di Gianluca Biggio *
Da decenni si parla di Giustizia riparativa in Italia. Si tratta della possibilità di offrire al reo di un reato (minore o adulto che sia) la possibilità di riparare la pena attraverso un percorso di riabilitazione gestito da Assistenti Sociali esperte del DAP (Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria).
In Italia la ricerca, che vede coinvolta la collaborazione di Portogallo, Grecia, Bulgaria e Turchia è iniziata ne 2023. In particolare, l’ ltalia porta l’esperienza di una procedura definita “Messa alla Prova” che viene applicata solo per coloro che hanno commesso reati da minorenni. La “Messa alla Prova” è gestita della Assistenti Sociali del dipartimento USMM che si occupano specificamente dei minori all’interno del più ampio DAP.
In base alle nuove norme, un minore che segua con successo un percorso di riabilitazione può avere addirittura la cancellazione della pena a fine percorso senza tracce a livello del curriculum giudiziario. I percorsi di riabilitazione possono durare tre anni e vedono pesantemente coinvolta la famiglia (con la figura del padre in primo luogo) e i servizi sociali territoriali cui le Assistenti Sociali USMM (Uffici di Servizi Sociai per i Minorenni) si appoggiano per supporti di vario genere.
Base legislativa del Sistema di misure alternative al carcere e della Messa alla Prova in Italia
Il sistema di “Messa alla Prova” è stato introdotto, con l’entrata in vigore del D.P.R. 448/88, prima per i minorenni e successivamente per gli adulti. La prima attenzione al trattamento dei minori in difficoltà si può rintracciare nella creazione dei Tribunale per i Minorenni (decreto del 20 aprile 1934 e successive modifiche) e con l’istituzione degli Ufficio di Servizio Sociale per i Minorenni (legge 888/56 con successive modifiche del 16 luglio 1962). Il sistema delle misure alternative al carcere, nato con la riforma del sistema penitenziario e l’istituzione di misure comunitarie in alternativa alla reclusione, è disciplinato dalla legge n.354 del 26 luglio 1975.
Il Decreto 2014 del Presidente del Consiglio dei ministri, “Regolamento sull’organizzazione del Ministero della Giustizia e riduzione delle direzioni generali e del personale”, ha istituito il Dipartimento di Giustizia Minorile e di Comunità. Attualmente nel sistema italiano gli Uffici di Servizio Sociale per i Minorenni della Giustizia Minorile prendono in carico i minori che hanno commesso un reato dall’età di 14 anni compiuti fino ai 18 anni (il trattamento viene esteso fino al compimento dei 25 anni di età) mentre gli Uffici Esecuzione Penale Esterna (UEPE) prendono in carico gli adulti che hanno commesso reati.
Entrambi questi Servizi, nel rispetto di quanto previsto dalla Regola 1, mirano strategicamente a ridurre il rischio della recidiva attraverso interventi professionali volti a realizzare progetti personalizzati che li sostengano nei processi di reintegrazione sociale. Il sistema di messa alla prova in Italia ha infatti lo scopo di scoraggiare la ripetizione dei reati, attraverso interventi professionali orientati ad una responsabilizzazione della persona sottoposta al progetto stesso. L’obiettivo dell’intervento degli Uffici di Servizio Sociale della Giustizia Minorile attraverso l’istituto della “Messa alla Prova” (art. 28 D.P.R. 448/88) è educativo e socializzante.
Gli interventi attivati mirano a sostenere i ragazzi coinvolti nei procedimenti penali in percorsi di consapevolezza e responsabilizzazione, lavorando allo stesso tempo su interventi di prevenzione della recidiva. Nella stessa direzione l’Ufficio di Servizio Sociale per gli Adulti mira a scoraggiare la ripetizione dei reati, attraverso percorsi di responsabilità basati su un dialogo e la fiducia con l’autore del reato, riducendo così il rischio di recidiva e preparando i trasgressori al reinserimento sociale dal punto di vista relazionale, sociale e lavorativo.
Gli uffici sono pienamente consapevoli dell’importanza della riabilitazione dell’autore del reato, della sua responsabilità e della consapevolezza circa le conseguenze delle proprie azioni e del danno causato alla vittima del crimine. In linea con quanto previsto dall’articolo 97, negli ultimi anni gli Uffici si sono particolarmente occupati degli interventi di giustizia riparativa, con un crescente coinvolgimento dell’autore del reato, della vittima e, soprattutto, della comunità.
Nel sistema italiano a fronte del D.L. 121/18 (disciplina dell’esecuzione delle pene nei confronti dei condannati minorenni) sia il “networking” che “la comunità” hanno un ruolo strategico nel prendere in carico l’autore del reato, perché le esigenze del reo richiedono l’azione congiunta di diverse agenzie, organizzazioni e interventi multidisciplinari. Tale approccio è tradizionalmente presente e radicato in Italia, in linea con i principi fondamentali delle norme europee per promuovere l’inclusione sociale dei trasgressori.
