di Silvana Bisogni *
E’ ancora vivo, nell’opinione pubblica italiana, lo sgomento per l’omicidio di Saman Abbas, diciottenne di origini pakistane, uccisa nel 2021 da membri della famiglia perché aveva rifiutato di tornare in patria e sposare un cugino, secondo il volere dei genitori e dei fratelli. Questo evento ha risvegliato, nell’opinione pubblica italiana, un ulteriore motivo di contrapposizione culturale verso gli immigrati, i loro usi e costumi, le tradizioni, le appartenenze religiose, tutti ritenuti, pur con le dovute differenze, responsabili di episodi di violenza e di discriminazioni in particolare verso le donne, di cui il matrimonio forzato rappresenta uno degli aspetti più gravi.
Quella dei matrimoni combinati e forzati è una pratica tristemente nota e, purtroppo, ancora diffusa. I matrimoni combinati sono tuttora presenti in Africa (Madagascar, Mauritania, Niger, Sudafrica, Malawi), in alcuni Paesi asiatici (Pakistan, Afghanistan, Nepal, Iran). Secondo Save the Children, ogni anno nel mondo 12 milioni di bambine e di ragazze che non raggiungono i 18 anni di età vengono date in sposa. In Mozambico, Repubblica Centro Africana, Niger, Sud Sudan e in Bangladesh, più del 40% delle ragazze tra i 15 e i 19 anni sono sposate. In Chad, Mali, Guinea, Burkina Faso e Madagascar sono il 30-40% delle ragazze 15-19 anni. Milioni di ragazze nel mondo, a causa dei matrimoni forzati, devono affrontare gravidanze precoci e per le ragazze tra i 15 e i 19 anni di età il parto è la principale causa di morte. Inoltre, non possono andare a scuola perché obbligate a sposarsi in tenera età.
E’ bene premettere che c’è una differenza tra matrimoni combinati e matrimoni forzati.
Nel matrimonio combinato in genere sono le famiglie a stipulare veri e propri accordi affinché le figlie, giunte a una certa età, vadano in spose al prescelto, ma prevale sempre e comunque la volontà dei candidati “sposi”. Giuridicamente nel matrimonio combinato, i genitori guidano i figli nella scelta del partner, solitamente per ragioni economiche o di potere. Ma la decisione finale resta degli sposi. Talvolta vi si ricorre con scopo risolutore, come accadeva soprattutto in passato in caso di gravidanza indesiderata, oppure per permettere a persone immigrate di regolarizzarsi con i documenti.
Il matrimonio forzato è caratterizzato da un vizio sostanziale, poiché basato sulla mancanza del consenso di uno o di entrambi i partner, che non è “libero e pieno”, ma estorto spesso con violenze, maltrattamenti, lesioni e segregazioni Si tratta di una violazione dei diritti umani connessa a culture patriarcali e a prassi sociali che in alcuni contesti vedono prevalere le scelte familiari su quelle individuali, in netto contrasto con l’art.16 della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, approvata e proclamata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 10 dicembre 1948 che recita:
- Uomini e donne in età adatta hanno il diritto di sposarsi e di fondare una famiglia, senza alcuna limitazione di razza, cittadinanza o Essi hanno eguali diritti riguardo al matrimonio, durante il matrimonio e all’atto del suo scioglimento.
- Il matrimonio potrà essere concluso soltanto con il libero e pieno consenso dei futuri coniugi….”.
Con la Convenzione sui diritti dell’infanzia si è fissata in 18 anni l’età minima per il consenso al matrimonio.
Tanto più grave quindi è la situazione delle bambine costrette a matrimoni precoci, vale a dire quando sono nella minore età e non sono in grado di esprimere compiutamente e consapevolmente il proprio consenso, non solo per le importanti responsabilità che si assume con quell’atto, ma anche per il fatto che la loro età impedisce il raggiungimento della piena maturità e capacità di agire. L’articolo 16 della Convenzione per l’eliminazione di tutte le forme di discriminazioni contro le donne (CEDAW) stabilisce che “i fidanzamenti ed i matrimoni di bambini sono privi di effetto giuridico e sono presi tutti i provvedimenti necessari, comprese disposizioni legislative, per specificare un’età minima per il matrimonio e per rendere obbligatoria la registrazione dei matrimoni in un registro ufficiale”.
Il matrimonio precoce è un fenomeno che attraversa trasversalmente Paesi, culture, religioni ed etnie. Povertà, insicurezza e accesso limitato a un’istruzione di qualità ed a valide opportunità di lavoro fanno sì che questo venga, tuttora, percepito dalle famiglie come una scelta vantaggiosa per le ragazze o come un modo per i genitori di mitigare le difficoltà economiche.
L’analisi The Global Girlhood Report 2021: i diritti in crisi di bambine e ragazze, presentata da Save The Children nell’ottobre 2021, ha posto ancora una volta all’attenzione l’emergenza legata ai matrimoni precoci e alla conseguenze che ne derivano: si stima che ogni anno più di 22.000 bambine e ragazze muoiano per le conseguenze legate a gravidanze ed a parti conseguenti a matrimoni precoci, il cui tasso più elevato si registra in Africa centrale e occidentale. Seguono l’Asia meridionale, l’Asia orientale e del Pacifico ed infine l’America Latina.
