensi che questa correttezza relazionale di Gastòn è legata anche a questo vostro modo di essere corretti tra voi due.
Secondo me sì. Secondo me sì, sai Mirè. E su quello, se avessi…
… dicevi di spezzare una lancia…
Sì, no, io gliela spezzo, io la spezzo in lei perché… a parte che gliela spezzerei dietro la schiena, però, va beh, quella è ‘na cosa mia!
[risata] ‘Na cosa tua!
[risata] ‘Na cosa mia! Però verso i confronti de Gastòn sì, perché Gastòn è un bambino formato, e la formazione se vede, non c’è niente da fà. Per dire: vai in giro? Mano nella mano, lui non è che comincia a buttasse pe’ terra, o fa… dice “Papà, stanco”. Benissimo, ci mettiamo setuti. E’ un bambino che, stai a tavola…
Quindi, dice pure quello che pensa, quello che pensa.
Sì, sì… “Papà, quanto manca?”, tipo: “Manca, manca?”, allora lui… Stamattina ha fatto: “Mal de pancia!” (nun voleva andà a scòla, però pe’ ditte), “Mal de pancia!”, s’era messo così “Ma devi fà pipì?” “No” “Devi fà cacca?” “No, pipì”. Ah, va beh. Allora se semo messi dietro a n’albero… n’usciva niente! Allora gli ho detto: “A chi stai a pijà in giro Gastò?” e rideva! (……….) mal de panza, tira tutto su, e (……….), ma scusa, davanti a ‘a madre, eh! Cioè, ‘na cosa… è da Mulino Bianco! A Gastòn, a me… quello che forse non sarà mai, però le cose si stanno, stanno prendendo una piega che non m’aspettavo: sembra un Mulino Bianco, la classica famiglia del Mulino Bianco, separati, Mirè.
Hmm! Hmm! Hmm!
Nel senso che le cose vanno, con molto rispetto da entrambe le parti. Lei m’ha detto: guarda, a ‘sta gita ce vado io – perché sò andati in gita a coglie le castagne su a Nemi, la prossima ce vai tu? Ho fatto: “Guarda, T., a me me farebbe piacere, ma se è de martedì o mercoledì io non me posso mòve’. S’è de lunedì volentieri! C’annàmo tutt’e due insieme, gli ho detto. Tranquillamente, io non ci ho dei problemi de’ ricordi, (……………), nun me frega ‘n cavolo, ormai è finito, per me, c’ho messo una pietra, come in tutte ‘e cose. Quando finisce è finita. Però per Gastòn io sarei disposto a dije: guarda, andiamo a cena? Per dire, se io non fossi stato fidanzato co’ D., gli avrei detto: senti, portiamo a cena Gastòn. Non c’è problema, poi ognuno a casa sua.
E questo pensi che con D. non si può fare?
Assolutamente, che sei matta? No, ma non sarebbe neanche giusto verso i confronti di D.. D. s’è sorbita 2 anni e mezzo di divorzio, ti puoi immagginà…
Di separazione.
… di separazione, ti puoi immagginà. Lascia perde’. Ma, è un pensiero carino verso mio figlio, ma me ritorna subito indietro perché non rispetto D., non me sembra giusto, assolutamente.
Un po’ come un… un lavoro di fino.
Eh, devo lavorà di fino.
Un lavoro di fino su più fronti: T. – poi li cancelliamo questi nomi, eh!….
Sì, io me fido de te!
…T., Gastòn, D., il lavoro, le maestre… Un lavoro di fino.
Sì, sì. Me devo mòve’ in maniera molto leggera.
Dove a monte c’è questo che stai imparando tu, da te stesso, di frenare l’impulsività.
Sì. Sì, Mirè. E sò proprio contento. Guarda, lo sai che ‘na cosa che dicevamo… ah, co’ mio fratello… Mò si po’ spenge’.
Ah.
(Fine)
* (Testo registrato da Mirella d’Ippolito, psicologa e psicoterapeuta. ISP Roma)