Importanti iniziative sono state realizzate, a livello nazionale e locale, con l’obiettivo principale di rafforzare l’impegno del terzo settore nei percorsi di messa alla prova. L’Amministrazione della Giustizia, al fine di incoraggiare e potenziare interventi nelle comunità e sul territorio, ha recentemente diffuso indicazioni verso la formalizzazione di accordi con le realtà del terzo settore volta a valorizzare e qualificare ulteriormente la presenza di impegni socialmente utili. La cooperazione tra le organizzazioni del terzo settore e gli Uffici di Servizio Sociale (adulti e minori) ha evidenziato quanto la comunità nella presa in carico delle persone sottoposte alla messa alla prova, sia di fondamentale importanza poiché ristabilisce legami e contatti utili al percorso di rinserimento sociale.
Ma quando si parla di comunità non si può prescindere dalla famiglia. Il livello di aggregazione o non aggregazione del nucleo familiare gioca un ruolo di primaria importanza. Un padre autorevole, inoltre, crea spesso la differenza tra situazioni che riescono a definirsi con chiarezza e situazioni che invece rimangono confuse e incerte negli accordi applicativi. La figura del padre rappresenta inoltre un modello di “etica applicata” che influenza notevolmente il minore. Ad esempio è evidente come un padre violento verso la consorte possa creare dei problemi di sottovalutazione degli atteggiamenti violenti verso l’altro sesso o al contrario creare un conflitto interno alla famiglia che ostacolerà la collaborazione del minore verso quelle figure istituzionali preposte a rappresentare il principio di autorità.
Metodologia, impegni e obiettivi nella “Messa alla Prova”
Durante l’indagine sociale svolta nei confronti di una persona in libertà che è in attesa di giudizio, viene valutata l’opportunità di accedere al beneficio della sospensione del processo e relativa “Messa alla Prova”. La relazione socio ambientale effettuata dal Servizio Sociale e richiesta dalla Magistratura offre un quadro delle risorse personali, sociali, familiari dell’imputato e, se positiva, permetterà allo stesso di accedere al suddetto beneficio.
Gli assistenti sociali, per valutare i livelli di rischio e le necessità dell’autore del reato, oltre alla conoscenza diretta della persona possono attingere a una gamma diversificata di fonti, quali i casellari giudiziari, le relazioni e i documenti elaborati dagli altri enti pubblici e privati della comunità, che conoscono o che hanno precedentemente preso in carico l’autore del reato. Gli operatori degli Ufficio di Servizio Sociale possono inoltre avvalersi degli psicologi della sanità penitenziari per aiutare gli autori del reato a identificare e riconoscere le proprie difficoltà, per valutare attentamente le risorse personali e ambientali e condividere gli obiettivi da perseguire. Il percorso svolto dal beneficiario della “Messa alla Prova” viene regolarmente monitorato per interventi di verifica, sostegno ed eventuale modifica tenuto conto della necessità di personalizzazione costante dell’intervento.
Gli assistenti sociali, per effettuare valutazioni periodiche, tengono conto dei cambiamenti che si verificano nel corso della vita dell’autore del reato, in quanto potrebbero influenzare l’esito finale della misura. Cambiamenti come ad esempio perdita di lavoro, ma anche ricominciare a fare uso di droghe o alcol, fuoriuscire da percorsi avviati in comunità terapeutiche e conflitti familiari, possono aumentare significativamente il livello di rischio per il buon esito del percorso.
Al termine della valutazione, gli assistenti sociali, dopo aver trattato principalmente con l’autore del reato e dopo aver cercato la sua cooperazione, decidono come procedere e affrontare le questioni problematiche individuate. Gli obiettivi, sempre concordati durante la fase di indagine dagli assistenti sociali insieme all’autore del reato, sono chiari, specifici e principalmente praticabili. L’autore, inoltre, esprime liberamente il suo consenso prima di essere sottoposto al beneficio della messa alla prova.
Il programma del trattamento su misura può essere rimodellato e modificato alla luce dei dati e delle informazioni derivanti dalle valutazioni periodiche di necessità e livello di rischio, ed è strutturato e pianificato dall’Ufficio di Servizio Sociale (minori/adulti) insieme all’autore di reato, e deve tendere alla sua responsabilità, riabilitazione e prevenzione della recidiva.
Gli interventi che possono essere attivati durante un percorso di “Messa alla Prova” tendono a lavorare sul reinserimento sociale, sull’attivazione di un sostegno psicologico e/o intervento terapeutico, inserimento lavorativo e/o di formazione professionale, spesso svolti in collaborazione con agenzie pubbliche, private e del terzo settore. Un progetto di messa alla prova per essere valido deve necessariamente comprendere anche un impegno socialmente utile nel quale l’autore del reato offra il suo tempo nello svolgimento di una attività nella quale anche simbolicamente si riscatta del danno commesso. Su tale impegno c’è un grande lavoro di riflessione e connessione circa la responsabilità e la possibilità di compiere azioni dalla valenza riparativa del danno arrecato. Esistono inoltre vari progetti promossi dai servizi sociali della Giustizia che trattano tematiche di giustizia riparative e che spesso vedono l’autore di reato inserito in un gruppo così da permettere il confronto con chi vive la sua stessa situazione e difficoltà.