L’UNFPA (United Nations Population Fund – il Fondo delle Nazioni Unite per la popolazione), stima in circa 650 milioni il numero di ragazze e donne attualmente in vita che sono state vittime di matrimoni precoci, nella maggioranza dei casi matrimoni combinati dalle famiglie, di cui circa la metà in Bangladesh, Brasile, Etiopia, India e Nigeria; inoltre viene stimato che, entro il 2030, altre 150 milioni di minorenni saranno costrette a subire un’analoga sorte (State of world population 2020: Against my will defiyng the practices that harm women and girls and undermine equality).
Il problema dei matrimoni combinati si sta sviluppando anche in Europa, in particolare all’interno di comunità di origini straniere stanziatesi in Germania e nel Regno Unito. In Germania, ad esempio, il Ministero federale per le famiglie, anziani, donne e giovani nel 2011 ha rilevato che 3000 persone, il 30% delle quali minorenni, erano stati coinvolte in unioni combinate, numeri che nel 2016 si sono stabiliti a 1457 minori, con 1100 ragazze, 664 originari dalla Siria, 157 afghani e 100 iracheni.
Anche nel Regno Unito i matrimoni combinati sono tuttora esistenti nella comunità pakistana, tanto che nel 2007 è stato emanato il Forced Marriage (Civil Protection) Act , che prevede la possibilità, per le vittime di matrimonio forzato, di chiedere la tutela del tribunale. In Italia il fenomeno è sommerso
Nei Paesi europei si assiste anche a matrimoni combinati che sono in realtà un escamotage per far prendere il permesso di soggiorno a uno dei due sposi, grazie proprio all’unione con un cittadino residente nello Stato di cui si vuole prendere la cittadinanza. Si tratta di meccanismi illegali, in cui le eventuali imputazioni d’accusa possono riguardare il favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, o l’associazione a delinquere nel caso in cui ci sia una vera e propria rete dietro l’organizzazione di queste unioni
Matrimoni combinati in Italia
Tuttavia i matrimoni combinati non rappresentano una tradizione esclusiva di altre popolazioni. Ci si dimentica che i matrimoni combinati sono stati una prerogativa familiare anche italiana, fino a non molti decenni fa, quando erano le famiglie a stabilire con chi i propri figli dovessero convolare a nozze, in prevalenza nelle regioni meridionali, ma non solo. Ed è stato un fenomeno che ha coinvolto non solo le famiglie reali e nobiliari, ma anche molte famiglie “normali”, che imponevano questi matrimoni per motivi diversi: la propria cultura e la propria religione, la cultura del patriarcato, per stringere legami tra due famiglie prestigiose e per aumentarne la ricchezza. La situazione è radicalmente cambiata negli anni ’70, quando una nuova legislazione è intervenuta per bloccare queste prassi.
Le radici del matrimonio combinato affondano intempi antichi; già nella mitologia greca e romana. Nel Medioevo il matrimonio era a tutti gli effetti un contratto, stipulato tra famiglie, in cui le spose avevano al massimo 15 anni (dopo quell’età si veniva infatti considerate “zitelle“) e solo con il Concilio di Trento del 1563 si assunse anche la validità ufficiale religiosa dello stesso solo nel caso in cui esso fosse suggellato in chiesa alla presenza di un prete e due testimoni.
Dare in sposa a un uomo abbiente una figlia, indipendentemente dalle volontà di quest’ultima, garantiva spesso non solo una rendita economica importante, ma soprattutto un alleggerimento sul bilancio familiare, considerando anche il fatto che, tradizionalmente, le donne non rientravano nellaforza lavoro. Il matrimonio combinato era inoltre uno strumento percontrollare la sessualità delle figlie, tanto che, anche in Italia, fino al 1981 è esistito il matrimonio riparatore, per cui le donne erano costrette a sposare i propri stupratori in caso di violenza sessuale. evitando relazioni reputate dannose e favorendo unicamente quelle approvate dai familiari secondo norme culturali o religiose.
In Italia, nei primi del ‘900 si sviluppò la particolare forma matrimoniale per procura, che coinvolse soprattutto le ragazze del Sud del Paese e gli uomini che emigravano all’estero in cerca di fortuna. Era abitudine frequente che le famiglie rimaste in Italia, i genitori soprattutto, cercassero una ragazza del posto che potesse creare una famiglia. Peraltro le famiglie delle ragazze vedevano un matrimonio per procura come una ghiotta opportunità per dare le figlie in sposa a buoni partiti, con ottimi lavoro all’estero, che le avrebbero portate lontane dalla miseria e dalle ristrettezze cui invece sarebbero rimaste destinate se fossero restate in Italia.
La situazione attuale
Nella situazione attuale, in Italia i matrimoni combinati e/o forzati riguardano giovani donne immigrate.
