di Maurizio Quilici *
Non ci mancava che il coronavirus a rendere la vita dei padri separati più complicata di quanto non lo sia abitualmente. Tutti avrete letto – e qualcuno lo avrà sperimentato sulla propria pelle – come la pandemia che ci sta mettendo alla prova abbia reso in molti casi difficile il “diritto di visita” (sempre questa brutta espressione…). Il Covid-19, infatti, ha costituito un ottimo alibi per quei genitori – affidatari o “collocatari” (altra brutta parola) – che in nome della salute dei figli hanno preteso di vietare gli incontri, ancorché regolamentati da un provvedimento giudiziario, tra i figli e l’ex partner.
Sappiamo bene, le statistiche lo dicono, che il genitore affidatario o collocatario è quasi sempre la madre. Naturalmente si è aperto in molti casi un contenzioso. Morale e giuridico. Quale bene deve prevalere? Quello sacro della salute o quello, altrettanto tutelabile, del rapporto genitore-figlio o, se preferite, della bigenitorialità? In alcuni casi i padri hanno dovuto far ricorso ai giudici e naturalmente i giudici – come spesso accade – hanno agito in ordine sparso, emettendo giudizi discordanti o antitetici (di questo si parla più ampiamente e più dettagliatamente nella rubrica “Diritto e… rovescio”). Così qualche magistrato ha ritenuto prioritario il mantenimento del rapporto genitore-figlio e ineludibili le disposizioni in materia di diritto di visita prese in sede giudiziaria, qualcun altro ha sentenziato che il diritto alla salute prevale.
A leggere le disposizioni dei Tribunali e le pretese dei padri e delle madri si capisce benissimo come in molti casi sarebbe bastato un po’ di buon senso e di reciproca comprensione, ma va da sé che buonsenso e comprensione sono termini sconosciuti alla maggior parte delle separazioni. Dolore, rabbia, risentimento – giustificato o meno – spirito di vendetta: sono tutti ingredienti che condiscono, assieme a una buona dose di egoismo personale – molte separazioni. E allora, quale miglior strumento di questo virus per aggiungere al piatto già ricco di pretesti (le finte malattie, le false denunce di abuso, la presunta volontà del minore opportunamente piegata…) quello, in teoria ineccepibile, della salute dei figli?
E poteva esserci, per un padre, situazione peggiore di quella del separato? Sì, quella del… diviso ma non separato. Ovvero di quei padri che sono separati ma senza un provvedimento giudiziario, o perché separati solo di fatto o perché agli inizi di un percorso giudiziario che ancora non è arrivato alla udienza presidenziale. Per loro la corsa a ostacoli per vedere un figlio è ancora più difficile. Non hanno nemmeno un documento da mostrare alle forze dell’ordine se li fermano e gli chiedono di giustificare la loro presenza lontano da casa.
In realtà, forse la situazione peggiore è quella di un’altra categoria di genitori, quella dei padri detenuti. La sospensione delle visite a causa del coronavirus – mai compensata adeguatamente da mezzi di comunicazione tecnologici quali Skype o videotelefonate – ha reso ancor più drammatico il vissuto di uomini che hanno enormi difficoltà a mantenere vivo il rapporto di amore e autorevolezza con i figli. Ne sa qualcosa il nostro Istituto, che fra i 2013 e il 2014 svolse la ricerca “Paternità senza sbarre”, una indagine in sette carceri italiane, portando alla luce una serie di criticità nel sistema penitenziario per quanto attiene alla doverosa tutela del rapporto padre-figli.
Certo, anche in una situazione difficile e pericolosa come questa non ci sono solo ombre. La forzata permanenza in casa ha fatto scoprire a molti padri i propri figli. Non sembri eccesso di retorica, ma molti genitori, prima del coronavirus, vedevano i figli solo al momento della prima colazione e per il bacio della buonanotte. Così, invece, hanno scoperto la dolcezza e l’importanza (per entrambi, padri e figli) della loro presenza ed è da augurarsi che quando tutto questo finirà valuteranno con metro diverso gli obblighi professionali e quelli di genitore.
E siccome ogni medaglia ha il suo rovescio, in una sequenza che potrebbe essere infinita, è chiaro che la convivenza forzata, specie se in condizioni abitative non ottimali, sta provocando forti tensioni nelle famiglie nelle quali i rapporti tra genitori sono conflittuali. Tensioni e peggio, se è vero che alcuni fatti di sangue commessi da uomini violenti sono stati il risultato di una convivenza forzata ed esasperante. Ho solo dati frammentari su questo triste fenomeno in Italia, ma abbiamo in proposito uno studio sulla Cina: gli episodi di violenza domestica in quel Paese, mentre venivano applicate le rigide norme antivirus, si sono quasi triplicati. Del resto, molte teorie sulla aggressività annoverano sovraffollamento e vicinanza coatta tra le cause scatenanti del comportamento aggressivo. Alcune di esse, per la verità, come quella socio-psicologica sostenuta da John Dollard (1939), collegano strettamente la aggressività con gli stati di frustrazione (lo aveva già fatto Freud) e questo purtroppo mi riporta al discorso dei padri che non riescono a vedere i figli (senza ombra di giustificazione, sia chiaro). Ed io temo che per quanti nuovi rapporti padre-figlio possano nascere ve ne saranno altrettanti padre-madre che non reggeranno alle tensioni quotidiane domestiche.
Come ha scritto lo scrittore e accademico Gabriele Pedullà, stiamo tutti partecipando a “un inedito esperimento filosofico di massa”. Perciò, all’interrogativo che molti si pongono, ossia se il dopo-pandemia ci vedrà più buoni, comprensivi, solidali, o al contrario incattiviti, diffidenti e impauriti, o ancora se torneremo tali e quali, ritrovando la nostra solita natura individualmente buona o cattiva, è difficile dare una risposta, che probabilmente non potrà essere generale ma variare da individuo a individuo. Sostiene lo psicoanalista Massimo Recalcati, che “non potremmo più essere quello che siamo stati ma non sappiamo bene ancora cosa potremmo diventare”. Certo è che per molti padri separati, che pensavano di vivere una situazione difficile e non sapevano cosa li aspettava, sarà la fine di un incubo.
* Presidente dell’I.S.P.