Abilità, competenze e qualifiche degli operatori dei Servizi Sociali della Giustizia (minori/adulti)
All’interno degli Uffici di Servizio Sociale della Giustizia (Minori/Adulti) la figura professionale principale è quella dell’Assistente Sociale che, per la realizzazione degli interventi, si avvale della collaborazione di vari professionisti (psicologi, educatori, pedagogisti, criminologi, mediatori culturali/sociali etc.). Gli operatori del servizio devono avere diverse abilità e competenze come capacità comunicative, empatia, capacità relazionali, modellamento prosociale e un approccio di mentalità aperta. Per quanto riguarda la formazione degli operatori, in questo periodo hanno potuto partecipare ai cosiddetti “gruppi di sensibilità”, allo scopo di aumentare la consapevolezza individuale di sé e degli altri, esprimere sé stessi e sperimentare nuovi modi di essere nel trattare con gli altri, e sviluppare specifiche capacità comportamentali. Questo metodo prevede anche una valutazione dell’apprendimento attraverso questionari pre e post-formazione, valutazione dell’apprendimento comportamentale attraverso specifiche schede auto-riempite durante la formazione del gruppo di sensibilità e, infine, valutazione dell’apprendimento delle applicazioni attraverso interviste e questionari.
Alcuni Progetti attualmente attivi presso l’USSM di Roma
A Scuola per Mare: si tratta di un progetto che, partendo dall’esperienza della navigazione in barca a vela, propone a ragazzi/e a rischio di dispersione scolastica di riprendere in una forma diversa il rapporto con la formazione utilizzando modelli didattici out-door.
Legalità e Merito: Il progetto nasce da un Protocollo d’Intesa tra il Ministero della Giustizia e l’Università LUISS di Roma. Esso prevede incontri tra giovani studenti della LUISS (principalmente facoltà di Giurisprudenza, ma anche Economia e Commercio e Scienze Politiche) e ragazzi presi in carico dalla Giustizia Minorile nei quali si cerca di trattare tematiche relative alla Legalità così da produrre un Elaborato Finale che verrà premiato in una importante cerimonia nel mese di giugno. L’elaborato, che è il frutto della creatività dei giovani coinvolti, verrà valutato (e qui il concetto del Merito) e potrà vincere importanti premi (corsi presso la Summer School della LUISS – di cinema, sceneggiatura e scrittura/borse lavoro).
Educare alle Relazioni: Questo progetto di gruppo permette ai partecipanti di trattare gli aspetti emotivi connessi all’evento reato sia individuali che della persona offesa; pertanto, rientra nei progetti con valenza di Giustizia Riparativa.
Ipotesi per migliorare gli interventi e le prese in carico:
– Includere nella legislazione programmi ad hoc volti alla protezione dei minori in conflitto con la legge e il ricorso ad accordi bilaterali e multipli con le autorità locali competenti;
– rafforzare le misure di prevenzione; rafforzare il coordinamento e la cooperazione tra i principali attori e la coerenza a livello politico sia a livello nazionale che europeo;
– rafforzare i fattori di protezione;
– creare corsi di formazione ad hoc per gli operatori e gli altri soggetti che operano nel settore;
– promuovere percorsi educativi e formativi ad hoc rivolti a questi giovani per una reale inclusione sociale nel mondo del lavoro;
– promuovere il coinvolgimento diretto della società civile favorendo lo scambio tra il network familiare e le varie istituzioni del terzo settore cui ci si rivolge
Conclusioni
L’esperienza della “Messa alla Prova”, iniziata oltre 30 anni fa all’interno del sistema penale minorile ed in tempi più recenti ampliata anche al mondo degli adulti, offre un valido strumento di intervento in ambito penale.
La sospensione del giudizio e l’opportunità, per l’imputato, di attivarsi in termini trasformativi e responsabilizzanti, richiama la persona ad un diverso e più partecipato coinvolgimento nel proprio percorso di trattamento e reinserimento sociale. La persona pertanto non rimane “oggetto” delle decisioni della giustizia, dell’intervento disposto nei suoi confronti, ma è chiamato ad essere “soggetto” attivo e partecipe del procedimento giudiziario. Ciò si realizza nella condivisione, nel corso della valutazione della fattibilità del progetto di “Messa alla Prova”, sia delle attività da svolgere che degli obiettivi da perseguire.
In questo contesto il paradigma della giustizia riparativa consente di avere maggiormente presente per l’intero sistema, e quindi anche all’autore del reato, la persona offesa dalla condotta illecita e le conseguenze delle sue azioni su quest’ultima e/o sulla collettività. Pertanto, l’impianto progettuale adottato per la realizzazione dei progetti di messa alla prova coinvolge sempre di più non solo le istituzioni e i servizi della giustizia ma anche la persona e la rete dei servizi del territorio, la società civile in un’ottica di intervento di comunità in cui ognuno è chiamato ad essere parte attiva per la costruzione di nuove dinamiche sociali.
- Professore di Psicologia delle organizzazioni della comunicazione presso l’Università della Tuscia. Psicoterapeuta psicoanalitico.
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