Nonostante l’introduzione della Legge 69/2019, Il problema in Italia, seppure di dimensioni limitate, è destinato ad aumentare soprattutto con le giovani immigrate di seconda generazione che non accettano più le imposizioni familiari, ma che sono costrette a subire violenze fisiche e psicologiche, segregazioni, stupri, scompensi psichici e della salute, sequestri e rimpatrio forzato nei Paesi d’origine. Il fenomeno italiano è stato studiato e approfondito con la ricerca, intitolata “Per forza, non per amore”, condotta in Emilia Romagna dal Dipartimento di Studi Sociali della Facoltà di Scienze Politiche dell’Università̀ degli Studi di Milano.
Molto importante è la pubblicazione Costrizione o induzione al matrimonio, edita nel 2022 dal Ministero dell’Interno, Dipartimento della Pubblica Sicurezza, Servizio Analisi Criminale, che inquadra il fenomeno sotto i punti di vista culturali, legislativi, sociali. Analizza i dati a disposizione dal 2019 al 2021. Il rapporto parte dalla valutazione del cosiddetto “Codice Rosso” (L. n. 69/2019), che contempla il reato di costrizione o induzione al matrimonio. “La nuova fattispecie, prevista all’art. 558 bis c.p., punisce con la reclusione da uno a cinque anni chiunque, con violenza o minaccia, costringe una persona a contrarre matrimonio o unione civile, e, approfittando delle condizioni di vulnerabilità o di inferiorità psichica o di necessità di una persona, con abuso delle relazioni familiari, domestiche, lavorative o dell’autorità derivante dall’affidamento della persona per ragioni di cura, istruzione o educazione, vigilanza o custodia, la induce a contrarre matrimonio o unione civile. Data la possibile dimensione ultranazionale del fenomeno, il reato è punito anche quando è commesso all’estero da cittadino italiano o da straniero residente in Italia ovvero in danno di cittadino italiano o di straniero residente in Italia, e la pena è aumentata se i fatti sono commessi in danno di un minore di anni diciotto, con un ulteriore inasprimento se i fatti sono commessi in danno di un minore di anni quattordici.”
L’esiguità dei numeri (35 casi) non deve trarre in inganno: si tratta di un fenomeno che sfugge ad una rilevazione più approfondita, ma è certo che rappresenta la punta dell’iceberg di un fenomeno sommerso. Tuttavia alcuni dati possono essere raccolti e commentati.
- Distribuzione geografica in Italia. I casi sono stati segnalati soprattutto nelle regioni settentrionali, per le aree del Centro-sud in Sicilia;
- Le vittime di matrimoni forzati/combinati sono per un terzo minorenni (il 6% è infraquattordicenne, mentre il 27% ha un’età compresa tra i 14 ed i 17 anni). Tra le vittime maggiorenni, la percentuale nettamente preponderante (43%) è quella riferita alla fascia d’età compresa tra i 18 ed i 24
- In base alla cittadinanza di origine le vittime straniere sono pakistane (57%) e albanesi (10%); India, Bangladesh, Sri Lanka, Croazia, Polonia, Romania e Nigeria con una unità rappresentano ciascuna circa il 5%.
- I presunti autori più numerosi risultano i pakistani 38%, gli albanesi 10%, i bangladesi 4% e bosniaci 4%,
- I presunti autori del reato di matrimonio imposto sono per il 71% di sesso maschile. La maggior parte dei presunti autori (uomini e donne) ha un’età compresa tra 35 e 44 anni (42%), per il 23% età tra 45 e 54 anni e, con il 13%, quelli tra 25 e 34
Dopo il caso di Saman, sono stati promossi diversi progetti per l’emersione del drammatico problema, tra cui va menzionato quello presentato dall’Associazione ActionAid e l’Associazione Trama di Terre, con il sostegno della Fondazione Vodafone Italia. Gli obiettivi sono la creazione di un network nazionale e internazionale tra operatori e organizzazioni attraverso training formativi rivolti ad operatori pubblici e privati del territorio (mediatrici, operatori sociali e sanitari, educatrici di comunità, insegnanti, corpo di polizia e polizia municipale, magistrati ed avvocati, referenti politici, operatrici casa delle donne), in grado di creare una convergenza programmatoria di sistema che consenta un’azione di prevenzione.
Ma c’è un altro aspetto della questione che deve essere affrontato. Nei Paesi di arrivo delle masse di migranti si pone il problema dell’emanazione di legislazioni ad hoc che tengano conto anche della realtà della società multietnica attraverso adeguamenti nell’ambito dell’attività giudiziaria. Molte comunità di immigrati tendono a conservare le istituzioni, le gerarchie della comunità d’origine, cercando di riprodurle in terra straniera e continuando a seguire gli usi e le norme della società di provenienza, creando talora situazioni di conflitto e comportamenti illeciti. Si possono verificare anche casi di rilevanza penale negli ordinamenti degli Stati europei e occidentali. Di qui l’esigenza di un ulteriore intervento politico, dopo l’approvazione e l’applicazione della legge 69 del 2019, a fronte di un prevedibile aumento di casi di matrimoni forzati e precoci tra le ragazze immigrate ora residenti in Italia.
* Sociologa dell’Educazione. I.S.P. Roma